Effetto Brexit: ingressi a punti e inglese obbligatorio

Arriva come un colpo di scure la prima mostra del nuovo volto britannico post- Brexit: il governo Johnson, infatti, ha appena reso noti quali saranno i requisiti imprescindibili che regoleranno l'accesso nel Regno Unito di aspiranti lavoratori e viaggiatori, applicando un giro di vite ben più rigido del previsto. Per quanto riguarda i lavoratori, Oltremanica potrà recarsi unicamente chi parla inglese e possiede una qualifica specialistica in un determinato settore. In sostanza, niente più soggiorni provvisori in Gran Bretagna, con l'obiettivo di trovare un lavoretto per ambientarsi e migliorare il proprio inglese: Londra accetterà, secondo un criterio estremamente selettivo, solo persone con qualifiche ben precise, che siano cittadini europei o extra-europei. Più elastiche, invece, le disposizioni per i ricercatori, che potranno accedere nel Paese grazie al cosiddetto “Global Talent Scheme”.

Il nuovo sistema

Le nuove normative sono state annunciate dal ministro dell'Interno, Priti Patel, confermata da Johnson e interprete perfetta dell'idea di una Gran Bretagna più selettiva su chi accogliere concepita dal premier. Particolare il sistema di valutazione: ogni “candidato” ad accedere nel Regno Unito sarà di fatto valutato tramite l'assegnazione di un punteggio e saranno presi in considerazione solo coloro che abbiano minimo 70 punti e che, requisito indispensabile, abbia sia un'offerta di lavoro da almeno 25.600 sterline l'anno (salario base, al di sotto del quale non si otterrà il visto) e la già citata conoscenza della lingua inglese. In questo modo, il governo cercher di dare priorità “alle persone più qualificate e talentuose”, con buona pace di chi sperava di veder sbocciare il proprio talento direttamente sul territorio britannico. Anzi, su questo punto il ministro Patel è fin troppo chiaro: “Il nuovo sistema ridurrà il numero di immigrati nel Paese e servirà ad attirare i migliori, migliorando la nostra economia”.

Sviluppo e innovazione

In realtà è proprio questo il punto contestato al governo britannico: il rischio, secondo le opposizioni, è che il nuovo sistema scoraggi del tutto l'approdo nel Regno Unito di lavoratori stranieri, prendendo come esempio di strategia vincente il modello australiano, selettivo ma più elastico con chi desiderebbe entrare a far parte del sistema Paese pur senza possedere competenze specifiche. C'è poi un secondo aspetto, che i laburisti consegnano al governo come un rischio concreto: il punto, secondo i lab, è che la selettività estrema negli ingressi vada a privare di competenze importanti dei settori essenziali del Paese, chiedendo vie preferenziali per lavori come quello degli infermieri (perlopiù stranieri). Secca la replica del ministro Patel, secondo il quale l'applicazione delle nuove disposizioni scoraggerà esclusivamente “la ricerca del lavoro a basso costo” puntando sullo “sviluppo di tecnologie per l'automazione”, specificando inoltre che nessuno dei circa 3 milioni di cittadini europei già impiegati nel Paese sarà toccato dalla norma. La cui applicazione è prevista per l'1 gennaio 2021. Dopodiché ci sarà tutto il tempo per conoscerne gli effetti.