Mof: il meglio della scuola finlandese unito alla tradizione pedagogica italiana

L’intervista di Interris.it alla dirigente scolastica dell’Istituto omnicomprensivo “Della Rovere” di Urbania sulla sperimentazione modello organizzativo finlandese

© Istituto omnicomprensivo

Un mese fa la lettera della mamma finlandese critica nei confronti del sistema scolastico italiano, tanto da lasciare il nostro Paese con tutta la famiglia, ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della scuola e del suo modello didattico. In un contesto complessivo non facile per l’istruzione italiana, con la dispersione scolastica esplicita – cioè l’abbandono precoce degli studi – in diminuzione (dal 17,8% al 13,1%) ma ancora al di sopra della media europea (10%), e quella implicita, cioè la carenza delle competenze di base rilevate dalle prove nazionali Invalsi. Un sistema educativo a lungo considerato tra i migliori al mondo nelle indagini internazionali Pisa-Ocse (rispettivamente Programma per la valutazione internazionale degli studenti e Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), seppure con studi che negli ultimi anni ne evidenziano i primi segni di difficoltà, è stato proprio quello della Finlandia, il Paese di origine della famiglia scandinava che ha messo nero su bianco in un post social quello che riteneva non andasse nella scuola italiana. Un sistema, quello finnico, che ha trovato un modo proprio per applicare le indicazioni della pedagogia mirando a un’educazione equa e di qualità. Nonostante il panorama scolastico del nostro Paese, che pur vanta un’importante e illuminata tradizione pedagogica, sia differente c’è chi ha scelto di guardare al di fuori dei confini nazionali per provare a cambiare la didattica italiana. Interris.it ha intervistato la dirigente scolastica dell’Istituto omnicomprensivo “Della Rovere” di Urbania, in provincia di Pesaro-Urbino, Antonella Accili, che da circa un decennio sperimenta quello che chiama il “modello organizzativo finlandese”, che unisce il meglio del sistema del nord europeo con la normativa italiana e a nostra tradizione pedagogica.

© Istituto omnicomprensivo “Della Rovere”

L’intervista

In cosa consiste il modello organizzativo finlandese?

“Innanzitutto ci tengo a specificare che non è ‘la scuola finlandese presa in toto’ e trasferita in Italia. Ci sono differenze sociali, economiche, di politica scolastica, di formazione dei docenti e di status sociale e lavorativo degli stessi profondamente diversi tra i due Paesi. Ho preso, dopo un’attenta analisi, i punti di forza della scuola finlandese e li ho armonizzati con la normativa italiana e con quella parte della nostra grande tradizione pedagogico-didattica che spesso è più seguita all’estero che in Italia. Ne è emerso  il modello organizzativo finlandese (mof), incentrato sulla compattazione oraria, sulla full immersion nei vari argomenti che vengono affrontati, sul superamento della stratificazione dei saperi che è l’anello debole della scuola italiana, lezioni plurifasiche con vari approcci metodologici e laboratoriali per il medesimo argomento per arrivare in modo naturale a tutti gli stili e canali di apprendimento dei ragazzi, valorizzazione dei talenti, clima sereno e produttivo, pause strategiche di relax nella compattazione oraria e diminuzione dei compiti a casa per riportare la centralità formativa sui docenti e non con deleghe alle famiglie spesso in difficoltà”.

Quando e com’è partita questa sperimentazione?

“Una decina di anni fa, ma prima ho lavorato tanto su me stessa come docente. Il nucleo embrionale risale a circa diciotto anni fa, quando ho cominciato a rendermi conto che o ‘cambiavo sistema’ o avrei perso molti ragazzi e avrei trovato sempre più problemi nella gestione delle classi”.

© Istituto omnicomprensivo “Della Rovere”

Ci descrive una “giornata tipo” a scuola, che clima si respira in classe?

“A scuola i bambini, i ragazzi, stanno bene, si sentono valorizzati e compresi. Producono loro il materiale che serve alle lezioni e nei laboratori, così limitiamo l’uso di quello omologato e standardizzato. Le aule delle primarie e delle medie diventano veri e propri quaderni operativi dove si valorizzano i talenti e si promuove l’autonomia nel lavoro e nello studio. Alla primaria si lavora tutto il giorno in modalità diversa sullo stesso argomento, in full immersion, alle medie e alle superiori abbiamo poche discipline al giorno da affrontare, al massimo due o in casi eccezionali tre, riducendo notevolmente il carico di lavoro a casa”.

Cos’è la didattica cooperativa?

“L’apprendimento cooperativo è un metodo di insegnamento che fa leva sulla risorsa di gruppo e prevede la trasmissione del sapere non da insegnante ad alunno, ma da alunno ad alunno attraverso lo scambio di conoscenze e la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nel meccanismo. Tale meccanismo lega i soggetti in un gioco di interdipendenze che non consente di sottrarsi al lavoro comune. L’apprendimento cooperativo struttura quindi un contesto educativo fortemente collaborativo – senza però escludere eventuali momenti di confronto e/o competizione – entro il quale gli studenti, organizzati in piccoli gruppi, possono affrontare con buone possibilità di successo compiti complessi, sfidanti e reali che richiedono processi cognitivi di livello più elevato. L’insegnante assume un ruolo di facilitatore e organizzatore delle attività, strutturando ‘ambienti di apprendimento’ in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di problem solving ‘di gruppo’, conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti. Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi, si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo.  Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca e soprattutto l’esperienza dimostrano che gli studenti possono anche lavorare insieme senza però trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento”.

© Istituto omnicomprensivo “Della Rovere”

Cosa cambia tra i compiti a casa e le attività di consolidamento degli apprendimenti?

“Non c’è assolutamente paragone. I compiti a casa vengono spesso non fatti, condivisi su Whatsapp, scopiazzati sul pullman al mattino o aprono conflitti in famiglia quando i genitori devono assistere i figli nello svolgimento degli stessi senza averne tempo o soprattutto competenze didattiche. Non parliamo poi del problema delle lezioni private. Con la full immersion e la didattica plurifasica si lavora così tanto su un argomento e in tante modalità diverse che diventa inutili dare compiti”.

Quali risultati didattici e “umani” registrate?

“Dopo qualche anno di lavoro col mof si registrano miglioramenti nei risultati Invalsi, nella diminuzione degli insuccessi scolastici, nella diminuzione delle assenze: gli studenti vengono a scuola volentieri e ci stanno bene, aumenta la loro affettività verso la scuola e si ha vera inclusione”.

© Istituto omnicomprensivo “Della Rovere”

 

Da quando ha iniziato la sperimentazione, quante altre scuole vi hanno seguito?

“Siamo a un centinaio di scuole, da Domodossola e Valle d’Ossola fino a Capo d’Orlando in Sicilia. Ma sono contattata ogni giorno da scuole e anche da molti genitori che lamentano la didattica vecchio stampo e chiedono di parlare con me e dove possano trovare scuola mof”.