Quella brama di potere che ci rende peccatori e bugiardi

La triste vicenda dell’ex cardinale Theodore McCarrick non finisce di sconcertarci. Pur di arrivare a occupare quel posto che tanto gli stava cuore, la sede vescovile di Washington, arrivò, a suo tempo, a mentire perfino al Papa. Tenendo sempre presente la distinzione tra il peccato che Dio odia e il peccatore che continua ad amare, tentiamo di fare qualche riflessione.

I peccati, in genere, non stanno mai da soli, ma a grappoli, intrecciati, uno chiama l’altro. Ma per quale motivo tanta gente, anche nella Chiesa, fa salti mortali per occupare posti più in vista? Siamo chiamati a servire e ovunque possiamo esercitare il nostro ministero e vivere sereni. Sempre, anche quando, carichi di anni e di acciacchi, siamo costretti a rimanere immobili, siamo indispensabili con la preghiera.

Il Papa, mercoledì scorso, proprio sull’importanza della preghiera ha tenuto la sua catechesi. Ci ha ricordato che occorre pregare sempre, anche quando « tutto sembra vano, quando Dio ci appare sordo e muto e ci sembra di perdere tempo». La preghiera ci rende umili, attenti alla volontà di Dio. Contenti sia di occupare posti di grande responsabilità sia di rimanere nell’ombra per il resto della vita. Si tratta di capire che cosa “Lui” ci chiede. Che cosa allora può spingere un cristiano – laico, prete, vescovo o cardinale che sia – a brigare, perdere la pace, mentire, pur di scalare i gradini della “carriera”? La brama del potere. La lunga lista dei peccati che assedia gli uomini, in fondo, si potrebbe riassumere nel solo peccato dell’idolatria.

L’idolatra è come se dicesse a Dio: « Per favore, fatti da parte, non mi tormentare con la tua presenza, i tuoi rimproveri, le tue richieste. So capire da solo quale strada prendere». Dal possente tronco dell’idolatria, si stagliano poi tre grandi rami: la sete del potere, dell’avere, del piacere. Tutti i guai del mondo, le guerre, le ingiustizie, le sofferenze provocate agli uomini e al creato, in un modo o nell’altro, scaturiscono da questa pianta. Purtroppo – è esperienza che facciamo tutti – dopo aver ceduto alle lusinghe bugiarde, ben presto, ci accorgiamo di essere caduti nelle mani di un tiranno che non si accontenta mai. E chiede sempre di più. Si arriva così al paradosso che, dopo una vita passata a cercarli, osannarli, incensarli, i frutti dell’albero idolatra, si rimane umiliati e a mani vuote. Perché i tiranni sono fatti così, non si saziano mai, né mai mantengono la parola data.

Ben altra cosa, nella Chiesa, è accettare di andare là dove il Signore, attraverso la volontà illuminata dallo Spirito Santo, dei superiori, ti manda. Il vero potere è servizio. Il potere per il potere annienta, distrugge. È come se per porre fine alla tua sete tu bevessi acqua di mare. Mai allontanarsi dalla fonte viva. Gesù: « Voi sapete che i governi delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuol diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Ecco, la strada è tracciata. Guai ad allontanarci da essa. Si rischia di brutto, prima su questa terra e poi nell’eternità.

Ma perché accontentarsi di servire quando la tua intelligenza, la tua cultura, le tue capacità non hanno niente da invidiare ai potenti di questo mondo? Ecco la grande sfida, la famosa “scommessa” di Pascal. Ecco la luce sfolgorante che emana da un san Francesco d’Assisi, un san Filippo Neri. Non si tratta di rinunciare a niente, si tratta, invece, di credere che per rendere veramente buono, bello, eterno il meglio di noi stessi, occorre farne un dono. E, per sua natura, il dono deve essere gratuito. In un mondo dove l’asfissiante ricerca del potere, dell’avere, del piacere sono alla base dell’ agire di tanta gente, i seguaci di Gesù dovranno essere segno di contraddizione. Non perché siano migliori dei loro fratelli in umanità, o siano esenti dai morsi della triade tirannica, ma perché hanno trovato la Fonte cui attingere l’acqua della vita.

Quanta sofferenza ha provocato Theodore McCarrick a se stesso, a chi gli voleva bene, alla Chiesa e alla fede dei piccoli. Quante persone hanno rallentato la loro corsa verso la santità o, addirittura, smarrito la strada perché turbati dalla sua condotta. Ma niente deve andare perduto di tanta sofferenza. I cristiani possono imparare dalla vita virtuosa dei giusti, degli eroi, sei santi, ma anche – per prenderne le distanze – dalla storia di chi, purtroppo, si è lasciato ingannare ed è cascato nel tranello del maligno. Soli Deo gloria.