Feroci scontri a Gaza, esodo dei civili verso Rafah

La guerra tra Israele e Hamas, entrata nella sua tredicesima settimana, continua ad essere combattuta con grande intensità su tutta la Striscia. Centomila i palestinesi che sono scappati a Rafah, in Egitto

Foto di hosny salah da Pixabay

La guerra tra Israele e Hamas entra nella sua tredicesima settimana. “Nei contatti per la liberazione dei 129 ostaggi trattenuti da Hamas a Gaza “vediamo la possibilità, forse, di uno spostamento”: lo ha affermato il premier Benyamin Netanyahu.

Feroci scontri a Gaza, esodo dei civili verso Rafah

La guerra tra Israele e Hamas, entrata nella sua tredicesima settimana, continua ad essere combattuta con grande intensità per le strade e dal cielo su tutta la Striscia, con l’esercito dello Stato ebraico che intensifica giorno dopo giorno la pressione sul sud. Provocando l’esodo dei civili palestinesi verso Rafah. Le ostilità sempre più cruente non fermano comunque la trattativa per nuove pause umanitarie. Hamas sembra aver rinunciato all’idea di un cessate il fuoco totale come condizione per rilanciare altri ostaggi, ma la strada per un’intesa appare ancora lunga.

Tanto più che nell’ennesima conferenza stampa serale il premier Benyamin Netanyahu ha ribadito il suo mantra: “Andremo avanti per molti mesi, non cederò alle pressioni internazionali”. Nella prime ore della giornata l’Idf ha comunicato di aver attaccato diversi obiettivi di Hamas nel nord e nel centro di Gaza. Mentre nell’area meridionale di Khan Yunis, considerata la roccaforte del nemico, l’aviazione che ha intensificato le operazioni effettuando circa 50 raid e prendendo di mira anche i tunnel. Le truppe di terra hanno riferito di un’irruzione nella base dell’intelligence del gruppo armato palestinese, e nello stesso complesso sarebbe stato localizzato anche un centro di comando della Jihad islamica, l’altra fazione che sfida Israele.

Onu: “Centomila persone si sono trasferite a Rafah”

Azioni eclatanti, immortalate dalle tv nazionali, mentre il bollettino delle operazioni viene aggiornato con decine di “terroristi uccisi”, armi, ordigni esplosivi, equipaggiamenti militari e dispositivi di comunicazione recuperati. Con un drammatico risvolto: la crescente fuga dei civili, sempre più a sud.

Secondo l’Onu, almeno centomila persone si sarebbero trasferite a Rafah, al confine con l’Egitto. Ed è quotidiano lo scontro a fuoco al confine settentrionale di Israele tra l’esercito e i miliziani di Hezbollah (che ha denunciato l’uccisione di 4 suoi combattenti). Uno scenario preoccupante per gli Stati Uniti, che hanno deciso di inviare un emissario a Beirut per tentare di mediare una de-escalation. Come se non bastasse, c’è il crescente deterioramento della situazione nell’altro fronte legato all’Iran, la Siria, dove Israele avrebbe intensificato gli attacchi, in risposta a missili caduti sul Golan: attivisti hanno riferito di diciannove miliziani filo-Teheran uccisi nell’est del Paese, ma secondo i media nazionali è stato preso di mira anche l’aeroporto di Aleppo, nel nord, con un massiccio attacco aereo.

L’accordo sugli ostaggi

In assenza di un altro accordo sugli ostaggi, in seno al governo israeliano è in corso una disputa sullo sviluppo dell’offensiva a Gaza. Da una parte Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, orientati a continuare a pieno regime la campagna militare almeno fino a gennaio. Dall’altra Benny Gantz (che un israeliano su due vorrebbe diventasse premier) e Gadi Eisenkot, che spingono per passare alla fase C, ossia ridurre il contingente in campo e affidare a unità d’elite operazioni chirurgiche.

Un’opzione invocata anche dagli Stati Uniti, come sarebbe emerso in un colloquio tra Gallant ed il capo del Pentagono Lloyd Austin. Washington da tempo preme sull’alleato perché riduca l’intensità degli attacchi per facilitare una fase di stabilizzazione della Striscia. Proprio dagli Usa, nel frattempo, il New York Times ha scritto che l’esercito israeliano non aveva un piano per gestire un massiccio assalto di Hamas, come si è visto il 7 ottobre. Il report da una fonte interna dipinge il quadro di militari che per lunghe ore non avevano compreso la portata dell’attacco, rispondendo in modo lento e inefficiente.

Netanyahu: “Sugli ostaggi c’è la possibilità di uno spostamento”

Nei contatti per la liberazione dei 129 ostaggi trattenuti da Hamas a Gaza “vediamo la possibilità, forse, di uno spostamento”: lo ha affermato il premier Benyamin Netanyahu. “Tuttavia non voglio creare aspettative” ha aggiunto, mentre nel centro di Tel Aviv migliaia di persone partecipano stasera ad una manifestazione in cui invocano la liberazione immediata di tutti i prigionieri. “Hamas presenta una serie di ultimatum, mentre noi continuiamo ad esercitare su di loro una pressione militare ed anche a mantenere un atteggiamento calcolato nelle trattative”. “Se ci sarà la possibilità di un accordo, sarà realizzato”, ha concluso.

Fonte: Ansa