L’altruismo di Flavia illumina gli ultimi in Costa d’Avorio

Il progetto "Una buona semina" delle Acli bresciane e di Mandacarù per ricordare Flavia Bolis si sta realizzando grazie alla generosità di molte persone

Il progetto denominato “Una buona semina” è stato lanciato dal Coordinamento Donne delle Acli di Brescia e dall’associazione Mandacarù con l’obiettivo di ricordare Flavia Bolis, già presidente del Coordinamento, collaboratrice di Cuore Amico, nonché corrispondente giornalistica deceduta nel novembre 2017 a seguito di una malattia. Flavia era profondamente votata all’altruismo ed il suo sogno era quello di aiutare la popolazione in difficoltà della Costa d’Avorio attraverso l’edificazione di un centro dialisi e di un adiacente laboratorio galenico. Interris.it, in merito alla realizzazione di questo progetto, ha intervistato la Dott.ssa Daniela Del Ciello membro del Coordinamento Donne Acli di Brescia e il Dottor Pino Pellegrino, marito di Flavia e farmacista impegnato in prima persona nella realizzazione di questo progetto.

La preparazione dei farmaci nel laboratorio galenico (immagine Acli bresciane)

L’intervista

Dottoressa, come nasce e si sviluppa il progetto “Una buona semina”?

“Nasce nell’arco dell’anno 2019 da un’idea del Coordinamento Donne delle Acli di Brescia per dedicare un’attività alla memoria di Flavia che è stata, fino alla sua morte, la nostra coordinatrice. Inizialmente si è pensato ad un evento per ricordarla ma, durante i nostri successivi incontri, proprio perché conoscevamo bene Flavia, abbiamo pensato che sarebbe stato più rispondente alla sua natura, non fare un evento celebrativo – che comunque ci avrebbe fatto molto piacere fare, visto tutto ciò che ha fatto dentro e fuori dalle Acli – ma di fare qualcosa che portasse a dei frutti come tutto ciò che lei aveva fatto in vita. Successivamente abbiamo deciso di non fare questo progetto da soli ma di coinvolgere l’associazione Mandacarù perché era una delle altre realtà con cui Flavia svolgeva volontariato. La stessa ha accolto con favore la nostra idea e tutte insieme abbiamo pensato ad un modo per dar vita a qualcosa che potesse dare attuazione ai sogni di Flavia invece che celebrarla solo a parole. Il contributo di Acli e Mandacarù, una volta pensato il progetto, è stato quello di raccogliere i fondi per la sua attuazione che viene portata avanti da Pino Pellegrino, marito di Flavia, farmacista e volontario. Il progetto è stato presentato nel novembre 2019, in un momento in cui diverse personalità hanno ricordato Flavia ed è stata lanciata la raccolta fondi per lo stesso. Purtroppo, la pandemia ha rallentato l’attuazione del progetto ma, il 3 settembre 2021, Pino è potuto tornare in Africa e il progetto sta prendendo forma attraverso l’insediamento del laboratorio”.

Quali obiettivi si pone questo progetto e in che modo chi lo desidera può contribuire alla sua realizzazione?

“Gli obiettivi sono: l’apertura di un centro dialisi e di un laboratorio galenico in Costa d’Avorio in quanto, diverse patologie che qui sono facilmente curabili, lì non lo sono per mancanza di farmaci e attrezzature. Abbiamo un Iban dedicato per la raccolta fondi per far proseguire quest’opera. La nostra idea è quella di proseguire nella raccolta fondi per ricordare Flavia e continuare il progetto”.

Dottore, in che modo si sta realizzando il progetto?

“Flavia era sempre propensa all’aiuto verso i paesi poveri ed in particolare dell’Africa, il suo sogno era quello di realizzare un progetto sanitario in Costa d’Avorio. L’ospedale ove si realizza il progetto viene realizzato in una struttura sanitaria, ubicata nel villaggio di Oghlwapo, sessanta chilometri a sud della capitale Abidjan. Dopo aver visionato gli ospedali locali con la nefrologa Linda Gammaro, abbiamo preso contezza del fatto che ci sono parecchi giovani con patologie renali, in particolare insufficienza renale. Nelle strutture sanitarie locali il costo di una seduta di dialisi in privato va dai 100 ai 250 euro e non è abbordabile per la popolazione residente. L’obiettivo del progetto è quindi quello di cercare di dializzare più persone possibili e dare la speranza di condurre una vita il più normale possibile a costi sostenibili. Un altro problema che si è presentato in loco è la presenza dei farmaci per quelle patologie, una decina vanno ricercati sul mercato con enorme difficoltà. Per questo abbiamo abbinato – per la prima volta in un progetto – la dialisi con il laboratorio galenico per la produzione di farmaci ad hoc, specifici per ogni persona che si sottopone alla dialisi in quanto gli stessi hanno bisogno di farmaci sia prima ma anche durante e dopo la dialisi”.

Quali auspici vi ponete per il futuro del progetto?

“A novembre abbiamo avviato il laboratorio galenico e formato due persone locali, uno ha sempre lavorato nel settore farmaceutico e l’altro gestisce la farmacia dell’ospedale quindi, il personale tecnico, è già pronto per svolgere questo compito. Abbiamo individuato delle stanze apposite per ospitare le attrezzature e – tra febbraio e marzo – abbiamo in previsione di far partire con tutte le attrezzature, tra cui un impianto di osmosi e dieci macchine per dialisi che ci hanno donato. Entro l’anno, Covid-19 permettendo, auspichiamo di cominciare l’attività a pieno regime”.