Un biglietto di sola andata verso la Palapa

"Troppi sanno, ma nessuno parla. Si fa ancora troppo poco per queste donne". Oria Gargano, presidente della Cooperativa BeFree, racconta ad Interris.it uno spaccato di società che arriva da molto lontano e che ancora oggi fa paura

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Abusi, maltrattamenti, traffico di esseri umani e violazioni dei diritti umani. Una piaga sociale che continua a ferire la società e che non si riesce ad arginare. Queste tematiche sono analizzate e affrontate in tutti i loro aspetti e complessità da BeFree, una cooperativa sociale che esprime il propio impegno sociale contro tratta, violenze e discirminazioni. BeFree nasce nel 2007 per volontà di un gruppo di operatrici con grande esperienza nell’accoglienza e nel sostegno alle vittime di soprusi.

All’interno della cooperativa sono attivi una serie di interventi diversificati, ma tutti coerenti con un’ottica di base, improntata al valore dei diritti umani di genere, e volta al perseguimento della formazione e dell’inserimento, tanto per il target di riferimento quanto per le operatrici stesse.

L’attività trasformativa di BeFree

“Noi nasciamo dal desiderio di essere un’organizzazione complessa che gestisce centri anti violenza e case rifugio e che vuole essere anche trasformativa. Vogliamo essere agenti attivi di un cambiamento – racconta ad Interris.it Oria Gargano, presidente della Cooperativa -. Per me ogni donna che esce da una situazione di tratta o di violenza, e ne sono circa 2000 all’anno, è un tassello che si unisce a una nuova visione del mondo che si può diffondere. Già il fatto stesso che si possa uscire da certe tematiche è secondo noi trasformativo della reltà”.

Verso nuove frontiere

“In qualche modo la realtà sembra essersi davvero trasformata. Oggi sicuramente c’è più attenzione per la violenza di genere, in particolare dopo la convenzione di Instanbul del 2011 ratificata in Italia nel 2013. Qualcosa si è mosso, anche se non è ancora abbastanza. Certo 20 anni fa si pensava che una moglie che prendesse botte e insulti dal marito in qualche modo dovesse starci, oggi invece non ci sono questi assiomi così potenti. Questo non vuol dire che la violenza non ci sia più, ma che comunque c’è sicuramente più apertura”.

Il dramma della prostituzione

A volte mi chiedo: quali uomini vanno a comprarle? Sono uomini normali, spesso giovani a cui non manca nulla. Hanno le belle macchine, mogli e fidanzate. Ogni relazione è bella perché è paritaria, ma quando tu compri un rapporto neghi proprio la libertà di avere una relazione paritaria a quella donna. Proprio questo negare pari dignità è anche alla base della violenza nell’ambito della coppia”.

Il dramma della tratta

“Oggi l’interesse verso la prostituzione sembra essere calato. Dal 2007 non si riescono ad avere più dati sui numeri delle ragazze prostituite. Di certo si sa che il costo delle ragazze è sceso di molto. Oggi una ragazza nigeriana si prostituisce anche ad un costo di 5 euro. Poi mentre prima molte venivano dall’Europa, oggi sono per lo più ragazze proveniente dall’Africa, dalla Costa D’Avorio, Nigeria. In questo momento dove l’immigrazione è diventato un terreno di battaglia per la politica più retriva è chiaro che rientrano nel discorso degli sbarchi e dell’immigrazione. Per questo tutto l’interesse concreto che c’era fino al 2000 negli ultimi 20 anni è andato molto a scemare. Le ragazze arrivano per la gran parte dalla Libia. Sappiamo tutti che in Libia, sono torturate e costrette a prostituirsi. Queste ragazze vengono definite prostitute, ma verrebbero definite prostituite“.

Il viaggio verso la strada

“Queste ragazze partono da Benin City, poi attraversano tutto il deserto del Niger, arrivano nella Libia settentrionale e lì vengono messe in case chiamate Africa house e che in genere sono gestite dalla mafia nigeriana che spesso collabora con la mafia libica. Altre volte invece queste due fazioni possono essere anche in conflitto. Capita, per questo, che ci possano essere delle sparatorie contro questi centri da parte della mafia libica”.

Africa house

“Vengono messe nei centri di accoglienza e lì l’emissario della Maman le prende e le porta via. Le ragazze pagano tra i 20.000 e i 30.000 euro per essere liberate e sanno che andranno a fare le treccine, le baby sitter, le badanti senza sapere cosa realmente le aspetta. Le mamme però forse lo sanno, ma la povertà ti fa perdere quel senso di maternità e facilmente decidi di sacrificare la tua prima figlia per far si che possa arrivare a casa quel denaro che serve per portare avanti la famiglia. Le mamme sperano che le proprie figlie possano sposare un italiano, perché c’è un mito dell’Italia vista come quel posto dei sogni dove si possa cominciare una vita agiata“.

L’arrivo alla Palapa

“Biglietto di sola andata, destinazione Lampedusa. Queste donne riescono ad arrivare in Italia convinte di trovare una buon accoglienza e invece poi vengono messe in strada. Chiedono subito il modulo C2, per il diritto d’asilo, per non essere espulse. Alla maman interessa che queste ragazze rimangano in Italia perché sono delle money machine, tanto che spesso sono proprio le maman che le accompagnano anche a fare i documenti”.

L’azione di BeFree

“Noi non facciamo unità di strada. Noi agiamo presso il CPR Ponte Galera, con uno sportello psico-sociale e legale a favore delle donne trattenute e su segnalazione di CAS, SPRAR, Enti del privato sociale, Commissioni territoriali, ecc., presso gli uffici della cooperativa o nelle sedi più diverse, a seconda delle necessità delle donne da incontrare, e delle acrobazie quotidiane a cui sono sottoposte le operatrici. Qui entriamo, ascoltiamo le donne e le inseriamo in progetti specifici”.

Il ricordo più bello

“Sono tante le emozioni che ci regala questo lavoro. I rapporti umani che si creano, le storie che si conoscono. La soddisfazione più grande? Aver portato due ragazze nigeriane a diventare oggi delle operatrici anti tratta. Proprio loro, che hanno vissuto un percorso così doloroso, oggi agiscono e aiutano altre donne”.