Perché scienza e diritto devono difendere insieme i diritti dei cittadini

Il tema del passaporto e della patente immuno-sanitaria fa emergere il difficile bilanciamento fra interessi e diritti costituzionalmente rilevanti: il diritto alla salute da un lato e il diritto alla libertà di circolazione dall’altra, oltre al diritto alla segretezza dei dati sensibili quali sono quelli relativi alla salute personale.

Sotto il profilo scientifico, poiché non è stata ancora dimostrata l’immunità totale e di lungo termine che i vaccini anti-Covid dovrebbero garantire, è evidente che una tale limitazione della libertà di circolazione non sarebbe scientificamente fondabile. Sotto il profilo bioetico, l’introduzione di passaporti o patenti di immunità rischia di causare una permanente forma di controllo (anche sanitario) sui cittadini, la cui portata e il cui utilizzo potrebbero ben presto andare ben oltre la semplice cautela sanitaria.

In questo senso si ricordi, per esempio, che proprio di recente il Governo cinese ha annunciato che intende mantenere i suoi sistemi di tracciamento anche dopo la fine della pandemia, con ripercussioni sulla libertà e sulla privacy dei suoi “sudditi”. Si rischia, insomma, di passare dalla violazione dei diritti umani a causa di abbandono e assenza da parte dello Stato nella gestione della pandemia, come è stato osservato in relazione alla salvaguardia della vita e della salute degli anziani durante la c.d. “prima ondata”, alla violazione dei diritti umani a causa dell’iper-presenza dello Stato nelle vite dei cittadini, col costante monitoraggio degli spostamenti.

Eventuali passaporti e/o patenti di immunità potrebbe dar vita all’eventuale discriminazione sui luoghi di lavoro nel caso di assunzioni, tramite una preferenza per quanti hanno una immunità certificata e una corrispettiva esclusione di quanti non ne hanno. Si pone anche il problema di chi dovrebbe conservare e gestire dati così sensibili, come quelli contenuti in un passaporto sanitario e di come potrebbero essere utilizzati per scopi diversi rispetto a quelli per cui sarebbero raccolti, specialmente se in formato digitale.

Del resto, appena nel 2017 il Governo italiano ha promesso di cedere a IBM i dati sanitari dell’intera popolazione italiana, così come, oltre Oceano, Google ha ottenuto i dati sanitari di 50 milioni di statunitensi senza il loro consenso.

Sotto il profilo giuridico, invece, la limitazione della libertà personale, per Costituzione, può essere prevista soltanto per brevi periodi, e soltanto dalla legge. Quindi non potrebbero essere le Regioni, o i privati come le compagnie aeree o albergatori, o ristoratori, a disporre in tale senso, ma potrebbe decidere una misura del genere soltanto il Parlamento con legge ordinaria, o l’autorità giudiziaria ricorrendo i presupposti di legge.

Si porrebbe un ulteriore profilo problematico, cioè come evitare la creazione di due “caste” distinte di cittadini, la prima composta dai cittadini in salute, vaccinati, immunizzati e la seconda dagli altri, vedendosi riconosciuta i primi la massima tutela giuridica possibile, negata invece ai secondi, se specialmente – come da taluni è stato già proposto – si intendesse escludere dalla priorità vaccinale gli anziani o altre categorie per salvare non più vite, ma più anni di vita.

Il passaporto sanitario, la patente di immunità o qualunque altro dispositivo del genere, rappresentano un pericolo per i principi e i diritti fondamentali su cui si fonda lo Stato di diritto. Sarebbe paradossale che per tutelare la salute individuale e collettiva, si dovessero sacrificare irrimediabilmente tutti gli altri diritti e tutte le altre libertà costituzionali.

Aldo Rocco Vitale,
Centro Studi Livatino