Gli orrori della guerra in Ucraina. L’intervista all’inviato Rai Piergiorgio Giacovazzo

L'intervista di Interris.it al giornalista Piergiorgio Giacovazzo, inviato di guerra per la Rai, da poco rientrato in Italia ma che già prepara il suo ritorno in Ucraina

Sloviansk, Dnipro, Irpin e Kiev. Sono alcune delle città ucraine da dove Piergiorgio Giacovazzo ha svolto il suo lavoro di inviato di guerra per la Rai, l’unico ad essere rimasto nella capitale ucraina nonostante la rete pubblica avesse chiesto ai suoi inviati di lasciare Kiev. Ma guai a parlare di coraggio. “Non è coraggio – ha dichiarato a Interris.it -. Ho fatto solo il mio lavoro. Mi è dispiaciuto andarmene, mi è sembrato di abbandonare queste persone che hanno l’estremo bisogno di far conoscere ciò che stanno vivendo per spingere l’Occidente a fare azioni concrete per liberarsi da questa oppressione. Il ruolo della stampa è davvero importante, ma non vorrei parlarne perché tutta questa autocelebrazione non mi piace molto”, ha affermato, spiegando che sta già organizzando il suo ritorno in Ucraina, anche se al momento non c’è una data precisa.

Foto ©Rai News

Chi è Piergiorgio Giacovazzo

Classe 1970, lavora in Rai da 27 anni. Approda sul nazionale al Tg2 nel 1197. E’ il volto dell’approfondimento Tg2motori, speciale dedicato a interviste e recensioni di auto e moto. Nella carriera del giornalista si annovera il ruolo di head of comunication del campione di motociclismo Max Biaggi. Da un anno fa parte della redazione Esteri del Tg2 e dal 24 febbraio è entrato in casa dei telespettatori italiani con i suoi servizi dall’Ucraina con i quali ha raccontato il dramma di quegli  uomini che con tenacia resistono ai bombardamenti russi, o di quelle donne che scelgono di non abbandonare la loro terra natale per intrecciare reti mimetiche per i militari. E’ sceso nei sotterranei della metropolitana di Kiev, diventati il rifugio di molti ucraini, per raccontare la drammatica quotidianità di una popolazione che, a causa dell’invasione russa, scandisce la sua giornata tra un allarme bomba e il boato di un’esplosione.

Lo scoppio della guerra

Intervistato da Interris.it, dopo il suo rientro in Italia avvenuto pochi giorni fa, Piergiorgio Giacovazzo ha raccontato di essere arrivato in Ucraina il 20 febbraio. La meta della troupe Rai era Sloviansk, da cui poi avrebbero dovuto raggiungere Donetsk. L’invasione russa del 24 febbraio ha però modificato repentinamente i loro piani: “Per paura e per raggiungere la sua famiglia, il nostro interprete è scappato. Eravamo nel Donbass senza macchina e senza interprete – racconta -. Non è facile muoversi in un Paese dove tutti i cartelli sono in cirillico. Inoltre, i bancomat non funzionavano, non potevamo pagare né un posto per dormire né le cose da mangiare. Sono stati momenti complicati, poi abbiamo trovato un autista che ci ha portati a Dnipro. Volevamo rientrare a Kiev, cosa che non potevamo fare da Sloviansk perché saremmo dovuti passare per Kharkiv, una delle prime città prese di mira dalle truppe russe. Quando mancavano 100 chilometri per Kiev, un vicedirettore della Rai ci ha chiamato dicendo che dovevamo lasciare la capitale ucraina perché era troppo pericoloso e di spostarci a Leopoli, ma dopo aver sentito la troupe abbiamo deciso di andare ugualmente a Kiev. Gli ultimi chilometri che ci separavano dalla capitale ucraina li abbiamo fatti a piedi, trascinando i nostri trolley, perché al checkpoint c’era una fila di macchine inimmaginabile”.

Lugansk 19/02/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: esplosione ONLY ITALY

Il giornalista ucciso a Irpin

Giacovazzo e la sua troupe sono stati anche a Irpin, la città ucraina dove è stato ucciso un giornalista del New York Times. “Quello del giornalista del New York Times è stato un omicidio volontario, è stato ucciso per mandare un messaggio a tutti i giornalisti presenti in Ucraina, per intimidirli, per farli andare via. Ne hanno colpito uno per ‘educarne’ cento. Secondo me, non è un caso che abbiano ucciso un americano, per provocare ancora di più gli Usa – spiega il giornalista -. E’ questa l’arroganza di Putin. In questa guerra, la scritta ‘press’ sulle giacche forse è meglio toglierla, i giornalisti sono diventati un bersaglio. Quando tornerò in Ucraina non metterò la scritta ‘press’ sulla mia giacca. I giornalisti danno fastidio a Putin perché raccontano una realtà che lui non vorrebbe far emergere. Basta vedere come in Russia vengano manipolate le informazioni”. Un suo pensiero è andato anche alla collega russa Marina Ovsyannikova che ha fatto irruzione durante il tg per dire no alla guerra in ucraina: “Con la nuova legge introdotta da Mosca rischia 15 anni di carcere”.

La giornalista che ha interrotto il tg russo: “Scendete in piazza, non possono arrestarci tutti”

Quelle immagini scolpite nella mente

A Mariupol, una delle città che più stanno soffrendo insieme a Kharkiv, la popolazione ha dovuto scavare delle fosse comuni per seppellire i morti. “La conta dei civili morti è impossibile – spiega -. Abbiamo visto e vissuto scene di guerra inimmaginabili: i soldati russi stanno bombardando con consapevolezza, utilizzando bombe a grappolo e termobariche le case, gli ospedali, i quartieri residenziali”. L’orrore della guerra, per un inviato di guerra, rimane ben scolpito nella mente. Il giornalista Rai ci ha raccontato le due immagini che sono rimaste ben scolpite nella sua memoria, come due fotografie. Una donna a Irpin che fuggiva per mettersi in salvo dalle bombe si è fermata improvvisamente in strada, ha chiuso gli occhi e ha iniziato a pregare, completamente immobile fino a quando il fragore delle esplosioni non è cessato. Alla stazione di Kiev ha incontrato un uomo che stringeva tra le sue braccia la figlioletta di pochi mesi: “Aveva la pelle completamente bruciata dal freddo. Lui piangeva, poi ha dato la bambina alla moglie, le ha fatte salire su un treno diretto in Polonia, poi è andato a combattere. Io e l’operatore non abbiamo avuto la forza di intervistarlo. Lo abbiamo abbracciato”.

Ucraina
Donetsk 24/02/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: evacuazione popolazione ONLY ITALY

Una guerra che spezza le famiglie e gli errori di Putin

“Quel pover’uomo, secondo me, è l’emblema di questa guerra che spezza le famiglie – spiega Giacovazzo -. E’ una guerra che coinvolge tutta la popolazione maschile, ma questo non perché il presidente Zelensky ha vietato a tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni di lasciare l’Ucraina: questi uomini credono veramente in quello che fanno. Questo è uno degli errori di Putin: ha sottovalutato la forza di volontà degli ucraini. La conquista del Donbass e della Crimea, potremmo dire che sono state delle ‘passeggiate’ per i militari russi: li hanno presi con pochissimi uomini. L’idea di Putin era quello di arrivare a Kiev in due tre giorni, probabilmente tra due ali di folla plaudente – aggiunge -. Invece in questi otto anni la popolazione ucraina si è preparata a questa invasione che l’Occidente non ha voluto vedere, nessuno ha affrontato questo tema che era sul tavolo dal 2014″.

Un popolo fiero che ama la libertà

E mentre si prepara per tornare in Ucraina, Piergiorgio Giacovazzo ci racconta cosa il popolo ucraino gli ha donato. “Si tratta di un popolo che ama la libertà, in molti parlano russo ma non vogliono vivere sotto la bandiera russa. Un popolo unito che si è compattato ancora di più dietro al presidente Zelensky. Era un comico, ma si è trasformato in un leader sia per le sue scelte sia per quello che rappresenta: un argine all’invasione dell’Occidente. Questo popolo è diventato il simbolo della libertà“.