Cosa cambia in Israele con il nuovo governo di Bennett

Dopo 12 anni al potere, Benjamin Netanyahu non guiderà più Israele. Infatti, la Knesset ha votato al fiducia al nuovo governo di Naftali Bennett, leader del partito di destra Yamina. Bennett sarà a capo di una coalizione molto varia e altrettanto fragile: sostenuto da ben otto partiti ha ottenuto il voto soltanto di 60 dei 120 deputati, con 59 contrari e un astenuto. Per ora, sembrerebbe, che Netanyahu, sia stato “fatto fuori”. Sono persuaso, però, che le battaglie elettorali per far fuori qualcuno non sono destinate a un grande successo nel tempo. Le battaglie elettorali dovrebbero essere vinte per qualcosa, non contro.

Si è scelta una forma che dire ibrida è dire poco. Al confronto il nostro governo è un esempio di chiarezza. Quello israeliano, è un governo che ha sicuramente una guida solida, ossia Bennett, che “non è un aspirante Mandela dei palestinesi”, poi ci sono una serie di altri partiti la cui somma algebrica non porta, secondo me, ad una evoluzione significativa delle posizioni di Israele nei confronti dei palestinesi, e men che meno nei confronti di Hamas.

Dal punto di vista dei rapporti con Gaza, le cose non credo che cambieranno. Nei rapporti con Abu Mazen, la responsabilità è soprattutto di questo signore che sono 12 anni che non fa elezioni, la cui autorità è messa sempre più chiaramente in discussione. Manca una voce palestinese degna di questo nome, speriamo che Abu Mazen si decida, anche se dovesse indire le elezioni, con tutta probabilità perderà a tutto vantaggio di Hamas che con la sua disinvoltura, spesso criminale, ha seguito sicuramente a Gaza, ma anche altrove. Sospendo il giudizio, non ritengo che ci siano stati grandi cambiamenti, anche perché l’unico soggetto che potrebbe cambiare qualcosa è il partito Arabo-israeliano che al momento sembra più preoccupato di migliorare le condizioni degli arabi che vivono in Israele che non i rapporti con Gaza e con la Palestina.

Netanyahu ha definito il nuovo governo “pericoloso”, ha denunciato brogli elettorali nei suoi confronti e ha dichiarato che presto tornerà lui al potere. Ha reagito come tutti i padroni della guerra che vengono scalzati, tra l’altro da un fedelissimo: Bennett è stato a lungo tempo al suo fianco, è l’uomo dei coloni. E’ amareggiato e continuerà a lavorare affinché questo nuovo governo si sfasci e lui si possa ripresentare raccogliendo le spoglie. Netanyahu rappresenta il partito con più seguito in Israele, è oltre il 30% da solo, questo non dimentichiamolo.

Cosa comporterà questo avvicendamento al potere in Israele sulla scacchiera internazionale lascia pensare che gli americani sperano che questo governo agisca con maggiore lungimiranza, che resti in piedi e sappia governare. E’ riemersa e riaffiorata l’iniziativa italo-spagnola per una nuova conferenza di pace, di cui si conosce poco però bisogna incoraggiarla. Bisognerà vedere se l’Unione europea si farà promotrice di una nuova iniziativa che riesca a superare lo stallo che c’è in questo momento, e sicuramente sarà la benvenuta. Non so fino a che punto l’obiettivo dei due Stati, dichiarato dalla parte spagnola, sia ancora perseguibile. Credo che sia un’ipotesi abbastanza remota, perché prevede il ritorno di Israele alla situazione prima del 67. Si ha come l’impressione che si parli di due Stati, ma in realtà si pensi a qualcosa di più praticabile come fare un unico Stato in cui le due parti siano su un piano di uguaglianza di diritti, di prospettive economiche, fondamentalmente una coesistenza più simile a quella che c’è in altri Paesi.

Non possiamo prevedere se Netanyahu riuscirà a tornare al potere. Non saprei se augurarmelo. Ho l’impressione che questa coalizione non abbia vita lunga a meno che non intervenga un fattore di crisi così forte da rinsaldarne i vincoli. A meno che Netanyahu non venga condannato nel processo che non lo vede più come primo ministro, a meno che non finisca nella maglie di una giustizia che in Israele non guarda davvero in faccia a nessuno, il ritorno di Netanyahu rischia di essere una probabilità non indifferente.