Cottarelli: “Le imprese hanno bisogno di certezze sul taglio delle tasse”

Stabilità e certezze. Ecco ciò che serve alle imprese italiane”. A lanciare l’allarme è uno degli economisti italiani più autorevoli a livello mondiale. Carlo Cottarelli si è formato alla London School of Economics e ha occupato posizioni di massima responsabilità al dipartimento monetario e settore finanziario del servizio studi della Banca d'Italia e al Fondo Monetario internazionale, come vicepresidente prima del dipartimento europeo, e poi del dipartimento strategia, politica e revisione. E’ stato con il governo Letta commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica (la spending review sui costi degli enti pubblici, delle pubbliche amministrazioni e delle società controllate) e subito dopo direttore esecutivo nel Board del Fondo Monetario Internazionale. Un anno e mezzo fa  aveva ricevuto l'incarico dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella di formare un governo tecnico.

Bilancio europeo

L’economia dell’Eurozona è in frenata e la crescita italiana è vicina allo zero. “La politica monetaria non è in grado di fare tutto – dichiara Cottarelli a Quotidiano.net -. La cosa che manca davvero è una politica di bilancio europeo, che sostenga l’economia del continente nei momenti di rallentamento. Invece, il bilancio europeo oggi è vincolato al pareggio e così non si può finanziare un programma di investimenti a livello comune con l’emissione di eurobond, che è quello che servirebbe”. Con una crescita economica praticamente ferma, la relazione tra il debito e il pil italiano aumenterà secondo le stime della Commissione a causa della lievitazione del debito che in termini assoluti oggi è pari a 2322 miliardi e che nel 2020 potrebbe diventare addirittura 2435,7 miliardi di euro. Rispetto a quello dell’intera Europa a 28 Stati, che ammonta a 12814 miliardi, si tratta di una fetta consistente. “Se poi il paragone viene fatto con gli altri cinque Paesi che hanno vissuto una crisi del debito la situazione delicata dell’Italia è particolarmente evidente – evidenzia l’Agi -. Il nostro debito pubblico è quasi sette volte più grande di quello della Grecia, considerata il malato d’Europa, undici volte di quello dell’Irlanda, nove del Portogallo e quasi il doppio della Spagna. Tuttavia, non è la quantità totale del debito a costituire di per sé il problema quanto, come si è spiegato, la sua entità in rapporto al Pil”. Quello che preoccupa i mercati (ai quali l’Italia è profondamente legata in termini di debito) è l’effettiva capacità di un paese di ripagare gli investitori. Per questo, paesi come la Germania, che in assoluto ha un debito pubblico che supera i 2000 miliardi, non preoccupano perché, nello specifico, la Germania ha un rapporto debito-pil pari al 55.6%, un numero che conferma le aspettative fiduciose degli investitori nella solvibilità del debito sovrano tedesco

I fattori che penalizzano la produttività

Alla convention di Confapi, la confederazione italiana della piccola e media industria, il direttore dell'Osservatorio sul debito dell'Università Cattolica, Carlo Cottarelli avverte che “le imprese hanno bisogno di certezze, di stabilità e non possono pensare che oggi si tagliano le tasse e domani aumentano''. Secondo Cottarelli “insieme alla riduzione del peso fiscale occorre intervenire su altri due fronti: la burocrazie e la lentezza giudiziaria. Sono questi i fattori principali che incidono negativamente sulla crescita della produttività che, negli ultimi 20 anni è aumentata dello 0,1% l'anno rimanendo, in pratica, quasi piatta”. Per Cottarelli, riferisce Adnkronos, è “una priorità tagliare tasse, ma il problema è come finanziarle: non possiamo farlo in deficit non solo per il problema del debito pubblico ma di credibilità''. Tagliare le tasse aumentando l'indebitamento ''vuol dire prendere i soldi a prestito, quindi a qualcuno potrebbe venire in mente che quelli che hanno prestato i soldi poi li vorranno avere indietro e, quindi, le tasse dovranno salire di nuovo''. Occorre dunque “trovare delle risorse 'credibili'' che posso essere solo due: riduzione dell'evasione e risparmio della spesa”.

La spada di Damocle del debito pubblico

Per considerare eventuali fragilità o debolezze di un paese è rilevante sapere anche chi detiene quel debito. “Nel caso dell’Italia, chi possiede quel debito è soprattutto il mercato: questo implica una maggiore dipendenza dagli investitori e, quindi, un maggior rischio di rifinanziamento – sottolinea l’Agi -. Rischio che invece risulta attenuato nel caso in cui questo debito sia maggiormente in mano al settore istituzionale europeo”. Prometeia, società di consulenza, ricerca economica e sviluppo software ha elaborato uno studio che scompone il debito pubblico di alcuni paesi dell’Eurozona, ovvero Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e, appunto, Italia dal dicembre 2004 al giugno di un anno fa. Questi paesi sono quelli che, nel 2010, furono maggiormente toccati dalla crisi del debito sovrano che colpì l’Eurozona. Lo studio evidenzia la parte di debito detenuta da un lato dalle banche centrali e dal settore istituzionale europeo e sovranazionale (istituzioni come Bce, Fmi e Esm, European Stability Mechanism) e dall’altro lato dagli operatori privati, nazionali ed esteri. “Quello che emerge è che in questi paesi, soprattutto dopo la crisi del debito, l’ammontare di titoli pubblici detenuti dal settore ufficiale europeo e nazionale è molto rilevante, anche se molto diverso da paese a paese- osserva l’Agi-. Dopo la crisi, Grecia, Portogallo e Irlanda dipendono fortemente dalle istituzioni europee, con il settore privato che risulta minoritario, in certi casi marginale. Discorso diverso per Italia e Spagna, dove secondo l’analisi di Prometeia“le istituzioni europee detengono una quota minoritaria di debito sovrano: la maggior parte dei titoli pubblici è detenuta, infatti, dal mercato”. In termini di Pil, si tratta dell’80% circa (60% in termini di debito complessivo), suddiviso tra il 53% in mano a operatori italiani e il 27% in mano a operatori esteri. Rispetto al triennio 2013-2015 la quota di debito italiano in mano al mercato è leggermente calato, soprattutto per una contrazione legata agli investitori esteri e a un aumento di acquisizione del debito soprattutto da parte della Banca d’Italia. Ciò non toglie che il settore privato rimane ancora nettamente maggioritario nel detenere il nostro debito rispetto a istituzioni europee e banca centrale. “I titoli di debito pubblico, proprio come le azioni, possono essere liquidati velocemente, generando brusche oscillazioni nei prezzi e, quindi, nei rendimenti. Conoscere la composizione di chi detiene titoli sovrani è quindi utile a valutare la vulnerabilità degli Stati dovessero cambiare le preferenze degli investitori, nazionali ed esteri”, spiega Prometeia.

Andamento allarmante

Con il 181,1% la Grecia detiene il rapporto debito-pil più alto tra questi cinque paesi dell’eurozona. Seguono a netta distanza l’Italia (132,2%), il Portogallo (121,5%), la Spagna (97,1%) e infine l’Irlanda (64,8%) che è riuscita a ridurre visibilmente la relazione dal 2013 a oggi. “Per farlo le strade sono due: o agire sul numeratore, cioè ridurre la quantità di debito attraverso dei tagli alla spesa o l’aumento delle imposte, oppure incrementare il prodotto interno lordo che è al denominatore puntando al fattore crescita – sottolinea l’Agi -. Secondo la Commissione europea che ha redatto le previsioni macroeconomiche di ciascun Paese dell’area euro, l’Italia non sta portando avanti delle politiche in grado di incidere positivamente sul rapporto debito-prodotto interno lordo (pil)  in entrambe le direzioni. Se non dovessero esserci degli aggiustamenti in corso attraverso una manovra correttiva o una congiuntura maggiormente favorevole all’economia del Paese, l’aumento del rapporto debito-pil consisterà in 1,5 punti percentuali sia nel 2019 sia nel 2020”. L’andamento preoccupa perché è in controtendenza rispetto a quello di Irlanda, Spagna, Portogallo e perfino della Grecia, che appunto secondo le stime di Bruxelles taglieranno il rapporto nei prossimi due anni. In dettaglio, la Spagna lo ridurrà dell’1,4%, il Portogallo del 4,9%, l’Irlanda dell’8,9% e la Grecia del 12,2%. Questo è uno dei motivi per cui i l’Italia è finita sotto la lente delle istituzioni europee negli ultimi mesi, fino a spingere la Commissione europea ad aprire alla possibilità di una procedura di infrazione per debito eccessivo.