Emergenza povertà: cinque proposte per un piano sociale

fragili

“Alleanza contro la Povertà”, lo scorso 12 dicembre, ha celebrato i suoi primi dieci anni di attività con un convegno dal titolo “Dieci anni di Alleanza contro la Povertà. Storia, analisi e nuove sfide” e, in quell’occasione, oltre all’analisi necessaria di ricordo e di storia, in cui abbiamo ripercorso insieme i passaggi più importanti che “L’Alleanza contro la Povertà” ha promosso, grazie alle 35 organizzazioni che la compongono. Queste ultime, sia culturalmente che politicamente, hanno spinto affinché, il nostro Paese, si dotasse di una misura diretta di contrasto alla povertà e ci siamo riusciti. Nel 2018, attraverso la firma del memorandum con il governo Gentiloni, siamo riusciti ad ottenere un risultato straordinario dal punto di vista storico.

Il 12 dicembre scorso quindi, con un grande parterre di esperti di politiche sociali e del lavoro, abbiamo presentato la nostra ultima pubblicazione, intitolata “Sostegno ai poveri quale riforma: dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di inclusione”, stilata da firme molto autorevoli del campo italiano ed europeo che, dal punto di vista scientifico, ha un valore molto importante, non solo per i cultori della materia, ma anche per la politica e per coloro che, ogni giorno, si trovano nella condizione di dover legiferare e, di conseguenza, agire attivamente sulla qualità della vita dei cittadini italiani.

Nella parte conclusiva di questo incontro, sono stati delineati due grandi orizzonti di impegno, italiano ed europeo e sei linee pratiche di azione in Italia, a partire dalle cose da fare e che, auspichiamo, vengano messe in campo al più presto. La prima riguarda il ritorno al principio universalistico della misura diretta di contrasto alla povertà assoluta. Riteniamo che, un welfare universalistico, parte dall’esigenza di assicurare a tutte le cittadine e i cittadini standard adeguati di vita e un’uguaglianza sostanziale a tutti.

Riteniamo che non si possa discendere dal principio universalistico. La seconda misura riguarda il rilancio di una misura nazionale rivolta a tutte le famiglie e le persone in povertà assoluta, anche quelle dei cittadini di origine straniera residenti almeno due anni in Italia. Noi, quando siamo nati, abbiamo proposto una misura che si chiamava Reis, ovvero Reddito di Inclusione Sociale che, per noi, resta l’obiettivo da raggiungere e non è mai stato realizzato. Questa nostra proposta storica sancisce che, a fianco di un trasferimento monetario, occorre sempre una richiesta di servizi territoriali sociali e del lavoro, in grado di rispondere a standard adeguati in termini di infrastrutturazione territoriale.

I territori, pertanto, devono avere una loro infrastrutturazione sociale e dei servizi del lavoro. Occorre che, la presa in carico della fragilità, sia fatta da personale preparato alla multidimensionalità del problema. La povertà non può essere soltanto come un’assenza di lavoro perché è un insieme di più fattori: si pensi che durante il periodo dell’erogazione del Reddito di Cittadinanza erano molte le famiglie che, pur avendo al loro interno un componente che lavorava, ma non ce la facevano lo stesso a far quadrare il bilancio familiare. Serve quindi un modello di gestione condivisa a livello locale tra Comuni, Terzo Settore, servizi per la formazione e per l’impiego e altri soggetti, che realizzi al meglio i principi di co-progettazione e co-programmazione sanciti nella riforma del Terzo Settore.

La terza proposta riguarda l’istituzione dell’Osservatorio sulle povertà e, allo stato attuale, non dovrebbe essere complicato rispondere alla nostra domanda. L’art. 11, comma 5 del Decreto-legge n. 48/2023, “padre” della Legge 85, prevede l’istituzione dell’Osservatorio sulle povertà, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L’Acp chiede in primis che sia istituito, che gli siano riconosciuti compiti puntuali e che si dia vita a una Commissione dotata degli strumenti e dell’autorevolezza.

La quarta proposta auspica l’assunzione nella legge di Bilancio gli emendamenti proposti da Alleanza contro la povertà nel position paper dello scorso settembre. La quinta proposta riguarda l’istituzione di gruppo interparlamentare sulla povertà. Serve il coraggio della scrittura di un patto tra forze politiche che vada oltre questa legislatura e oltre le legislature, per aprire una stagione nuova di confronto e di possibili soluzioni condivise. Conosciamo le difficoltà e le insidie di un percorso di questo tipo, ma ci proponiamo come facilitatori di questo processo.

Un Programma di lotta alla povertà darebbe a tutte la parti in campo il merito di aver affrontato una questione cruciale per il presente e per il futuro del Paese. Per dare forza a questo processo, valuteremo la possibilità di favorire la nascita di un gruppo interparlamentare che dia gambe e forza a questa idea. Ricordo che, negli ultimi dieci anni, a fronte di un problema strutturale come la povertà, ogni governo che si è susseguito, ha cambiato le misure di contrasto. Occorre quindi stilare un patto tra le forze politiche su questo tema in grado di travalicare l’orizzonte di una legislatura per cercare di risolvere un problema cruciale per il nostro paese.

Il tema della povertà deve diventare centrale nel dibattito politico ma, attualmente, l’impressione è che si stia trattando come un tema periferico. Attualmente, un italiano su dieci è povero e, di conseguenza, occorre rivedere la priorità degli obiettivi in merito. L’ultima proposta riguarda l’allargamento dell’orizzonte nella lotta della povertà all’intera Europa, attraverso l’istituzione del Pilastro sociale europeo. La Risoluzione del Parlamento europeo del 15 marzo 2023, relativa alla necessità di promuovere un adeguato reddito minimo che garantisca l’inclusione attiva, è comunque un piccolo passo avanti in questa direzione ci chiede di allargare gli orizzonti verso l’istituzione di un Reddito minimo europeo che, anche dal punto di vista della realizzazione di un sistema di welfare uniforme che possa essere goduto in ogni paese d’Europa.

Questo rappresenterebbe un passo avanti nella costruzione della cosiddetta “Europa sociale”, di cui si parla tanto ma si sta accusando ancora qualche ritardo. Abbiamo inviato questi emendamenti alle forze politiche ma, seguendo minutamente il dibattito in corso, temiamo che non saranno accolte. Noi però continueremo a svolgere la nostra opera, monitoreremo la situazione, formuleremo proposte e spiegheremo le ragioni di coloro che vogliamo continuare a rappresentare.