Abbas perde consensi, superato dal leader di Hamas

Abu Mazen uscirebbe nettamente sconfitto in un eventuale confronto elettorale, valido per il vertice dell’Autorità nazionale palestinese, con il capo dell’ ufficio politico di Hamas Ismali Haniyeh. Quest’ultimo, tuttavia, sarebbe battuto se a candidarsi fosse un altro dirigente di al-Fatah, Marwan Barghouti, che sconta un ergastolo in un carcere israeliano. Questi i risultati di un recente sondaggio condotto nei Territori dall’Istituto demoscopico di Khalil Shehaki, secondo quanto riferito dal sito al-Monitor.

Secondo l’istituto questi risultati indicano essenzialmente una grande debolezza personale di Abu Mazen che nel sondaggio viene criticato al tempo stesso sia per una sua “svolta autoritaria” all’interno dei Territori, sia per una sua “cedevolezza” di fronte ad Israele. In caso di nuove elezioni legislative la posizione di al-Fatah resterebbe comunque predominante, mentre Hamas avrebbe un ruolo subalterno.

Con l’inizio del processo di riconciliazione fra Hamas ed al-Fatah – dopo una rottura durata anni – a Gaza, intanto, si torna a discutere delle pene capitali emesse nel frattempo dai tribunali locali e non ratificate – come invece richiede la legge dell’ Anp – dal presidente Abu Mazen. Dall’inizio del 2017 – scrive la stampa locale – i tribunali di Gaza hanno pronunciato 18 condanne a morte, sei delle quali sono già state eseguite.

Alla luce dei nuovi sviluppi politici due Ong che operano in difesa dei diritti civili chiedono adesso la revisione di quei processi e l’eventuale indennizzo per i familiari degli uccisi. Secondo Pchr-Gaza – che peraltro si oppone in principio alle condanne a morte – c’è infatti da chiarire se quei processi si siano svolti in maniera corretta e se non si sia fatto ricorso a sevizie. Anche la Ong al-Mezan rileva fin d’ora che sul piano formale nessuna esecuzione può più avvenire a Gaza senza una ratifica da parte di Abu Mazen.