Testimonianza dal cuore di Gaza: l’intervista al direttore della Caritas George Anton

L'intervista a George Anton, direttore della Caritas a Gaza, rifugiato nella chiesa con altre 180 persone: "Dio non ci lascerà mai soli"

Nel cuore di Gaza c’è una piccola chiesa che ricorda il passaggio di Gesù, Giuseppe e Maria in fuga dalla furia di Erode il Grande, il re che voleva la morte di quel bimbo che gli avevano detto essere il “Re dei Giudei”. Sappiamo poi come andò a finire dal racconto nel Vangelo di Matteo: Erode, furioso per il tradimento dei Magi e ossessionato dal proposito di uccidere il piccolo Re, scatenò i suoi soldati contro i neonati di Betlemme. È l’episodio conosciuto come la Strage degli innocenti.

Stamattina l’IDF – l’Esercito israeliano – ha invitato tutti i residenti di Gaza City a evacuare entro 24 ore le proprie case e spostarsi a Sud, nell’area meridionale del fiume Gaza. “I terroristi di Hamas – è scritto nel messaggio inviato dai militari – si nascondono a Gaza City. Ai residenti di Gaza: trasferitevi a Sud per la vostra sicurezza personale e per quella delle vostre famiglie, prendete le distanze dai terroristi di Hamas che vi usano come scudo umano”. Un messaggio drammatico. Nel territorio indicato dall’esercito vivono oltre un milione di persone, è il centro della città di Gaza; la Striscia è uno dei luoghi più densamente popolati al mondo – il doppio di Roma – e la frontiera sud con l’Egitto è chiusa. Gli abitanti di Gaza non sanno dove scappare. Le scuole dell’ONU sono stracolme, mancano approvvigionamenti di cibo e medicine, non c’è energia elettrica, l’acqua si ottiene da pochi pozzi. Le migliaia di persone che da stamattina si stanno dirigendo verso sud non hanno un luogo dove rifugiarsi e pertanto diventeranno sfollate.

Oggi a Gaza ci sono migliaia di famiglie che stanno scappando. Anche loro – come la Sacra Famiglia – vorrebbero andare in Egitto, ma non possono perché le frontiere sono chiuse. E così, in quella Chiesa, l’unica parrocchia cattolica di rito latino all’interno della Striscia di Gaza, stanno trovando rifugio centinaia di famiglie musulmane e cristiane. Persone che finora hanno cercato riparo dai bombardamenti israeliani e adesso temono l’assedio.

Interris.it è riuscita a contattare George Anton, direttore amministrativo di Caritas a Gaza. “Noi rimaniamo nella Chiesa e non ce ne andremo mai. – ci racconta – Sia che sopravviviamo, sia che moriamo resteremo nella Chiesa di nostro Signore e Padre”. Al momento ci sono 180 persone ospiti nei locali della parrocchia – che si trova nell’area che l’Esercito ha chiesto di evacuare – ma la gente arriva sempre più. Sono momenti di angoscia; in parrocchia arrivano tanti messaggi disperati di famiglie che non sanno cosa fare.

Questa terra è nostra – continua Anton -. Siamo cattolici, ma siamo anche palestinesi e soffriamo di questa situazione. Non abbiamo più materassi e coperte. Comincia a farsi sentire la mancanza di acqua, di cibo e di carburante e abbiamo iniziato a razionarne l’uso”. Una situazione che sta peggiorando sempre più, mentre i bombardamenti proseguono giorno e notte ed il numero delle vittime aumenta di ora in ora. Nella sua attività con Caritas Anton seguiva – fino all’inizio dell’assedio – progetti in zone molto povere, dove mancano risorse e servizi essenziali, come a Rafah dove è presente un solo piccolo ospedale e dove in diversi posti manca l’acqua potabile, obbligando la gente a percorrere chilometri per andare a comprarla.

Negli anni ’60, prima della Guerra dei sei giorni, c’erano seimila cristiani a Gaza, oggi se ne contano un migliaio. Una comunità piccola ma vivace, inserita e rispettata in un ambiente così particolare. La comunità è guidata dal parroco argentino Padre Gabriel Romanelli, che però in questi giorni si trova a Gerusalemme, impossibilitato a raggiungere la sua parrocchia. Al momento degli attacchi di Hamas era fuori per partecipare all’ordinazione cardinalizia del Patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Oggi le parole che il Patriarca aveva pronunciato in una delle sue ultime visite sono di conforto. “Dio non è in Paradiso ma fra noi. La nostra fede crea qualcosa che va oltre le possibilità umane. – spiegava il Cardinale – Un segno della vostra speranza è il fatto che ogni volta che vengo c’è un bambino da battezzare”. Anche George Anton ne è convinto: “Dio non ci lascerà mai soli”.

Luca Luccitelli, capo ufficio stampa della Comunità Papa Giovanni XXIII