Don Casale (Coop San Luigi): “L’abitare aiuta a recuperare il valore della persona”

L'intervista di Interris.it a don Marco Casale, presidente della cooperativa San Luigi che, a Varese, attua dei progetti di housing sociale

© Cooperativa San Luigi - Varese

Il diritto all’abitare e alla casa deve essere considerato un diritto umano inalienabile in quanto ogni persona dovrebbe essere in grado di vivere in sicurezza, pace e dignità. È questo il punto dal quale partono i progetti di housing sociale della cooperativa San Luigi di Varese, che hanno la finalità di dare una sistemazione abitativa stabile alle persone che si trovano in situazione di difficoltà e fragilità. Interris.it, in merito a questa esperienza di accoglienza, ha intervistato don Marco Casale, responsabile della Caritas per il decanato di Varese nonché presidente della cooperativa San Luigi del Consorzio Farsi Prossimo.

 

L’intervista

Come sono nati e che obiettivi hanno i servizi di housing sociale della cooperativa San Luigi?

“Sono nati in collaborazione con la Fondazione San Carlo di Caritas ambrosiana, la quale aveva vinto un bando intitolato “Emergenza Dimora” che, nel 2012, prevedeva l’accoglienza di uomini in una situazione di emergenza abitativa. A tal proposito, la cooperativa San Luigi è stata coinvolta per fornire del personale educativo. Nel tempo poi, la gestione è passata direttamente alla cooperativa che, attualmente, è titolare di tale servizio. Questa è stata la nostra prima esperienza di housing sociale, ha quasi dieci anni di storia e riguarda l’accoglienza di uomini che, per diverse ragioni, non sono in grado di provvedere alla casa. Alcuni di loro vengono dalla strada o da altre collocazioni di fortuna, mentre altri invece, sono stati ospitati preventivamente prima di finire per strada. In particolare, lo scopo del progetto “Casa San Carlo” è quello di accogliere per un tempo determinato, generalmente di uno o due anni, ossia il tempo necessario per ripartire e ritrovare l’autonomia. C’è un accompagnamento socioeducativo delle persone, in collaborazione con gli enti invianti che, di solito, sono i comuni ma, a volte, anche l’amministratore di sostegno o la persona stessa che chiede di essere ospitata e viene aiutata anche in un percorso di ricerca attiva del lavoro, mediante una formazione professionalizzante. L’obiettivo è che riescano ad avere una nuova abitazione e si sappiano gestire mentre, in qualche caso, ove ce ne sia il bisogno c’è il passaggio in una comunità terapeutica oppure in Rsa. In ogni caso, quando si esce da qui, significa che, una nuova collocazione, è stata individuata. Dopo il primo progetto “Casa San Carlo”, dal 2015, ne è stato aperto un secondo che si chiama “Casa Santa Margherita” nella quale vengono accolte donne che hanno gli stessi bisogni delle persone accolte nella prima. “Casa San Carlo” dispone di diciotto posti e “Casa Santa Margherita” ne ha sei. In qualche caso, dopo una prima fase, prima di un’autonomia piena, c’è la possibilità di accoglienza in appartamenti, nei quali generalmente, risiedono nuclei più piccoli e dove ci si può sperimentare prima di essere totalmente autonomi. Le persone accolte in totale a “Casa San Carlo” sono venticinque e “Casa Santa Margherita” sono dodici.”

Che importanza riveste per voi l’abitare al fine di favorire l’inclusione delle persone con fragilità varie?

“L’abitare in un contesto dove, sia la struttura che la tipologia di accoglienza, per noi, aiutano recuperare la dignità e il valore della persona. “Casa San Carlo” ad esempio, è un’immobile risalente al 1400 che è stato ristrutturato mantenendone le caratteristiche originarie. Un contesto pulito e ordinato quindi, dove tutte queste attenzioni, fanno sì che la persona possa percepirne la bellezza e avere la possibilità di dare ordine e valore alla propria vita e alle rispettive capacità, al fine di essere in grado di ripartire. Un altro elemento è rappresentato dalla vita comune in quanto, le persone, sono in camere da due o tre posti, proprio perché, tale aspetto, fa lavorare le persone sulle relazioni, sulla capacità di costruirle, saperle mantenere e gestire le eventuali conflittualità. Stare nella società significa anche saper stare con i vicini di casa, datore di lavoro o con i propri colleghi, dando vita a relazioni significative da mantenere. Tale elemento fa la differenza. Costruire reti di relazione è un aspetto essenziale.”

Quali sono i vostri auspici per il futuro in merito allo sviluppo della vostra esperienza di housing sociale? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione?

“Innanzitutto, c’è una terza esperienza di housing familiare che abbiamo già avviato e vorremmo ampliare. Ciò potrebbe rappresentare una nuova frontiera in quanto, stiamo rilevando sempre di più questo bisogno. Il limite dell’accoglienza per soli uomini o sole donne è che, a volte, i nuclei familiari, devono essere separati con tutte le problematiche del caso. Pertanto, stiamo cercando di capire, come gestire al meglio l’housing per le famiglie. Ci sono vari modi per poterci aiutare. Abbiamo una rete di volontari e, chi vuole essere disponibile per le diverse attività in merito ben venga. Il supporto del volontariato per noi è molto prezioso e importante. C’è poi la possibilità di fare delle donazioni con le diverse modalità riportate sul sito della cooperativa San Luigi.”