Mohammed come Aylan: la foto del bimbo Rohingya morto indigna il mondo

Abbandonato sulla spiaggia, a faccia in giù, con gambe e braccia nude. E’ la terribile sorte di un bimbo di soli 16 mesi di etnia Rohingya ucciso dei militari della Birmania durante un raid punitivo nel villaggio della sua famiglia.

La terribile foto – che ricorda molto da vicino quella del piccolo Aylan Kurdi, il bimbo siriano annegato nel settembre 2015 – sta facendo il giro del web.
Un atto d’accusa che vale più di mille proclami contro quel Governo birmano che ancora oggi nega la pulizia etnica delle forze militari nei confronti della minoranza musulmana, del quale il bimbo faceva parte.

I Rohingya sono infatti un gruppo etnico, di religione islamica, presente in diverse nazioni del medio oriente e asiatiche, come la Birmania, l’Arabia Saudita, il Bangladesh (dal quale proviene la minoranza birmana), il Pakistan, la Thailandia e la Malesia. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, essi sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo. La giunta militare che ha governato la Birmania per mezzo secolo (dal ’78 al 2011) puntò, per rafforzare il suo consenso, su un mix di nazionalismo birmano e buddismo theravada a scapito delle minoranze. Per esempio, a causa di una legge sulla concessione della cittadinanza del 1982, i Rohingya non possono prendere la cittadinanza birmana, né è loro consentito di viaggiare senza un permesso ufficiale, di possedere terreni e ad avere più di due figli.

Quando vedo questa foto, sento che vorrei morire. Non ha più senso per me vivere in questo mondo”, ha raccontato alla Cnn il giovane padre del bimbo, Zafor Alam. Il figlio si chiamava Mohammed Shohayet; è morto annegato insieme a mamma, fratellino di tre anni e zio mentre, sotto al fuoco dei militari, la sua famiglia tentava la traversata del fiume Naf, il confine naturale tra la Birmania e il Bangladesh, paese a maggioranza musulmana dove nessuno li avrebbe perseguitati.

L’immagine del piccolo Mohammed, nella sua drammaticità, potrebbe diventare l’icona di una guerra sconosciuta, di un genocidio sotto silenzio. E, come avvenuto per la foto del corpicino di Aylan riportato a riva dalle onde, anche il piccolo Shohayet potrebbe smuovere le coscienze – spesso assopite – dei potenti sul dramma della guerra e delle persecuzioni.

Speriamo che la morte di Mohammed, di Aylan e dei tanti bimbi dei quali non si conosce neppure il nome, ma tutti vittime delle guerre dei grandi, serva quanto meno ad aprire gli occhi e a risvegliare il cuore dei “fortunati” che, come noi, certe tragedie le vivono solo in foto.