Rohingya: interviene il Consiglio di Sicurezza Onu

Sotto accusa il Governo del Myanmar

Giorni di violenze, l’esodo di oltre 370 mila persone, un numero imprecisato di villaggi dati alle fiamme. La triste storia dei rifugiati Rohingya in Bangladesh approda al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sotto accusa il governo del Myanmar e il suo consigliere di Stato, Aung San Suu Kyi che, anche di fronte all’evidenza parla di fake news. Pramila Patten, l’inviato speciale del Segretario generale Onu sulla violenza sessuale in conflitto, afferma: "Una risoluzione del Consiglio di sicurezza che chiedesse la fine immediata delle violazioni nei confronti della popolazione civile nello stato di Rakhine e le misure per ritenere responsabili chi ha voluto tutto questo manderebbe un segnale importante. Alcuni testimoni riportarono di donne e ragazze legate a uno scoglio o a un albero prima che più soldati le violentassero letteralmente fino alla morte". La replica di Hau do Suan, ambasciatore del Myanmar presso le Nazioni Unite: "Per quanto riguarda la presunta violenza sessuale, il governo del Myanmar ha chiarito chiaramente che non condonerà alcun abuso di diritti umani. Le parole "pulizia etnica" e "crimini contro l’umanità non dovrebbero però essere usate alla leggera, senza prove concrete". Intanto l’inchiesta indipendente lanciata dalle Nazioni Unite nel marzo scorso dovrà svolgersi senza osservatori sul campo, perché il Myanmar non ha intenzione di concedere i visti d’ingresso agli ispettori.