LA STRAORDINARIA VITA DI DON SALVATORE MELLONE

“Essere prete è bello”. Era questa l’espressione ricorrente che don Salvatore diceva alle tantissime persone che in questi mesi sono andati a fargli visita. Nonostante la malattia, ha sempre accolto benevolmente tutti quelli che ne facevano richiesta. Ascoltava, confortava, amava.

Il presbitero per grazia di Dio (come amava definirsi), viene vinto dal cancro alle 15.15 del 29 giugno scorso. All’età di soli 38 anni, dunque, raggiunge la casa del Padre, ma la sua testimonianza di serenità e abnegazione, di accettazione della malattia come un dono per essere più vicino a chi soffre, resta per tutti un esempio.

Ma chi era Don Salvatore? E perché è così importante? Nasce a Barletta il 7 Marzo 1977. Riceve un’educazione cristiana solida grazie ad una famiglia unita e molto religiosa. Giovane sempre impegnato nella vita ecclesiale, prosegue la sua formazione prima nella parrocchia S. Maria degli Angeli e, successivamente, nella Parrocchia del SS. Crocifisso. Si dedica alla formazione dei giovani, con infaticabile dedizione.

don_mellone2Nell’ottobre del 2011 inizia il “cammino di discernimento vocazionale” frequentando l’anno Propedeutico presso il Pontificio Seminario Regionale di Molfetta. L’anno seguente entra a far parte della comunità del Seminario Regionale di Molfetta.

E’ sempre stato un grande comunicatore, oltre che uomo di preghiera, di profonda spiritualità e di grande apertura culturale. Non a caso – oltre a curare il rapporto diretto con i fedeli – ha collaborato al mensile della Parrocchia SS. Crocifisso, La Stadera, grazie al quale si è iscritto all’albo dell’Ordine dei pubblicisti e giornalisti di Puglia.

Ma nel giugno del 2014, a conclusione del biennio filosofico, arriva la “sentenza”: neoplasia all’esofago. Nonostante le devastanti terapie, don Salvatore non interrompe il cammino di formazione al presbiterato; ottiene infatti il nulla osta per l’ammissione all’ordine del diaconato e presbiterato, che è stata celebrata il 26 dicembre 2014 nella Parrocchia del SS. Crocifisso di Barletta.

Poi però, inevitabilmente, le sue condizioni di salute peggiorano. Don Salvatore chiede al suo parroco prima, don Ruggiero Caporusso, e poi al Vescovo mons. Pichierri, di completare il suo percorso formativo, rispondendo in tal modo alla vocazione di presbitero, per la quale si sentiva chiamato e per cui la Chiesa l’aveva ritenuto idoneo.

Dopo una consultazione con la Congregazione del Clero, arriva il nulla osta per l’ordinazione a diacono e presbitero. La sofferenza gli fa percepire una più profonda comunione al mistero di Cristo, per una carità a servizio delle persone più sofferenti. “Oggi mi sento portato sulle spalle da Cristo – ha detto appresa la notizia -; da sacerdote porterò la stola con Cristo, per la salvezza del mondo. Anche celebrare una sola Eucaristia per me sarà partecipazione reale al sacerdozio di Cristo”.

Nel comunicato congiunto dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta diffuso ad aprile 2015 si legge: “Le motivazioni che hanno portato mons. Pichierri ad ordinarlo, sono state: il coronamento di un cammino serio e coerente, anche nella malattia, e l’edificazione del popolo di Dio e dei sacerdoti e seminaristi, che può venire da questa particolare testimonianza vocazionale”. In occasione dell’ordinazione arriva anche una telefonata di Papa Francesco, che lo conforta e lo sostiene.

Nell’ultimo anno don Salvatore ha trascorso molto tempo negli ospedali e nonostante la sua sofferenza, nelle corsie ha sempre trovato il tempo e le parole giuste per rincuorare e infondere speranza. Da questa forte esperienza nascerà in lui il desiderio di aiutare gli ammalati poveri, coloro che nel dolore vivono la solitudine fisica, spirituale e l’indigenza materiale. Uno schiaffo all’egoismo che spesso la malattia produce nell’uomo.

Ogni giorno univa il suo patimento al Sacrificio Eucaristico che celebrava, affidando a Dio per mezzo di Gesù Cristo le tante persone che da ogni parte del mondo gli scrivevano di pregare e intercedere per loro.

Infatti sereno e accogliente, dal cuore pacificato, era diventato un punto di riferimento per tantissime persone a cui trasmetteva coraggio e parole di speranza. “Al di là del male, penultima parola, privata del suo senso atroce da Gesù Crocifisso, piagato e risorto, a Pasqua, giorno per cui siamo eredi, giorno di vocazione eterna nella gloria”. Così don Salvatore si espresse in una sua più ampia riflessione sulla condizione personale “di presbitero malato nel corpo” e pubblicata interamente sul mensile la Stadera.

E proprio riferendosi alla Pasqua, nei suoi ultimi giorni, ha più volte espresso il desiderio che i suoi funerali fossero vissuti alla luce del Cristo risorto e quindi con canti di speranza e il colore liturgico bianco che richiamano la gioia, la festa, la vita.