Moody’s taglia l’outlook italiano a negativo. Il Mef non ci sta: decisione opinabile

Per il Mef è una decisione opinabile: "Le condizioni economiche dell'Italia non giustificano tale orientamento"

L’agenzia Moody’s rivede al ribasso le prospettive dell’Italia a negativo da stabile. Lo afferma l’agenzia in una nota confermando il rating Baa3. “La fine del governo Draghi e elezioni anticipate del 25 settembre 2022 aumenta l’incertezza politica” in un contesto difficile, afferma Moody’s spiegando il perché del cambio a negativo delle prospettive sul rating italiano. “L’Itala ha forti incentivi a rispettare i termini del Pnrr perché riceve i fondi solo in cambio di riforme. Inoltre il Pnrr è una precondizione di accesso” al programma Tpi della Banca centrale europea. “Anche se questi incentivi sono chiari, il futuro governo potrebbe cercare di mettere alla prova la volontà della Commissione europea e della Bce ad attuare in modo rigido” i requisiti, afferma Moody’s in una nota. “Data la struttura degli incentivi in atto, fallire negli impegni per le riforme potrebbe essere un’indicazione di un indebolimento delle istituzioni legislative ed esecutive”, aggiunge Moody’s.

La replica del Mef

La decisione di Moody’s di rivedere l’outlook sul rating assegnato all’Italia “appare opinabile”. Lo scrive il Mef in una nota. “Pur in un momento di rallentamento congiunturale e di tensioni geopolitiche a livello internazionale, accompagnato dall’incertezza relativa alle elezioni politiche del 25 settembre, le condizioni economiche dell’Italia non giustificano tale orientamento”. “Superata la fase più acuta della crisi economica causata dalla pandemia, – evidenzia il ministero dell’Economia – l’Italia ha conseguito tassi di crescita del Pil fra i più elevati dell’Unione Europea. Dopo il 6,6 per cento registrato lo scorso anno, la crescita annuale acquisita del PIL per il 2022 è pari al 3,4 per cento, superiore alle previsioni elaborate in aprile nel DEF. Nel 2021 l’indebitamento netto è sceso significativamente e in misura superiore alle attese. Nei primi sette mesi dell’anno il fabbisogno del settore statale è stato pari a 34,4 miliardi, in miglioramento di circa 45 rispetto allo stesso periodo del 2021; si è fortemente ridotto anche al netto delle sovvenzioni della Recovery and Resilience Facility (10 miliardi). Dopo essere sceso di 4,5 punti percentuali nel 2021, al 150,8 per cento, anche quest’anno il rapporto debito/PIL è atteso diminuire in misura significativa”.

A ciò si aggiungono “l’avanzamento nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (tutti gli obiettivi sono stati finora raggiunti, inclusi quelli riguardanti le riforme), l’andamento degli investimenti fissi lordi (cresciuti nel 17 per cento nel 2021 e del 13 per cento nel primo trimestre dell’anno rispetto al primo trimestre 2021. Quest’ultima dinamica dovrebbe confermarsi anche nel secondo trimestre), l’evoluzione del mercato del lavoro (l’occupazione in giugno segna un aumento dell’1,8 per cento rispetto all’anno precedente), i progressi compiuti nel conseguimento della sicurezza energetica del Paese (la percentuale di stoccaggio delle riserve di gas naturale ha raggiunto il 74 per cento e continua a crescere regolarmente)”. Il Mef ricorda anche che proprio ieri il Governo è nuovamente intervenuto per calmierare il costo dell’energia per imprese e famiglie e per sostenere le fasce più deboli della popolazione “senza modificare l’obiettivo di disavanzo pubblico fissato dal DEF per il 2022”. “L’elevato livello del debito pubblico italiano a confronto con altri paesi è già pienamente riflesso nel rating assegnato all’Italia da Moody’s. Inoltre, il peggioramento delle aspettative economiche segnalato dalle indagini congiunturali di luglio accomuna tutte le economie avanzate“, conclude Via XX Settembre.