Fontana (Legambiente): “L’economia circolare è l’antidoto agli ecoreati”

L’intervista di Interris.it sul rapporto Ecomafia 2023 di Legambiente a Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità dell’associazione

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Lo scorso anno, in Italia, ogni giorno sono stati commessi circa 84 reati contro l’ambiente. Oltre trentamila in tutto il 2022, dall’abuso edilizio agli illeciti amministrativi e quelli penali, dal bracconaggio al traffico di specie protette, dal saccheggio del patrimonio culturale al caporalato in agricoltura e alla messa in commercio di imballaggi non a norma, fino allo smaltimento abusivo dei rifiuti e ai roghi dolosi, colposi o generici. Sul “podio”, il ciclo illegale del cemento, i reati contro la fauna e quello dei rifiuti, con in prime due in crescita, mentre il terzo perde una posizione. L’illegalità ambientale “fattura” quasi nove miliardi di euro. Si tratta di stime prudenziali, alla luce di quanto emerso grazie al lavoro delle forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto del nostro Paese, contenute nel rapporto Ecomafia 2023, realizzato da Legambiente. E uno spettro si aggira sulle cifre, quello della corruzione ambientale.

Alcuni numeri

Le tre “filiere” più rilevanti sono quella del ciclo illegale del cemento, che registra un +28,7% nel 2022 sul 2021, con una crescita stimata da 1,8 a due miliardi di euro, quella dei reati contro la fauna con +4,3% di illeciti penali e scavalca così quella dei rifiuti, che scende al terzo posto per la riduzione sia degli illeciti penali che delle persone denunciate, a fronte comunque di un aumento delle contestazioni del traffico illecito di rifiuti, dalle 151 di due anni fa alle 268 dell’anno scorso. Segue il lieve calo dei roghi, con l’aumento dei controlli, delle persone denunciate (768, una media di oltre due al giorno, +16,7%) e dei sequestri (+14%). Complessivamente tutto il “settore” della criminalità ambientale fattura 8,8 miliardi di euro.

Sul territorio

La diffusione territoriale dell’illegalità interessa un po’ tutta la Penisola. Soprattutto la Campania, dove si registrano i più alti numeri in tutti gli indicatori, cioè reati, persone denunciate, sequestri e sanzioni amministrative, poi Puglia e Sicilia. Avanzano in questa “classifica” il Lazio, quarto al posto della Calabria, la Lombardia, sesta, e l’Emilia Romagna che da dodicesima diventa ottava. Tra le province, in quella di Roma si registra il maggior numero di illeciti ambientali.

L’intervista

Per approfondire i contenuti dell’edizione di quest’anno del rapporto, Interris.it ha intervistato il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità della storica associazione ambientalista italiana Enrico Fontana.

Chi sono gli “ecomafiosi” e è “pesante” un fatturato illegale di quasi nove miliardi?

“Sono personaggi che incrociano diverse filiere della criminalità, da quella ambientale a quella economica. Si pensi alle false fatturazioni per riciclaggio di rifiuti, fino alle contiguità con le organizzazioni criminali. L’impatto economico è solo uno degli impatti delle ecomafie, quello più significativo è infatti quello che hanno sull’ambiente. Oltre trentamila reati registrati in un anno, nel traffico di rifiuti pericolosi o di specie animali protette come quelli contro il patrimonio culturale, è un numero importante. Secondo l’Istat, che lo monitora nel rapporto Cresme, l’abusivismo edilizio ha conosciuto un incremento che non si riscontrava da anni, e non solo nel Mezzogiorno, dove la situazione nel rapporto Benessere equo e solidale 2022 è descritta come ‘insostenibile’, con un fatturato potenziale stimato in crescita da due miliardi”.

Come si spiega la crescita dei reati legati al ciclo illegale del cemento e di quelli contro la fauna?

“I primi sono effetti di quell’abusivismo edilizio legato alla ripartenza post-pandemica, i reati accertati segnano infatti un +28,7% sul 2021. Un segnale d’allarme di quello che potrebbe accadere con i cantieri finanziati con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I secondi, i reati contro la fauna terrestre e marina, sono un fenomeno sottovalutato, ma è uno dei più remunerativi a livello internazionale. Ci sono vere e proprie attività criminali dedite ai traffici di specie protette. Nel caso della pesca illegale dei datteri marini, inoltre, i fondali vengono devastati. Da anni invochiamo che venga introdotto nel codice penale almeno un delitto specifico che riguardi il bracconaggio e la pesca di frodo”.

A cosa è dovuto invece il calo dei rifiuti illegali?

“Il calo della diminuzione dei reati nel ciclo illegale dei rifiuti, dagli smaltimenti abusivi al finto riciclaggio, potrebbe essere collegato a una flessione dei controlli, ma sono aumentate le inchieste in cui viene contestata l’attività di traffico illecito di rifiuti. In circa vent’anni, tra il 2002 e l’anno scorso, ne sono state sequestrate sessanta milioni di tonnellate, grazie alla repressione dei delitti ambientali, resa possibile dalla legge sugli ecoreati del 2015, da parte del Comando dei Carabinieri per la tutela ambientale e la transizione ecologica, del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri e dalle Capitanerie di porto, che contrastano il saccheggio del patrimonio ittico e i casi di ‘maladepurazione’. Tra le principali tipologie di rifiuti sequestrati dalle Capitanerie ci sono i fanghi di depurazione contaminati, e questo preoccupa sotto il profilo ambientale-sanitario, mentre un altro problema è quello dei rifiuti sottratti alla gestione legale. Continueremo in ogni caso a monitorare questi numeri, inoltre occorre fare di più per spingere l’economia circolare. E’ questa il vero antidoto”.

Nel vostro rapporto sottolineate la preoccupazione per la corruzione ambientale. Di cosa si tratta?

“Censiamo e mappiamo le inchieste delle forze dell’ordine e delle capitanerie sui fenomeni corruttivi connessi alla realizzazione di appalti e agli investimenti ambientali, così negli anni abbiamo assistito a una diffusione del fenomeno abbastanza preoccupante. Dal 1° agosto 2022 al 30 aprile 2023 ci sono state in totale 58 indagini concluse sulla corruzione in materia ambientale, quasi la metà nelle regioni a maggior presenza di criminalità organizzata. La Direzione investigativa antimafia ha fatto presente come le mafie agiscano con modalità più silenziose e meno visibili per infiltrarsi nel tessuto economico-produttivo”.

In che modo siamo colpiti dagli ecoreati?

“La situazione è estremamente seria in Campania, Sicilia e Puglia, mentre Roma è la prima provincia in Italia per numero di reati. Questo ci deve preoccupare, ma al tempo stesso emerge grazie al lavoro delle forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto. Magari altrove, in Europa, ci si trova in situazioni simili, però si indaga di meno o le sanzioni sono meno gravi”.

A otto anni di distanza, come valuta i risultati della legge 68 sugli ecoreati?

“In questo intervallo di tempo, con l’introduzione di nuovi reati ambientali, i risultati sono nel complesso importanti. E’ una norma molto applicata, con oltre cinquemila contestazioni di reati ambientali da parte delle forze dell’ordine. Un segno significativo della crescita e dell’efficacia dell’azione repressiva è il fatto che si sia arrivati a sentenze di condanna definitive in Cassazione”.

Come far sì che il Pnrr e la transizione ecologica siano veramente un’opportunità e non si tramutino in occasioni mancate?

“Bisogna avere chiari gli obiettivi da raggiungere ed essere massimamente trasparenti. Da parte nostra giungono tante proposte per i territori e per la diffusione di energie rinnovabili, ma ci sembra non ci sia sufficiente chiarezza, col rischio che delle risorse si disperdano in iniziative che non vanno nella direzione della transizione ecologica. La massima trasparenza e l’informazione per il monitoraggio, non solo quella classe politica ma anche dei cittadini, danno meno opportunità alle mafie di avvicinare le imprese”.

Cosa propone Legambiente per il migliorare il contrasto alle ecomafie, in Italia e a livello internazionale?

“Ci auguriamo che venga approvata già in Commissione Giustizia la prima legge contro le agromafie. Dopo aver deciso di tutelare il patrimonio ambientale e quello culturale, va difeso anche il patrimonio alimentare, contro l’agropirateria e l’utilizzo di pesticidi illegali nei campi. Proponiamo inoltre l’introduzione, nel codice penale, di delitti specifici contro il bracconaggio e la pesca frodo per la tutela degli animali e della biodiversità. Ancora, di inasprire le sanzioni previste per l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti. C’è bisogno di maggior efficacia e risolutezza”.