Il coraggio di mettersi in discussione

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C’è sempre un momento in cui ogni persona ha bisogno di ritrovare un po’ di pace e di silenzio, lontano dai rumori e dalle immagini, dalla vita di tutti i giorni. E’ l’occasione per fare un bilancio della propria esistenza, per ascoltare quella voce interiore che ci permette di fare un po’ di chiarezza sul nostro comportamento, sul modo di essere, di vivere e di agire nella società, e di verificare al tempo stesso se il cammino che stiamo percorrendo segue una giusta direzione.

E’ un esame. Quell’esame che giornalmente dovrebbe consentire di dedicare qualche minuto a noi stessi per riflettere, per pensare, non solo per essere capaci di riconoscere gli errori commessi, ma soprattutto per trovare delle correzioni affinché da eventi e situazioni negative, si possano trarre aspetti e insegnamenti positivi.

Se saremo in grado di fare tutto ciò, di fermarci un attimo, di rallentare la nostra corsa quotidiana, come sembra imporci la società, potremmo forse trovare la risposta ai tanti interrogativi che costellano la vita di ciascuno.

Infatti, in quest’epoca, sempre disposta ad ascoltare ciò che la circonda e pronta e disponibile ad accettare quello che i media e i vari social, attraverso i vari canali propongono (spesso con messaggi privi di valore e modelli effimeri), sembra non percepire più la voce dell’uomo e resta così nascosto quanto di bello ed infinito l’uomo stesso ha nel proprio cuore.

“L’uomo si fugge, perché si teme” osservava il filosofo francese Blaise Pascal (1623 – 1662), l’esame di coscienza deve rispondere a seria volontà di migliorarsi e perfezionarsi andandosi a confrontare proprio con ciò che fa paura a noi stessi e che crea, non di rado, dei dolorosi sensi di colpa, nei confronti degli altri e nei confronti di Dio.

Leggiamo nell’Imitazione di Cristo, un libro attribuito all’agostiniano Tommaso da Kempis (1380-1471): “Esamina attentamente la tua coscienza: rendila, per quanto ti è possibile, pura e luminosa per mezzo del sincero pentimento e dell’umile confessione dei tuoi peccati, cosicché nulla di grave tu abbia, o sappia di avere, che ti sia di rimprovero e ti impedisca di accedere liberamente al Sacramento…”.

L’esame di coscienza, quel guardarci dentro, può senz’altro aiutare ad essere consapevoli delle scelte (com’è difficile, oggi scegliere!), cercando di capire e di comprendere il vero senso della vita ad essenzialmente la profondità e l’intensità del rapporto con gli altri, con quelli che consideriamo il nostro prossimo. Bisogna avere il coraggio di mettersi in discussione.

Giovanni Crisostomo (344-407) soleva dire: “Ogni giorno, o cristiano, alla sera, prima di andare a riposo, cita a giudizio la tua coscienza, domandale conto delle opere compiute; e se in quel giorno hai fatto del male, scrutalo, rimproveratevelo anche con durezza, e fa di pentirtene”.

Questo esame può metterci in contatto diretto con Dio, avvicinarci a Lui, ritrovando in Lui un Padre misericordioso pronto ad accoglierci come figli. E proprio il tempo da dedicare a Dio, quel raccogliersi la sera, prima di addormentarci, può servire a confrontare il nostro vivere quotidiano, a farci capire se abbiamo compiuto del bene o del male: e inoltre ci offre la possibilità di rivolgerci a Dio in modo semplice e chiaro.

L’esame di coscienza è un’opportunità per una crescita personale e spirituale, è un momento di introspezione per valutare la propria condotta morale, riconoscere eventuali errori o mancanze e cercare di migliorarsi incoraggiando il pentimento, il perdono e la riconciliazione.

Scriveva in uno dei suoi tanti libri, il popolare francescano dell’Antoniano di Bologna, P. Gabriele Adani (1927-1933) autore negli anni sessanta della rubrica radiofonica “Un minuto per te”: “Ogni giorno è formato da ventiquattr’ore, ogni ora è divisa in sessanta minuti. Ogni giorno abbiamo a disposizione mille quattrocento quaranta minuti. Possiamo viverli come ci pare…Ogni giorno che s’affaccia è un regalo dell’Onnipotente. E’ poco ringraziarlo regalandogli almeno un minuto ogni giorno. Potremo così riparare alle nostre assurde dimenticanze… e per noi rimarranno mille quattrocento trentanove minuti. Non sono forse abbastanza?”.