Guinea, Chiesa martire tra stragi ed espropri

Almeno 21 morti negli scontri post elettorali. La testimonianza di una comunità martire di cattolici in uno dei paesi più violenti del pianeta

Chiesa martire nel paese della violenza. La Guinea-Conakry è uno dei paesi più poveri dell’Africa occidentale. Alle elezioni presidenziali sono seguiti violenti scontri e almeno 21 morti. Il voto è contestato dalle forze di opposizione in quanto non-democratico, riferisce Micromega. Nonché dalla diaspora guineana residente in Francia, Svizzera e Germania. La situazione rispecchia le tendenze autocratiche del presidente Alpha Condé. Il primo presidente eletto democraticamente nel 2010. Le elezioni sono un’anomalia positiva per la Guinea. Un paese che dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1958 in poi ha conosciuto un colpo di stato dopo l’altro. Inizialmente considerato una speranza per la democrazia, Condé si auto-considerò il “Mandela della Guinea”. E fu fortemente sostenuto dai governi francesi. E anche nominato presidente dell’Unione Africana nel 2017. Ma la persecuzione della Chiesa non si è mai arrestata.

Chiesa martire

“A partire dagli anni Sessanta, la Chiesa cattolica è stata spesso vittima di esproprio abusivo dei suoi beni in molte località. Su tutto il territorio nazionale”, denuncia monsignor Vincent Coulibaly, arcivescovo di Conakry. E’ continuo il tentativo d’espropriazione con la forza di terreni appartenenti alla Chiesa. Sebbene l’articolo 1 della Costituzione del 7 aprile 2020 affermi che “la Repubblica di Guinea è uno Stato laico”. Monsignor Coulibaly accusa “le persone malvagie che tirano le fila della discordia“. E lancia un appello affinché siano rispettati e applicati nei confronti di tutti i cittadini del Paese. La tolleranza e la convivenza religiosa. Secondo la legge e il principio della laicità.

Tragico bilancio

E’ di 21 morti il bilancio ufficiale delle vittime degli scontri che si susseguono nella Repubblica di Guinea dal giorno del voto presidenziale. Oltre che nella capitale Conakry, gli scontri si sono estesi nelle principali città del Paese. Le attività commerciali sono chiuse per timori di disordini e saccheggi. Gli inviati dell’Onu, dell’Unione africana (Ua) e della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) continuano i loro sforzi di mediazione. Incontrando diversi ministri, la commissione elettorale e il corpo diplomatico. Amnesty International ha accusato le forze di sicurezza guineane di aver sparato munizioni letali contro i manifestanti.