Mamma Antonia: “Vi racconto l’amore di Carlo Acutis per l’Eucaristia”

Interris.it ha intervistato la mamma del beato Carlo Acutis, Antonia Salzano. La donna, dal giorno della morte di Carlo appena 15enne, si prodiga per testimoniare l’unicità della storia e la santità quotidiana del figlio, alimentate dal suo immenso amore per Gesù Eucaristia

Carlo Acutis e l'eucaristia. Foto a destra: Foto di Josh Applegate su Unsplash. A sinistra presa da Vatican News

Il Giovedì Santo la Chiesa celebra la messa in Cena Domini in cui viene commemorata l’Ultima Cena durante la quale Gesù istituì l’Eucaristia e il ministero sacerdotale.

L’Eucaristia, la cui parola in greco significa “azione di grazie” è – secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica – il “memoriale della pasqua di Cristo, l’attualizzazione e l’offerta sacramentale del suo unico sacrificio, nella liturgia della Chiesa, che è il suo corpo”.

Una “autostrada per il Cielo”, dunque, come la definì Carlo Acutis, giovane morto il 10 ottobre 2006 a soli 15 anni per una leucemia fulminante e proclamato beato da Papa Francesco il 10 ottobre 2020 quale patrono della gioventù.

Chi era Carlo Acutis

Carlo, fin da piccolo visse infatti una fortissima fede cattolica, presente in ogni aspetto della sua vita. La sua devozione, rivolta in particolare all’Eucaristia e alla Madonna, lo portava quotidianamente a partecipare alla messa ed a recitare il santo rosario. I suoi modelli erano i santi Francisco e Jacinta Marto, san Domenico Savio, san Luigi Gonzaga e san Tarcisio.

Tra le sue grandi passioni c’era l’informatica, della quale si serviva per divulgare e testimoniare la fede attraverso la realizzazione di siti web; per questo motivo, da quando è stato beatificato, viene spesso soprannominato “l’influencer di Dio” e indicato come possibile futuro patrono di Internet.

Inoltre, ideò e organizzò una mostra sui miracoli eucaristici nel mondo, con la collaborazione dell’Istituto San Clemente I Papa e Martire. Tale mostra, ospitata nelle parrocchie che ne fanno richiesta e presente anche online, ha fatto tappa negli anni in tutti e cinque i continenti. E’ sepolto ad Assisi su sua richiesta, per il grande amore che nutriva per San Francesco.

Scrisse un giorno questa frase: “Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Non fu il suo caso. Interris.it ha intervistato la mamma del beato, Antonia Salzano, che dal giorno della sua morte si prodiga per testimoniare l’unicità e la santità quotidiana di Carlo Acutis e il suo immenso amore per Gesù Eucaristia.

L’intervista ad Antonia Salzano

Quando vi siete accorti, come genitori, dell’amore di Carlo per Gesù Eucaristia?

“Prestissimo. Sin da piccolo è stato sempre molto pio e devoto. Quando vedeva le chiese voleva sempre entrarci, lanciava i bacetti a Gesù, si metteva davanti al crocifisso e alla Madonna di sua iniziativa. Un amore che era un po’ innato. Era già di suo un bambino molto avanti rispetto alla sua età: a tre mesi disse la sua prima parola, a cinque mesi già parlava… La sua vita spirituale andava di pari passo, crescendo molto rapidamente: gli fecero fare la comunione a sette anni tanto era il suo desiderio di ricevere l’Eucaristia. In quell’occasione scrisse: ‘Voglio essere sempre unito a Gesù. Questo è il mio programma di vita’. Da allora cominciò ad andare a messa e a fare l’adorazione eucaristica tutti i giorni”.

Come si esprimeva questo amore verso Gesù eucaristia nella vita quotidiana di un bambino?

“Carlo ha corrisposto alla grazia in modo pieno anche nel quotidiano. Il Signore chiama tutti alla santità. C’è poi chi risponde e chi meno. Sicuramente Carlo aveva una chiamata molto forte, speciale perché la vita spirituale si trasfigurava in doni concreti che il Signore gli dava verso il prossimo. Questi doni erano di carità, di generosità verso il prossimo, di amore per gli altri, di gentilezza, di obbedienza, di purezza. Sicuramente anche Carlo avrà fatto la sua parte corrispondendo alla grazia di Dio. Però sono anche il segno che il Signore aveva già posto il suo sguardo su Carlo sin da quando era piccolo”.

Quali sono state le lezioni più importanti che lei, come madre, ha imparato da Carlo?

“Sono state tante. Però l’amore forte per l’eucaristia è al primo posto. Lui diceva: ‘l’Eucaristia è la mia strada per il cielo'”.

Cosa intendeva dire?

“Lui dava sempre questa spiegazione: che Gesù, come ci dice l’apostolo Giovanni, è amore e quindi, quando noi mangiamo l’Eucaristia, noi assumiamo la fonte dell’amore. E Gesù ti aiuta ad aprire il cuore sempre di più e ad aumentare la tua capacità di amare Dio e il prossimo”.

Carlo diceva anche che “i tabernacoli sono tante Gerusalemme”. Cosa intendeva dire?

“Perché dentro al tabernacolo, che lui considerava come una vera Gerusalemme, c’è la presenza viva di Gesù. E diceva inoltre che noi siamo più fortunati di coloro che vissero più di duemila anni fa accanto a lui perché queste persone potevano sì vederlo di persona, ma era sempre contornato da folle. E non era sempre così semplice andargli vicino e parlargli. Invece oggi a noi basta scendere nella chiesa più vicina e abbiamo una Gerusalemme sotto casa. Secondo Carlo, dovremmo visitare i tabernacoli nelle chiese con la stessa devozione che abbiamo quando facciamo un pellegrinaggio in Terra Santa”.

Ma lui in Terra Santa preferì non andare….

“Sì, è vero. Ricordo che una volta mio marito gli propose di fare un pellegrinaggio a Gerusalemme con dei sacerdoti suoi amici. Ma Carlo gli rispose inaspettatamente di no: ‘Non ho bisogno di andare fino a lì perché io Gerusalemme ce l’ho sotto casa…’. Tanto era l’amore per il tabernacolo. C’era anche una motivazione di natura economica”.

Quale motivazione economica?

“Carlo aveva un’attenzione speciale verso i poveri sin da piccolo. A nove anni cominciò a portare sacchi a pelo, coperte, vestiti e cibo ai senza tetto del nostro quartiere. Si era organizzato una specie di ‘Caritas domestica’ e si rendeva sempre più conto della povertà che lo circondava, del fatto di non dover sprecare perché c’era tanta gente che non aveva il necessario per vivere. Se io gli volevo comprare due paia di scarpe, ad esempio, lui mi diceva di no, che uno gli bastava perché c’era chi soffriva al freddo perché non aveva niente. Aveva certamente un’attenzione verso i poveri acutissima, che non era usuale in un bambino di 9 o 10 anni d’età. Per tale motivo non andò a Gerusalemme: anche i soldi del viaggio in Terra Santa erano soldi che, se risparmiati, si potevano dare in beneficenza”.

Cosa può dire Carlo ai ragazzi di oggi, sempre iperconnessi ma sempre più soli?

“Carlo testimonia ai giovani che esiste anche una vita spirituale oltre a quella materiale. Gesù ha voluto rimanere accanto a noi col suo corpo, sangue, anima e divinità per nutrire il nostro corpo perché l’essere umano non è fatto solo di carne, ma anche di anima e di spirito. Siamo tutti pellegrini di questo mondo con Dio che cammina sempre accanto a noi perché ci ama infinitamente e vuole la nostra salvezza, il nostro bene. Lui diceva sempre, e lo viveva in prima persona, che quando facciamo la comunione abbiamo Dio dentro di noi. E così Dio ci trasfigura, ci trasforma, ci assimila a lui. Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio e, attraverso l’Eucaristia, rispondiamo a questa chiamata. Il messaggio di Carlo ai giovani (e all’umanità intera) è dunque questo: credete che esista una vita eterna, che veramente Dio è in mezzo a noi. Approfondite la vostra fede: la vita non si risolve nella tecnologia, il progresso tecnologico non è l’aspetto unico o fondamentale dell’essere umano. Avere oggi a disposizione tutti questi mezzi tecnologici non significa avere la chiave della felicità. Nonostante il progresso umano, il male in tutte le sue forme – la fame, le guerre, la povertà, l’ingiustizia – continua a imperversare nel mondo. La soluzione per cambiare lo stato delle cose è tornare alla fonte della Grazia: Gesù. Vivo e presente in mezzo a noi attraverso la preghiera, la santa messa, la confessione e, in primis, l’Eucaristia, una vera e propria ‘autostrada per il Cielo'”.