“Fai, fai e d’improvviso ti dicono mi spiace, è finita”. Giovagnoli ricorda Rumi

Lo storico cattolico Giorgio Rumi, scomparso 14 anni fa, fu tra gli intellettuali più autorevoli del secondo Novecento in Italia. Il ricordo dell'amico e collega Agostino Giovagnoli

Sorpreso dalla malattia, non si è sottratto alla “cognizione” della sua malattia come di un “disastro irrimediabile”. Ma l’ ha guardata con l’ironia di sempre. “Fai, fai, e d’ improvviso ti dicono mi spiace, è finita”. Queste parole si riferivano ad altri, ma forse Giorgio Rumi, pronunziandole, pensava a sé. Quando lo storico Giorgio Rumi scomparve 14 anni fa il cattolicesimo italiano perse uno dei suoi intellettuali più significativi. Scrisse allora l’amico e collega dell’Università Cattolica, Agostino Giovagnoli sul sito della Società italiana per lo studio della storia contemporanea Sissco: “Giorgio Rumi se ne è andato in punta di piedi, con grande discrezione, con lo stile che gli era proprio”.

L’eredità intellettuale dello storico Rumi

E aggiunse il professor Giovagnoli: “Il vuoto che Giorgio Rumi lascia non è solo culturale. E’ anzitutto la sua umanità che rimpiangono acutamente i suoi allievi e molti con loro. Chi ha collaborato con lui conosce il suo rispetto per le posizioni altrui. E per approcci anche divergenti. Negli ultimi mesi, consapevole della sua grave malattia, ha dedicato molto del suo tempo (sempre più breve) e delle sue residue energie (sempre più preziose) a favore di coloro verso cui si sentiva responsabile. Non voleva che la sua morte ‘danneggiasse’ nessuno. In particolare le persone più giovani e in collocazioni precarie. Questa capacità di guardare oltre i limiti della propria esistenza. Questo voler aiutare chi sarebbe vissuto dopo di lui è espressivo di una generosità discreta. Ma radicata in motivazioni profonde. Dietro il suo riferimento continuo al mondo ‘perduto’ dell’aristocrazia. Quasi un vezzo  dietro cui si talvolta nascondeva, si mischiavano la fiducia del credente. E un senso laico delle responsabilità etiche”.Rumi

In Cattolica

Evidenzia lo storico Giovagnoli: “La sua umanità, le sue inclinazioni, i suoi orientamenti si sono intrecciate strettamente con i suoi interessi scientifici e il suo percorso di ricerca. Laureato in Università Cattolica, è stato allievo di Ettore Passerin d’Entreves, con cui condivideva origini aristocratiche e nostalgie cattolico-liberali. Con qualche dispiacere, egli ricordava che non gli era stato possibile continuare i suoi studi nell’Ateneo dove era stato studente. E tra gli studiosi cattolici di storia contemporanea si è trovato talvolta isolato. Anche nelle università dove ha insegnato, non è stato sempre apprezzato, anche se negli ultimi anni ha goduto – nell’Università di Milano – di stima, simpatia e affetto”.Rumi

Spirito conciliatore

Evidenzia il professor Giovagnoli: “E’ stato forse troppo liberale per essere amato da un certo mondo cattolico e troppo guelfo per essere accettato pienamente dai laici. E’ noto che l’aristocrazia risorgimentale, milanese e lombarda, fedele al papa e, insieme, sinceramene patriottica ha rappresentato uno dei suoi temi preferiti. Collocandola nell’ottica del lungo periodo, ha capito e interpretato, con finezza e indulgenza, la versione intransigente del cattolicesimo lombardo, attivo e laborioso, ma in questa tradizione non si riconosceva pienamente. Nel tempo, il conciliatorismo ottocentesco dei ‘suoi’ lombardi è diventato per lui una chiave anche per capire e giudicare il tempo presente. Come loro, cercava di avere un senso forte dell’istituzione ecclesiastica, raro anche tra i cattolici, e un senso alto dello Stato, non frequente neppure tra i laici. Rumi si riconosceva nella definizione di moderato, ma non era un conservatore. Come molti lo hanno accusato di essere ed altri avrebbero voluto che fosse”.