Crollo demografico, il dramma di un'Italia senza figli

Non accenna a fermarsi il crollo delle nascite in Italia. Un tonfo senza precedenti nella storia della Repubblica e che, considerato alla luce di tutto il periodo unitario della nostra nazione, può essere paragonato solo con il biennio 1917-1918, epoca flagellata sia dal momento più acuto della Prima Guerra Mondiale sia dai drammatici effetti dell’epidemia di ‘spagnola’. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat rivelano che con 439.747 bambini nati, 18mila in meno rispetto all'anno precedente, il 2018 ha fatto segnare un nuovo record negativo, con quasi 140mila nascite in meno rispetto agli standard di dieci anni fa. Il saldo che con i decessi è ampiamente negativo, visto che nel 2018 si sono registrati 636mila decessi, 13mila in meno del 2017 (-2,1%).

Calo preoccupante

Quello che allarma particolarmente l’istituto nazionale di statistica è il calo dei primi nati, ridotti a 204.883, in calo di 79mila unità rispetto al 2008. Altro aspetto significativo è il numero medio di figli per donna che scende ancora attestandosi a 1,29. Nel 2010 era 1,46. Quest’ultimo dato è particolarmente grave, perché mentre la diminuzione del numero complessivo dei nuovi nati è attribuibile anche al calo delle donne in età fertile – visto che la serie negativa di nascite prosegue da diversi decenni con conseguente invecchiamento della popolazione – il tasso di fertilità medio riflette un’immediata diminuzione della propensione a fare figli.

Stati generali della natalità

Le cause della denatalità vanno ricercate in altri fattori, come l’aumento dell’età media alla nascita del primo figlio che raggiunge i 31,2 anni nel 2018, quasi un anno in più rispetto al 2010. Diminuisce poi il contributo alla natalità dei cittadini stranieri. I bambini nati da genitori entrambi non italiani sono 65.444 nel 2018 (14,9% sul totale dei nati), quasi 2.500 in meno rispetto al 2017. Difronte al deserto delle culle vuote tornano ad alzarsi le voci delle associazioni pro-family italiane. Gigi De Palo, presidente del Forum della Famiglie, parla di dato terribile e annuncia che nei prossimi mesi il Forum organizzerà gli Stati generali della natalità, ai quali saranno invitate “tutte le realtà rappresentative del Paese per riflettere e fare fronte comune contro questa peste bianca”.

Il Salva-famiglie

“Continuano a diminuire i nati in Italia, ma il problema era il nostro Congresso di Verona. Oggi ai pentastellati Di Maio e Spadafora, che tante polemiche hanno sollevato contro quello che è stato un dibattito a 360° su natalità e famiglie, vorremmo fare una domanda: cosa avete fatto e state facendo per fermare il declino?”, hanno detto Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente di Pro Vita & Famiglia. “Noi rilanciamo – hanno aggiunto Brandi e Coghe – quanto proposto come Congresso delle Famiglie: un Fondo Salva-famiglie in particolare nei confronti dei nuclei disagiati, dei disabili, di chi ha problemi reali. Questi sono i veri Fondi Salva-Stati, altro che Mes”.

Danno al tessuto sociale

Chiede aiuti per la natalità e programmi di conciliazione lavoro-famiglia anche il presidente del Family Day, Massimo Gandolfini, mettendo inoltre l’accento sulla questione culturale: “Siamo altresì convinti che serve anche un cambio di paradigma culturale, per mettere in luce la bellezza della famiglia; la necessaria custodia della fertilità dei più giovani, che sempre più spesso sono costretti a rimandare la programmazione di un figlio, e il valore della vita umana nascente”. “Un paese sterile – prosegue Gandolfini – non porta solo danni all’economia e al sistema previdenziale ma alla tenuta stessa del tessuto sociale italiano, che vede nella famiglia il nucleo fondamentale della sua antropologia e della sua capacità di intessere relazioni umane di stampo solidale”.

Per un’analisi delle tendenze che emergono dal rapporto dell’Istat, InTerris ha intervistato il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Gian Carlo Blangiardo.

Presidente quali dati ci devono preoccupare maggiormente?
“Particolarmente significativa è la diminuzione assoluta del numero dei primogeniti. E’ un elemento che sorprende perché, malgrado il calo complessivo delle nascite, al primo figlio non rinunciava quasi nessuno, almeno quello veniva cercato e messo al mondo. Ora invece c’è un preoccupante segnale di allungamento dei tempi della prima maternità, si comincia a rinviare anche la nascita del primo figlio”

La diminuzione della fecondità delle donne straniere si spiega anche dal punto di vista culturale?
“Certamente, c’è un discorso di adattamento ai modelli e alle condizioni della realtà italiana. La loro propensione ad essere più aperte alla maternità diminuisce molto in fretta con la permanenza in Italia”.

Gli aiuti economici sono fondamentali ma non incidono così tanto senza vincere la sfida culturale, è d’accordo?
“Ci sono pochi dubbi sul fatto che il fenomeno della denatalità dipenda anche da profonde motivazioni culturali e che si debba dare maggiore centralità all’istituto della famiglia. Ci auspichiamo che questo possa avvenire al più presto”.

Sul fronte pratico quali sono le motivazioni principali che disincentivano la messa al mondo di un figlio?
“Costi, cure e difficoltà di conciliazione tra famiglia e lavoro”.

Le culle vuote quali ripercussioni hanno sul sistema economico?
“In termini immediati vengono colpiti servizi e attività produttive che si basano sul mercato per l’infanzia. Nel lungo periodo si alimentano processi di invecchiamento con conseguenze pesantissime dal punto di vista del welfare e della sanità”.

E’ sostenibile tutto questo?
“Non è sostenibile in rapporto agli equilibri classici che abbiamo costruito da numerosi decenni, bisognerebbe fare un grande cambiamento per trovare nuovi equilibri”.