L’importanza di ricordare il significato dell’Avvento

Foto di Waldemar su Unsplash

Da qualche giorno le strade brillano di decorazioni natalizie di varie forme, scintillii e colori. In ambito commerciale è già iniziata la stagione dei regali di Natale. Il passaggio da Halloween è stato abbastanza agevole. In questo modo i periodi liturgici, che per molti secoli hanno plasmato la cultura ma anche la vita quotidiana di molte persone, si perdono sempre più allontanandosi dalla nostra consapevolezza. L’Avvento, un bellissimo periodo liturgico introdotto nella Chiesa relativamente tardi, solo nel VI secolo, e destinato a preparare il Natale proprio come la Quaresima prepara la Pasqua, è quasi scomparso del tutto. C’è qualche possibilità di salvarlo? C’è la volontà, la necessità di farlo?

Innanzitutto è necessario ricordare il significato dell’Avvento. Le letture della domenica odierna, ricche di immagini potenti, lo rievocano a grandi linee. L’Avvento è un tempo sorprendentemente espressivo, anche se, in fin dei conti, è per sua natura discreto – così discreto e umile che, come abbiamo detto sopra, si è lasciato quasi annegare e calpestare da un’ottica commerciale e consumistica. Cerchiamo allora di ritrovare questa chiarezza volgendo il nostro sguardo alle letture di oggi. Quante immagini suggestive e potenti ci sono in esse! Si dimostreranno più magnifiche e stimolanti anche delle più suggestive pubblicità natalizie.

Soffermiamoci su alcune di esse. Permettiamo loro di risuonare con la nostra immaginazione e le nostre emozioni. Ecco la prima: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti”. (La prima lettura). Dio che squarcia i cieli! Perché? Per venire. Per intervenire? Per mettere a posto le cose nel mondo? Non è forse questo che ci aspettiamo nel nostro cuore, anche quando stiamo già perdendo la speranza, pensando che Dio si sia ritirato, o che… non ci sia affatto? Questa è la voce dell’anelito del mondo intero, che trafigge i cieli. Corrisponde con la seconda immagine: “Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”. (La prima lettura)

Questa, a sua volta, è un’immagine di noi. Non ci sentiamo forse dei buoni a nulla, come stracci o come foglie mosse dal vento? Rendersene conto è un’importante esperienza di umiltà, semplicemente avere consapevolezza della nostra condizione umana. Tuttavia, anche quando il mondo di oggi – e soprattutto il commercio – cerca di prendersi gioco di noi, non lo tradiamo mai. L’importante, però, è che questo nostro nulla si protenda verso Dio, inesorabilmente in arrivo.

E qui le immagini passano l’una nell’altra: Dio agisce nella passività umana. Come un vasaio. Come un artista: “Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. (La prima lettura).

È solo qualcosa da tenere a mente. Bisogna permettere che accada. Volerlo. Da qui il richiamo del Vangelo alla veglia: la grande attesa di Dio e il senso della propria miseria non è un asse, da annegare o cancellare, ma è uno spazio per mobilitare l’attenzione dell’intelligenza, dell’immaginazione: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. (…) Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati”. (il Vangelo)

La notte, l’attesa che raccoglie tutte le speranze e che, sollecitata dalla nostra miseria, ci rende vulnerabili a Dio: questa è la configurazione di immagini che vogliono far vibrare le nostre anime coi bei ritmi dell’Avvento. Non sono le luci degli alberi di Natale allestiti anzitempo, le forme multicolori delle pubblicità. È qualcosa di più grande e più vero. Un’esigenza ed una prospettiva reale del nostro cuore, ma anche della nostra vita.

Ecco come lo esprime uno dei maestri spirituali dell’antichità cristiana, Marco l’Asceta, raccogliendo in questi temi di avvento tutta la ricchezza e bellezza della vita spirituale: “Se dunque vuoi, o figlio, acquisire interiormente un tuo proprio lume di luce intelligibile e di conoscenza spirituale per poter camminare senza inciampo nella profondissima notte di questo secolo e perché i tuoi passi siano guidati dal Signore, in modo che, desiderando fortemente la via del vangelo – secondo il detto profetico – cioè con fede ardente, tu abbracci i più perfetti precetti evangelici e divenga partecipe dei patimenti del Signore con brama e preghiera – se dunque vuoi questo, io ti mostro un metodo mirabile, una via spirituale che non ha bisogno di fatica o lotta del corpo, ma esige fatica dell’anima, attenzione dell’intelletto e pensiero vigilante, e si avvale dell’ausilio del timore e dell’amore di Dio”.