Angelus di Papa Francesco: “Educare alla pace”

Il Santo Padre rammenta che, nonostante i segni di pace scambiati, "le armi hanno continuato a distruggere". Forse "non abbiamo un'educazione tale da fermare le guerre"

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Foto © VaticanMedia

Non dimenticare “quanti soffrono la crudeltà della guerra in tante parti del mondo, specialmente in Ucraina, in Palestina e in Israele”. È un invito costante quello di Papa Francesco che, nell’Angelus domenicale, rammenta gli auguri di pace scambiati a inizio anno, nonostante i quali “le armi hanno continuato ad uccidere e distruggere“. Il Santo Padre, per questo, ha rinnovato per l’ennesima volta, dall’inizio dei recenti conflitti alle porte dell’Europa, a pregare “affinché quanti hanno potere su questi conflitti riflettano sul fatto che la guerra non è la via per risolverli, perché semina morte tra i civili e distrugge città e infrastrutture”. Perché è la guerra stessa a essere “un crimine contro l’umanità”. Il bisogno di pace dei popoli deve essere accompagnato da un’educazione alla pace: “Dobbiamo educare alla pace. Si vede che non siamo ancora – l’umanità intera – con un’educazione tale da fermare ogni guerra”.

Pace e memoria

Anche l’immagine consegnata dal Vangelo invita a essere memori. In questo caso, del nostro primo incontro con Gesù: “Ognuno di noi ha avuto il suo primo incontro con Gesù; da bambino, da adolescente, da giovane, da adulto, adulta… Quando ho incontrato Gesù per la prima volta? Possiamo fare un po’ di memoria. E dopo questo pensiero, questo ricordo, a rinnovare la gioia di seguirlo e a chiederci: che cosa significa essere discepoli di Gesù”. L’intento è quello di “dimorare Gesù” nei nostri cuori. In primis cercando. Del resto, le prime parole che rivolge a due discepoli che lo seguivano furono: “Che cosa cercate”. Un invito a “guardarsi dentro, a interrogarsi sui desideri che portano nel cuore”. Perché “il Signore non vuole ‘followers’ superficiali” ma “persone che si interrogano e si lasciano interpellare dalla sua Parola”.

Cercare, dimorare, annunciare

Nondimeno, è il dimorare che mette in evidenza quanto cercato dai discepoli. Non notizie o informazioni e nemmeno miracoli: “Desideravano incontrare il Messia, parlare con Lui, stare con Lui, ascoltarlo… Stare con Lui, rimanere con Lui, questa è la cosa più importante per il discepolo del Signore“. La fede, infatti, “non è una teoria” ma “un incontro”, è “andare a vedere dove abita il Signore e dimorare con Lui”. Questi tre verbi (cercare, dimorare, annunciare), rappresentano la traccia per i discepoli: “Quel primo incontro con Gesù fu un’esperienza talmente forte, che i due discepoli ne ricordarono per sempre l’ora… E i loro cuori erano così pieni di gioia che sentirono subito il bisogno di comunicare il dono ricevuto”.