Il Papa: “Attenti a quella tristezza che erode e svuota il cuore”

Nell'Udienza generale, il Santo Padre invita a guardarsi da uno stato di tristezza che incancrenisce il cuore: "Dopo un tempo di turbamento, ci si affida alla speranza"

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Non esiste una sola forma di tristezza. In alcune circostanze, addirittura, uno stato di dubbio o di incertezza può essere convertito, tramutandosi in gioia al culmine di un percorso di riflessione interiore. Ma occorre fare attenzione. E, nell’Udienza generale nell’Aula Paolo VI, il monito di Papa Francesco riguarda un secondo tipo di tristezza, distinta e pericolosa, che trascina l’anima in uno sconforto, in un “abbattimento” che impedisce di risollevare lo spirito dal suo stato di debolezza. “C’è dunque una tristezza amica – spiega il santo Padre -, che ci porta alla salvezza… È una grazia gemere sui propri peccati, ricordarsi dello stato di grazia da cui siamo decaduti, piangere perché abbiamo perduto la purezza in cui Dio ci ha sognati”.

Il cuore in un precipizio

Il rischio, però, è dietro l’angolo. Esiste una tristezza, infatti, che è “una malattia dell’anima”, che “nasce nel cuore dell’uomo quando svanisce un desiderio o una speranza”. Una tristezza la cui natura “è legata all’esperienza della perdita”, la quale si manifesta nel cuore dell’uomo ogni qualvolta sperimenta il trauma del distacco, da un affetto piuttosto che da una speranza disillusa. E, “quando questo capita, è come se il cuore dell’uomo cadesse in un precipizio, e i sentimenti che prova sono scoraggiamento, debolezza di spirito, depressione, angoscia”. Una prova che tutti noi attraversiamo: “In questa situazione, qualcuno, dopo un tempo di turbamento, si affida alla speranza; ma altri si crogiolano nella malinconia, permettendo che essa incancrenisca il cuore”.

Il demone della tristezza

Il rischio è quello di sperimentare il falso sentore della tristezza come “il piacere del non piacere”, come fosse “una caramella amara”. Per questo, ricorda il Papa, “certe amarezze rancorose, per cui una persona ha sempre in mente una rivendicazione che le fa assumere le vesti della vittima, non producono in noi una vita sana, e tanto meno cristiana”. Nel passato di ciascuno c’è qualcosa da guarire, poiché la tristezza, “da emozione naturale può trasformarsi in uno stato d’animo malvagio“. Una condizione che impedisce di vedere la speranza ma agisce “come un verme del cuore, che erode e svuota chi l’ha ospitato. Dobbiamo stare attenti a questa tristezza e pensare che Gesù ci porta la gioia della resurrezione”.