“Biblioteca del Confine”, l’incontro tra le culture nel nome del cardinal Martini

L'intervista di Interris.it a Cecilia Trotto e Chiara Mazzucco, responsabile e bibliotecaria della "Biblioteca del Confine" della "Casa della Carità" di Milano

La "Biblioteca del Confine" (© Casa della Carità Milano)

La lettura, fin dai tempi antichi, è uno strumento privilegiato per accedere alla cultura e alle fonti d’informazione. Il libro costituisce un elemento fondamentale per la partecipazione consapevole, autonoma e attiva alla vita di un paese e delle sue diverse comunità. Inoltre, il leggere, crea un confronto e una sinergia tra culture apparentemente lontane, facendo germogliare il valore dell’intercultura.

L’esempio di Milano

Nella città di Milano, presso la Casa della Carità “Angelo Abriani”, fondata su impulso del cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, e attiva da sempre nell’accoglienza e nella promozione dei valori della prossimità agli ultimi, c’è una biblioteca speciale, chiamata “Biblioteca del Confine”, che promuove il valore della lettura attraverso l’incontro tra i diversi paesi. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato Cecilia Trotto, responsabile della “Biblioteca del Confine” e la bibliotecaria Chiara Mazzucco.

Cecilia Trotto, responsabile della “Biblioteca del Confine” e la bibliotecaria Chiara Mazzucco (© Casa della Carità Milano)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi ha la ‘Biblioteca del Confine’?

“La ‘Biblioteca del Confine’ nasce con la fondazione della ‘Casa della Carità’ nel 2002. È cresciuta nel corso degli anni e, dal 2012, è intitolata al cardinale Carlo Maria Martini. L’obiettivo della biblioteca è quello di fornire un servizio duplice, da un lato interno per gli ospiti della nostra struttura, caratterizzandosi per un patrimonio di testi multilingue e interculturale, adatto alle numerose nazionalità che abbiamo ospitato e ospiteremo all’interno della fondazione. Un altro obiettivo che perseguiamo è quello di essere come una biblioteca pubblica non solamente sul territorio di Crescenzago e di via Padova, ma dell’intera città di Milano, in qualità di centro di documentazione attinente alle tematiche legate alla ‘Casa della Carità’ e una parte di pubblica lettura che, negli anni, è andata specializzandosi verso un patrimonio multiculturale, per quanto riguarda soprattutto i testi per bambini e ragazzi. Inoltre, come una biblioteca pubblica, ha al suo interno e all’esterno, una serie di progetti culturali svolti nelle scuole di Milano, dalla prima infanzia ai licei, su tutte le tematiche che riguardano i nostri ospiti.”

In che modo, in base alla vostra esperienza, la lettura favorisce l’incontro e l’inclusione fra le diverse culture?

“Una delle nostre mission è proprio quella di rendere i libri e il mondo della lettura accessibili a tutti. Ciò avviene anche attraverso i numerosi progetti pensati per e con le scuole del quartiere e sull’intero territorio della città. La ‘Biblioteca del Confine’ vuole essere un luogo fertile per creare dei legami e per aiutare i progetti di integrazione, partendo ovviamente dai libri. Questi ultimi diventano strumenti per riflettere, dialogare e scambiarsi opinioni attraverso diversi formati molto accessibili, che ci permettono di abbattere le barriere linguistiche e, in alcuni casi, cognitive. I lettori, quindi, diventano protagonisti e partecipano in maniera attiva, venendo coinvolti tutti.”

Quali sono i vostri auspici per il futuro in merito allo sviluppo della “Biblioteca del Confine’? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra opera?

“Il nostro auspicio per il futuro, al livello di attività di progetto, è l’ampliamento della rete delle scuole con cui collaboriamo e per cui svolgiamo attività di promozione della lettura. In particolare, soprattutto in riguardo ai bambini nonché ai ragazzi più giovani e a ciò che facciamo con loro, ci piacerebbe entrare in relazione con l’intera città di Milano. L’altro obiettivo è quello di poter accedere a dei finanziamenti che ci consentano di seguire meglio nella partecipazione e nella comunicazione i nostri progetti, potendo così avere, ad esempio, un documentarista o un regista che possa entrare con noi nelle scuole e all’interno del carcere di San Vittore nel quale operiamo con alcuni studenti dei licei milanesi. Vogliamo testimoniare alla città, attraverso un materiale di alto livello e qualità, le diverse attività che svolgiamo e quanto, i libri e la cultura, siamo fondamentali per creare una relazione interculturale di cui la nostra società ha estremamente bisogno. Inoltre, ci occorrono in misura sempre maggiore, dei libri in lingua straniera, ad esempio araba, spagnola, cinese e nelle diverse lingue africane, ossia le più diffuse nella nostra struttura, ma anche nel quartiere Adriano e della città. Questo ci permetterà di restituire il frutto della relazione che noi instauriamo con le persone del nostro bacino di riferimento.”