PROCESSO DI NAPOLI, GHEDINI: “DE GREGORIO AGI’ PER RAGIONI POLITICHE”

I voti espressi in Parlamento dall’ex senatore Sergio De Gregorio e la sua linea politica non sarebbero “correlati a pagamenti da parte di Berlusconi”. Lo ha sottolineato stamattina in udienza a Napoli Niccolò Ghedini che, assieme a Michele Cerabona, difende l’ex premier nel processo di Napoli sulla presunta compravendita di senatori. Secondo i legali mancherebbero elementi che possano suffragare le tesi dell’accusa. In altre parole, per Ghedini non vi sarebbe la prova per sostenere che De Gregorio abbia “asservito” la sua funzione di parlamentare in cambio di soldi. A tale proposito l’avocato ha citato una serie di testimonianze rese in aula da vari esponenti politici. “Nessuno ci viene a dire – ha affermato – che De Gregorio votava per ragioni di denaro, ma ci dicono che lo faceva per ragioni politiche”.

Ghedini ha infatti ricordato che De Gregorio si e’ sempre sentito legato all’area del centrodestra anche quando si era candidato ed era stato eletto nelle fila dell’Italia dei Valori e che per lui il riavvicinamento al centrodestra, come precisò lo stesso De Gregorio, fu “un ritorno a casa”. Ghedini ha evidenziato, a titolo di esempio, che quando De Gregorio votò in Aula contro la legge Finanziaria il suo fu un voto “convinto” e dettato da ragioni politiche. De Gregorio – secondo l’accusa – avrebbe ricevuto da Berlusconi e Forza Italia tre milioni di euro, di cui uno sotto forma di finanziamento al suo movimento “Italiani nel mondo” e gli altri in contanti attraverso l’intermediazione di Valter Lavitola, anch’egli imputato nel processo in corso davanti al Tribunale di Napoli.

De Gregorio è uscito dal processo dopo aver patteggiato la pena a un anno e otto mesi di reclusione. Ghedini ha affermato che pur dando per buona l’ipotesi del pagamento in contanti “non c’è la prova di dove vengano tratti quei due milioni, manca ovvero la prova relativa alla provvista”. Quanto alle questioni di diritto, in relazione all’ipotesi di corruzione Ghedini ha messo l’accento sul fatto che “il parlamentare non è un funzionario pubblico”.