Siria, la Procura di Roma chiude le indagini sui “Beatles dell’Isis”

La Procura capitolina ha chiuso le indagini sul gruppo terrorista, composto da quattro persone. Fra queste, l'ex boia di Daesh Jihadi John, ucciso nel 2015

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La Procura di Roma chiude le indagini su tre jihadisti del sedicente Stato islamico, i cosiddetti “Beatles dell’Isis”. Ed è la prima procura a compiere questo passo nei confronti dei tre terroristi. Responsabili, secondo gli inquirenti, di numerosi sequestri in Siria, fra i quali quello del cooperante italiano Federico Motka. Il soprannome, il gruppo se lo era visto attribuire per il marcato accento inglese con cui si esprimevano i suoi componenti. E anche per il loro numero, visto che negli anni di maggior forza di Daesh i boia dell’Isis erano quattro. Fra loro c’era anche l’esecutore Jihadi John, ucciso nel 2015 e noto per gli atroci filmati in cui mostrava le esecuzioni di alcuni prigionieri, fra i quali i reporter James Foley e Steven Sotloff.

Il gruppo

Ai miliziani che appartenevano al gruppo di Jihadi John, Leslie Aine Davis, Amon Alexanda Kotey ed El Shafee Elsheikh, vengono contestati i reati di sequestro di persona e associazione con finalità di terrorismo internazionale. Fra le accuse formulate, inoltre, le violenze e le crudeltà messe in atto durante la fase di maggior forza del sedicente Stato islamico. Fra queste, la cattura del cooperante italiano, sottoposto a torture fisiche e ad altre sofferenze nel periodo del suo rapimento, avvenuto il 12 marzo 2013. Mitra spianati, il commando aveva prelevato Motka dall’auto sulla quale viaggiava, vicino alla città di Atmeh, per poi rinchiuderlo nel bagagliaio di un’altra vettura e portarlo in un covo segreto. Il sequestro di Federico Motka si è protratto per un anno intero, durante il quale avrebbe subito numerose tipologie di violenze, sia fisiche che non.

Le imputazioni

Fra gli imputati, Davis si trova in Turchia, dov’è detenuto. Kotey ed Elsheikh si trovano negli Stati, dove sono stati trasferiti negli ultimi giorni dopo aver trascorso parte della detenzione in Medio Oriente. Nelle imputazioni mosse contro il gruppo, relativamente al caso di Federico Motka, emergono dettagli inquietanti. I jihadisti avrebbero operato “annegamenti simulati (waterboarding), esecuzioni simulate, privazione del sonno, percosse e scosse elettriche a mezzo di dissuasore (teaser) e costretto a prolungate posizioni forzate e dolorose”. Violenze operate “per rafforzare e agevolare gli scopi dell’organizzazione terroristica con richiesta del rilascio di miliziani e di somme di denaro destinate all’organizzazione. Anche attraverso un messaggio di posta elettronica rivolto alla sorella della persona offesa”. Per qualche periodo, anche Foley e Sotloff sarebbero stati compagni di prigionia del cooperante italiano.