ISIS: DONNE VELATE E SCUOLE IN ROVINA A UN ANNO DALLA PRESA DI MOSUL

Le case dei cristiani marchiate con una “N”, il marchio con cui l’autoproclamato Califfato ha bollato i “Nasrani”, seguaci del Nazareno, accompagnate da una scritta sul muro che recita “Proprietà confiscata dallo Stato Islamico”, scuole abbandonate, edifici di culto distrutti, donne che girano interamente nascoste dalla testa ai piedi sotto vesti nere. E’ questa la realtà di Mosul a un anno dalla conquista della città da parte del sedicente Stato Islamico. Era il 10 giugno 2014 quando i miliziani dell’Isis hanno conquistato la seconda città irachena, a maggioranza sunnita e – in passato – con una forte presenza cristiana. Un anno dopo, mentre si avvicina l’anniversario della nascita dell’autoproclamato ‘Stato Islamico’, il gruppo controlla circa la metà del territorio siriano e un terzo di quello iracheno.

Maggio è stato segnato da due importanti vittorie per i jihadisti: la conquista della città siriana di Palmira pochi giorni dopo la presa dell’irachena Ramadi, a un’ora da Baghdad. Tutto, a nove mesi dall’avvio della campagna della coalizione a guida Usa. Un “mix di violenza e opera di convincimento” è la ricetta con cui l’Is è riuscito a registrare “conquiste a livello politico”, a “presentarsi come l’unico tutore degli interessi dei sunniti” nel vasto territorio che si estende dall’Iraq alla Siria, a emergere – ha scritto nei giorni scorsi il New York Times – come un “movimento sociale e politico” in molte zone sunnite e a rendersi così protagonista di una notevole espansione nonostante i raid della coalizione, quasi 4.000 dall’inizio delle operazioni. I jihadisti uccisi dalla coalizione sono più di 10mila, secondo gli ultimi dati annunciati dal vice segretario di Stato americano Anthony Blinken.

La distruzione ha colpito anche il patrimonio culturale della città di Mosul. Oggi, secondo il sito iracheno di notizie “Ankawa”, in città verrà inaugurata una nuova moschea: era un’antica chiesa – la chiesa di Sant’Efrem dei siro-ortodossi – ma è stata trasformata dall’Is in moschea dei “Mujahedin”. A inizio maggio, come aveva riportato il giornale Al-Quds al-Arabi, c’era stata la cerimonia di inaugurazione per la riapertura da parte dell’Is dell’hotel a cinque stelle “Nineveh Oberoi”, il più elegante albergo di Mosul, che ora si chiama “Hotel Warithin” (in arabo, ‘I successori’ del profeta Maometto).

I jihadisti, che in questi mesi si sono resi protagonisti di una serie infinita di orrori e brutalità, seguono una rigida interpretazione della sharia e punizioni severe vengono riservate a chi non rispetta le regole. Fustigazione, amputazione della mano, lapidazioni. Per l’Is è reato l’omosessualità (almeno due persone ritenute omosessuali sono state legate, bendate, portate in cima a un edificio e buttate di sotto in quella che doveva essere una brutale esecuzione), così come commette reato un medico che si rifiuta di curare un combattente.

Testimonianze da Mosul riferiscono che l’Is trattiene una percentuale degli stipendi. Dati certi non esistono, ma si stima che in questa città martoriata vivano ancora tra le 600mila e i due milioni di persone e in molti sarebbero preoccupati per i preparativi di una possibile offensiva per la riconquista della città. A Mosul era nato anche Tareq Aziz. Ministro degli Esteri del regime di Saddam Hussein e poi vice presidente, di religione cristiano caldea e per 30 anni al potere, Tareq Aziz è morto quattro giorni fa.