TAIWAN: UN DEPUTATO INVITA IL DALAI LAMA E PECHINO MINACCIA RIPERCUSSIONI

Un deputato di Taipei ha invitato il Dalai Lama a visitare Taiwam per una serie di conferenze di carattere religioso suscitando le ire della Cina. Freddy Lim – del Partito democratico progressista, oggi al governo di Taiwan – durante il consiglio municipale ha esteso al leader del buddismo tibetano l’invito a visitare il suo Paese per tenere un ciclo di insegnamenti. Lim è noto per le sue critiche al regime comunista cinese, ma il suo assistente Kenny Chang ha chiarito che l’invito “nasce dal desiderio di condividere la sua filosofia religiosa” e non per un attacco politico a Pechino. Il ministro taiwanese degli Esteri, David Lee, ha chiarito che, se il Dalai Lama dovesse accettare l’invito, “si seguiranno le procedure opportune”.

L’arcipelago di Taiwan, o Formosa, è uno Stato de facto costituito dal gruppo di isole dinanzi alla costa cinese. Non è riconosciuto né dalla Cina (che vi si riferisce come “provincia separatista di Taiwan”) né dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu e da molte Nazioni Ue.

A dir poco rovente la reazione di Pechino all’invito del premio Nobel per la Pace a Taiwan. Il Dalai Lama, ha dichiarato il portavoce dell’Ufficio cinese per gli Affari di Taiwan, Ma Xiaoguang, “è un lupo vestito da monaco che, con la sua cricca di indipendentisti e di terroristi, cerca di destabilizzare la Cina e staccarne il Tibet. Ma noi non resteremo a guardare: chiunque lo sostenga è un nostro nemico”. Formosa, per la sua vicinanza geografica e storica con la Cina, intrattiene saldi rapporti commerciali col gigante comunista. Da parte sua, Pechino ha sempre cercato di evitare viaggi all’estero del capo della “setta dei berretti gialli”. Il portavoce Ma, in conferenza stampa, ha definito lo scopo degli incontri religiosi “una scusa” e promesso “conseguenze gravissime” sullo Stretto di Taiwan.

Al momento il XIV Dalai Lama si trova in Europa per una serie di conferenze. Nel corso del viaggio Tenzin Gyatso visiterà Belgio, Lituania, Francia e anche l’Italia (a Milano il 21 e 22 ottobre prossimi). Nonostante le accuse cinesi, egli è il primo dei “maestri spirituali” tibetani ad aver rinunciato ad ogni potere politico – oggi in mano al governo tibetano in esilio in India – e ha sempre invitato i suoi fedeli a non cercare l’indipendenza, limitarsi a chiedere autonomia linguistica e culturale, e condannando le auto-immolazioni perché contrarie alla “sacralità della vita”.