Sessant’anni di cammino ecumenico

Spezzare il pane tra fratelli per superare lo scandalo della divisione e realizzare il mandato evangelico ("Ut unum sint")

Sessant’anni anni fa l’avvio del cammino ecumenico. In occasione di questo anniversario, il Pontificio Consiglio pubblica un Vademecum ecumenico per i vescovi. “Il ministero affidato al vescovo è un servizio di unità nella sua diocesi e di unità tra la chiesa locale e la Chiesa universale, ma ha un’importanza particolare anche nell’ecumenismo“, spiega il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Responsabilità

“Il ministero pastorale del vescovo deve essere compreso in maniera più ampia rispetto all’unità della sua chiesa, poiché comprende anche i battezzati non cattolici. Nelle varie chiese locali, spetta dunque ai vescovi diocesani la responsabilità primaria dell’unità dei cristiani – continua il porporato-. Il Vademecum intende aiutare i vescovi a comprendere in maniera più approfondita e a tradurre nella pratica la loro responsabilità ecumenica. Il Vademecum è anche specialmente concepito per presentare ai vescovi appena nominati i loro compiti, consistenti nell’offrire un accompagnamento a tutti i membri della chiesa affinché possano assolvere il loro dovere di partecipare al movimento ecumenico”. Una grande gioia e un impegno costante per un cammino irreversibile, come ha ribadito Francesco ricordando la fondazione del Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, istituito 60 anni fa da San Giovanni XXIII e divenuto Pontificio Consiglio nel 1988. Tre i pilastri che, secondo il cardinale Kurt Koch, sostengono in particolar modo l’ecumenismo: il dialogo della carità, il dialogo della verità e l’adesione profonda e concorde di tutti i fedeli alla preghiera sacerdotale di Gesù, “che tutti siano una cosa sola”. Ut unum sint.  Un orizzonte quello dell’ecumenismo, che ha goduto della “grande continuità e coerenza” tra tutti i Papi. 


Contributo

Dalla fondazione del dicastero i diversi Pontefici si sono molto impegnati nell’ecumenismo. “Dovremmo essere grati che tutti i Papi che si sono susseguiti dal Concilio abbiano dimostrato un cuore aperto alla causa ecumenica e che vi sia stata una grande continuità e coerenza tra di loro“, sottolinea ai media vaticani il cardinale Koch precisando il contributo specifico di ognuno: “Giovanni XXIII era ben consapevole che il ripristino dell’unità dei cristiani è fondamentale per il rinnovamento della Chiesa cattolica. Paolo VI contribuì in modo significativo all’adozione del decreto sull’ecumenismo ‘Unitatis redintegratio’ da parte del Concilio. Egli fu un papa di grandi gesti ecumenici, in particolare verso l’Ortodossia e la Comunione Anglicana, e fu il primo papa a visitare il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Giovanni Paolo II era convinto che il terzo millennio avrebbe dovuto affrontare il grande compito di ripristinare l’unità andata persa, e ravvisò un aiuto essenziale nella testimonianza dei martiri che appartengono a Chiese diverse e che, con il dono della propria vita, hanno già vissuto l’unità. Per Benedetto XVI, l’ecumenismo, a un livello profondo, è una questione di fede e, pertanto, un dovere primario del successore di Pietro. Per Francesco è fondamentale che le varie Comunità ecclesiali percorrano insieme la via dell’unità, perché l’unità cresce cammin facendo. Anch’egli insiste inoltre sull’importanza dell’ecumenismo del sangue“.