Peppucci (Eurocamera): “L’Europa non dimentichi i fragili né la sua fede”

La più giovane europarlamentare in carica, racconta a Interris.it l'attenzione dell'Europa ai giovani e alle disabilità: "La loro tutela sia il nostro punto di forza"

Francesca Peppucci
Foto © Ufficio stampa

Un impegno politico non si basa sulla volontà di trarre vantaggio dalla propria posizione ma sul presupposto fondante che sia il prossimo a beneficiare delle nostre azioni. Senza voli pindarici né utopie ma portando avanti progetti concreti e basati su una formazione corretta. Una ricetta all’apparenza semplice ma che, se declinata ai macro-temi di oggi (come di ieri), può incontrare difficoltà apparentemente insormontabili. Apparentemente però. Perché se l’obiettivo fosse quello di dare un’opportunità al futuro, le sfide diventerebbero stimolanti e gli ostacoli solo tappe del percorso.

Con questo spirito, Francesca Peppucci è diventata onorevole. Dal Consiglio regionale della sua terra, l’Umbria, fino all’Eurocamera, sempre in uno spirito propositivo. Con la volontà primaria di garantire il rispetto della dignità umana a chiunque, a prescindere dalla propria condizione fisica o economica, tanto sul piano normativo quanto su quello culturale. Come ha raccontato a Interris.it, “non si può più ragionare in un’ottica che non preveda il rispetto della dignità della persona”.

Francesca Peppucci
Foto © Ufficio stampa

Onorevole Peppucci, in un momento storico in cui l’istanza giovanile è più legata alle piazze c’è anche chi, come lei, ha scelto di impegnarsi a livello istituzionale. Da dove nasce il suo desiderio di essere protagonista attivo in Europa?

“Non mi sono posta degli obiettivi a livello di carriera politica. La prima ispirazione è stata quella di conoscere le realtà e le problematiche e provare a mettermi a servizio. C’è stata la fiducia da parte dei cittadini, che mi hanno dato la possibilità di mettermi in gioco e provare a fare qualcosa di buono. Una possibilità nata in Consiglio comunale, cresciuta con quello regionale e poi con il Parlamento europeo. Questa rappresenta una grandissima opportunità di crescita personale, che ho sempre però interpretato come un’occasione di concederne una al territorio e quindi anche ai giovani. Territorio che, spesso, vede l’istituzione europea troppo lontana quando, in realtà, le decisioni che vi vengono prese hanno ricadute dirette sulla vita dei cittadini. Accorciare quindi queste distanze creando dei presupposti per rispondere alle esigenze della cittadinanza. Ma anche promuovere, attraverso iniziative, la conoscenza. Far arrivare nella più grande Assise comunitaria le nostre eccellenze. Così da creare ponti e colmare queste distanze”.

Ha citato una parola importante, “servizio”. Lo ha ricordato recentemente Papa Francesco nell’omelia del Giovedì Santo: c’è bisogno di prossimità all’altro e la politica, teoricamente, dovrebbe far tesoro di questo mandato, specie se il target fosse quello dei giovani…

“In questo c’è la componente reale, che dovrebbe essere ricordata da chi ha un ruolo istituzionale. Noi usciamo dall’Anno europeo delle competenze e questo credo sia un passo rilevante, più volte discussioni Parlamento europeo. Così come è stato discusso il tema dei tirocini, importanti perché permettono ai giovani di avvicinarsi al mondo del lavoro. Di giovani, quindi, se ne parla. E loro devono essere attenti a queste tematiche”.

In che modo?

“Ho organizzato io stessa delle missioni mirate per permettere a dei giovani di venire in Parlamento europeo e permettere loro di conoscere il panorama europeo. E, soprattutto, quanto questo possa occuparsi dei giovani. Dobbiamo garantire le stesse opportunità, gli stessi punti di partenza in tutta l’area europea. Solo così riusciremo ad arrivare a quegli obiettivi di libertà e omogeneità di cui tanto abbiamo bisogno. E che sono poi i principi sui quali si basa l’Unione europea”.

Con l’uscita del Regno Unito c’è stata una frenata, soprattutto nei progetti di studio. Il momento incerto è stato superato?

“La Brexit ha richiesto un riassestamento di tutta la macchina dell’Unione europea. Chiaramente ci sono state delle iniziali difficoltà, che in parte si sta cercando ancora oggi di superare, proprio per permettere ai giovani di poter esprimersi, poter vivere in modo totalmente libero l’Europa e beneficiare delle opportunità che ci sono”.

Questione che rimanda al tema dell’accessibilità. Quella ordinaria e quella digitale, specie per i disabili. Del resto, purtroppo, le barriere architettoniche non sono solo quelle fisiche. Tema che lei ha affrontato personalmente in Consiglio regionale…

“Questo è il tema dei temi. Il 9 aprile, sono intervenuta in apertura del Forum europeo per la Disabilità. E ho parlato di tematiche legate alle elezioni, notando che in molti Paesi, Italia inclusa, una persona con disabilità ha moltissime difficoltà nell’esercitare appieno il proprio diritto di voto. Anche su questo si è basata la mia attività in Consiglio regionale – che si è trasferita poi all’Europarlamento – per garantire la possibilità di esprimere i propri diritti in maniera libera. Perché una persona con disabilità non può esprimere i propri diritti? Bisogna riparametrare i punti di partenza in base alle difficoltà specifiche delle persone. Con il Covid abbiamo visto quanto siano emerse queste criticità. Anche da qui è nata la mia idea di proporre un garante regionale dei diritti della persona con disabilità. Perché occorre ripartire da una cultura generale sul mondo della disabilità”.

E ora il garante opera?

“La figura c’è nella nostra Regione e sta operando anche molto bene. Però, quando parlo di cultura, intendo dire che è necessario fare ancora molti passi in avanti. Paradossalmente, questa proposta non è passata all’unanimità. Questo ci fa capire quanto ancora c’è da fare in questo ambito e quanto ancora bisogna lavorare per superare dei pregiudizi. Se pensiamo che ancora esiste la sterilizzazione forzata delle donne con disabilità, è chiaro che ci sia qualcosa che non funziona. Ma dobbiamo mantenere alta l’attenzione affinché non si parli più di diritti di persone con disabilità o senza ma di diritti in generale”.

Sperando che arrivi un aiuto dalla sinergia tra Paesi, almeno su questi temi…

“Paradossalmente, in alcuni Paesi membri c’è ancora tanto da lavorare. Posso portare un esempio?”.

Certo…

“Ho accolto un gruppo di persone con disabilità in Parlamento europeo. In quell’occasione, ho voluto organizzare una cena. A Bruxelles, luogo in cui vive la democrazia europea, le stanze d’albergo per le persone con disabilità costavano molto di più e, per quanto ci abbia provato, non sono riuscita a trovare un ristorante accessibile rispetto ai loro bisogni. Non possiamo ragionare in un’ottica che non preveda l’inclusione della persona o che la costringa a scegliere se andare o non andare. Piuttosto, dobbiamo farlo nel quadro del rispetto della dignità di tutti”.

La sensazione è che ogni iniziativa in tal senso sia di natura episodica piuttosto che inserita in un progetto strutturato…

“È vero, anche se l’Italia ha fatto dei passi importanti rispetto ad altri Paesi europei. Questo non significa fermarsi qui. Anzi, dev’essere uno stimolo a continuare su questa strada affinché, da qui a un prossimo futuro, queste forme di tutela delle persone più fragile siano il nostro punto di forza in una società ben più ampia, anche da un punto di vista economico”.

Tornando ai giovani, è vero che la percezione di un’istituzione lontana è presente ma lo sono anche le istanze su temi di rilevanza internazionale. Come percepisce, l’Europa, questa spinta giovanile?

“È un aspetto molo sentito, come lo sono le necessità dei giovani. Sia quelle relative all’ambiente che ai conflitti internazionali. Temi sui quali, fortunatamente, è crescente l’interesse dei giovani. Anche se ritengo che, spesso, le informazioni che passano siano quelle che arrivano dai social, non troppo attendibili, che non danno un quadro veritiero sulla realtà. Avvicinare l’istituzione europea ai giovani significa poter garantire loro di avere un’idea chiara delle proposte e degli atti messi in campo. Anche per poter esprimere un giudizio più concreto”.

L’approccio all’informazione c’è, anche se nell’ottica ‘frenetica’ dei tempi odierni. Questo potrebbe generare il rischio di giovani ‘autoformati’ senza le giuste basi e, al contempo, rimarcare la distanza con l’istituzione?

“C’è sicuramente la necessità di fare chiarezza. Sul tema degli agricoltori, ad esempio, i giovani si dicono attenti e vicini ma le problematiche relative a queste proteste, arrivano anche da provvedimenti ambientali che sono spesso contrari alle istanze dei ragazzi. Bisogna quindi dare consapevolezza di ciò che ci circonda: riconoscere il problema e capire come affrontarlo. Non si può stravolgere il mondo domattina ma possiamo mettere in campo azioni coordinate tra loro che ci permettano di raggiungere determinati obiettivi. E i giovani, in questo, devono essere protagonisti e fare la loro parte”.

Ricordando che l’attendibilità delle fonti è fondamentale. Lo scroll dei dispositivi mobili, in questo, non è un buon alleato…

“Assolutamente, perché purtroppo arrivano dai social delle informazioni che sono poco attendibili. Dall’Europea, però, arrivano molti buoni provvedimenti, spesso anche a tutela del nostro Made in Italy. E, anche in questo, l’informazione è fondamentale. Proprio perché tali processi decisionali sono quelli che incidono di più sulla vita di tutti noi. Basti pensare che, quasi il 70% dei provvedimenti adottati in Parlamento nazionale, arrivano da direttive e regolamenti della Commissione europea”.

A proposito di informazione, proprio l’Europa ha preso in mano il tema dell’Intelligenza artificiale. Altra variabile da tenere in considerazione…

“Il Parlamento europeo ha approvato la prima normativa al mondo sull’Intelligenza artificiale. Un altro tema che interessa i giovani e che deve interessare tutti noi in modo intelligente. L’I.A. è una grande opportunità per le nostre imprese, per le amministrazioni pubbliche. Dobbiamo però maneggiarla con assoluta prudenza, perché in gioco c’è la libertà e la democrazia delle persone. Dev’essere regolamentata, perché queste forme di tecnologia avranno un’evoluzione. E, parallelamente, dovrà essercene una normativa, a tutela delle persone”.

Senza dimenticare le radici cristiane dell’Europa. La fede conta ancora qualcosa?
“In questa legislatura ho fatto diversi tipi di attività e, tra queste, un’iniziativa è stata particolarmente ben accetta: al Parlamento europeo ho portato il coro di Madre Speranza, una beata spagnola vissuta nella mia città, Todi, e che ha fondato il Santuario dell’Amore Misericordioso. Il coro si è esibito portando inni religiosi che hanno ricordato i principi sui quali si fonda l’Europa. Il mondo si muove freneticamente ma non dobbiamo dimenticare né le nostre origini né le nostre fede”.

Il prossimo anno ci sarà il Giubileo. Un’apertura al mondo nuovo ma su basi secolari…

“Io sono umbra e il patrono d’Europa è san Benedetto, che con una semplice regola come ‘ora et labora‘, ha ispirato popoli e generazioni rispetto a una crescita interiore che potesse dare frutti all’esterno. Regole che abbiamo, rispettiamo e di cui siamo orgogliosi”.