Cgia: i lavoratori under 34 sono in diminuzione

Nell'ultimo decennio il numero dei giovani lavoratori tra i 15 e i 34 anni è sceso di quasi un milione

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La Cgia denuncia che negli ultimi dieci anni il numero dei lavoratori under 34 è diminuito e non si tratta di un fenomeno che tende ad arrestarsi

Imprenditori che non trovano candidati preparati

Negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Questa contrazione nella fascia di età più produttiva della vita lavorativa sta arrecando grosse difficoltà alle aziende italiane. Molti imprenditori, infatti, faticano ad assumere personale, non solo per il problema di trovare candidati disponibili e professionalmente preparati, ma anche perchè la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si sta progressivamente riducendo. Insomma, la crisi demografica sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la rarefazione delle maestranze più giovani è destinata ad accentuarsi ulteriormente.

Sempre meno giovani

Tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “rimpiazzare” una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori. La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della Cgia.

L’impiego di extracomunitari

Diminuisce il numero di giovani italiani, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro. Un responso che emerge in maniera evidente quando ci confrontiamo con gli altri paesi europei. – scrive la Cgia – Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all‘impiego degli extracomunitari.

L’ufficio studi della Cgia nella sua analisi propone di “stabilire per legge che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese.

Se un cittadino straniero si impegna a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, al conseguimento di questi obbiettivi lo Stato italiano lo regolarizza e gli trova un’occupazione. Si tratta di un’operazione complessa e non facile da gestire, anche perchè il tema dell’immigrazione e del suo rapporto con il mondo del lavoro è molto articolato.

Rinunciare alla formazione professionale

Non solo; tutto cio’ richiede una Pubblica Amministrazione in grado di funzionare bene e con performance decisamente superiori a quelle dimostrate fino a ora. Il buon esito di un’iniziativa di questo tipo non puo’ prescindere da una ritrovata efficienza dei centri per l’impiego, altrimenti la possibilità che l’iniziativa naufraghi è pressochè certa. Grazie al coinvolgimento anche delle Camere di Commercio, dovremo accelerare il processo di avvicinamento e di conoscenza tra la scuola e il mondo del lavoro, senza dimenticare che non potremo rinunciare a un forte incremento degli investimenti sugli Its e sulla qualità della formazione professionale; materia, quest’ultima, di competenza delle amministrazioni regionali”.

La mappa del fenomeno

Gli under 34 sono diminuiti soprattutto nel Mezzogiorno: Sud Sardegna, Oristano, Isernia e Cosenza le province più colpite. Negli ultimi dieci anni la contrazione della popolazione giovanile italiana ha interessato, in particolar modo, il Mezzogiorno. – scende nel dettaglio la Cgia – In questa ripartizione geografica la diminuzione è stata pari a 762 mila unità (- 15,1 per cento). Seguono il Centro con -160 mila (-6,6 per cento), mentre al Nordovest (-1 per cento) e al Nordest (-0,5 per cento) la flessione è stata molto contenuta. A livello regionale, invece, è stata la Sardegna con il -19,9 per cento a subire la flessione più importante.

Seguono la Calabria con il -19 per cento, il Molise con il -17,5 per cento, la Basilicata con il -16,8 per cento e la Sicilia con il -15,3 per cento. A livello provinciale, infine, la realtà che negli ultimi 10 anni ha registrato la diminuzione più importante è stata la Sud Sardegna con il -26,9 per cento. Seguono Oristano con il -24 per cento, Isernia con il -22,2 per cento e Cosenza con il -19,5 per cento. In contro tendenza, invece, solo una dozzina di province. Le più virtuose sono state Trieste con il +7,9 per cento, Bologna con il +7,5 per cento e Milano con il +7,3 per cento.

Fonte: Agi