Ucraina, il dramma dei civili del Donbass: oltre due milioni di sfollati in tre anni di conflitto

Donbass

Un dazio tremendo quello pagato dalla popolazione del Donbass (l’area dell’Ucraina orientale occupata dagli indipendentisti filorussi), travolta dalla guerra separatista iniziata nel 2014 e combattuta con la violenza tipica dei conflitti fratricidi, in questo caso esploso tra il governo centrale dell’Ucraina e le autoproclamate repubbliche popolari di Doneck (RpD) e Lugansk (RpL), sostenute dalla Russia. A farne le spese, come sempre accade, sono stati i civili, vittime dirette degli scontri armati perpetrati lungo l’intera area della regione, o costrette ad abbandonare le proprie case e a ripiegare verso zone meno coinvolte, in buona parte dei casi anche nello stesso territorio russo: secondo quanto riportato, dall’inizio delle ostilità (ormai tre anni fa), sarebbero infatti oltre 2 milioni le persone emigrate oltreconfine.

I flussi migratori dal Donbass

Altrettanto pesante, stando alle stime fornite dall’Onu, il bilancio dei morti: almeno 10 mila in 36 mesi, 3 mila fra i civili. Numeri decisamente elevati, anche considerando la minor attenzione che, negli ultimi mesi, la comunità internazionale ha rivolto verso il Donbass, al centro di una contesa che, né da un fronte né tantomeno dall’altro, sembra sulla via della risoluzione. Oltre alle continue peregrinazioni della popolazione locale verso la Russia, anche l’emigrazione interna ha toccato cifre impressionanti: a darne notizia, riportata dal quotidiano “Repubblica”, è lo stesso ministero per le Politiche sociali dell’Ucraina, secondo il quale sono oltre 1 milione e mezzo i profughi in fuga dalle zone rosse e diretti verso altre regioni del Paese. Un numero (per il momento riferito ai mesi estivi del 2016) decisamente cospicuo per una nazione che ne conta circa 43 milioni.

L’escalation di Avdiivka

L’ultimo dramma, in ordine cronologico, è l’ondata di violenza che ha colpito la città di Avdiivka, al centro di un logorante conflitto ulteriormente aggravato dai bombardamenti sui civili di fine gennaio scorso (almeno 100 razzi Grad lanciati sul principale polo industriale cittadino). Un modo per interrompere un periodo di calma apparente (e il cessate il fuoco vigente) e per rendere assai difficile la vita alla popolazione della città (di circa 22 mila abitanti), privati di luce, acqua e gas (a fronte di temperature glaciali) con tanto di richiesta di evacuazione da parte del governo di Kiev (il quale aveva già allestito una tendopoli) in seguito scongiurata. Un’escalation di violenza particolarmente acuta a cavallo dei primi due mesi dell’anno, che non ha fatto altro che accentuare una tragedia già di per sé estremamente grave (e fortemente a rischio di un’emergenza umanitaria). E, per questo, certamente meritevole di un’attenzione maggiore.