L’importanza di celebrare la giornata internazionale degli archivi

Dal 2009, il 9 giugno, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale degli archivi e anche la nascita dell’International Council of Archives, l’ICA, fondato a opera dell’UNESCO, nel 1948. E’ il giorno centrale della Settimana internazionale degli archivi che si propongono, con incontri, seminari, mostre, di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli archivi e del lavoro degli archivisti per la conservazione della memoria e la costruzione di una sempre più matura e dialogante identità nazionale.

All’inizio degli anni Trenta, nell’ambito della Società delle Nazioni, l’organizzazione internazionale creata all’indomani della tragedia immane della Grande guerra del 1914-18 per permettere relazioni internazionali fondate sul dialogo e la cooperazione economica e culturale, sotto l’egida dell’Institute for Intellectual Cooperation, era stata fondato il Permanent Consultive Committee on Archives, che, fra l’altro, nel 1934 pubblicò la prima International Guide on Archives.

L’ICA nella sua prima assemblea del 1950 decise di dare vita alla rivista ufficiale Archivum e di impegnarsi perché agli storici, nonostante le restrizioni della Guerra fredda, fosse concesso di accedere e consultare liberamente, anche fuori dai confini del proprio paese, i documenti conservati negli archivi. A tal fine sono stati sviluppati, negli anni Settanta, programmi di scambi anche di conoscenze archivistiche, noti con l’acronico RAMP, Records and Archives Management Programme.

L’UNESCO, in stretta collaborazione con l’ICA, nel decennio precedente, aveva creato al FIDA, Archival Development Fund, per sostenere gli archivi nei paesi in via di sviluppo. In questo caso l’Unesco aveva con insistenza richiesto alle potenze coloniali di consegnare ai paesi di nuova indipendenza, che specie nel continente africano subsahariano, non avevano una cultura scritta, al fine di promuovere la maturazione della loro identità nazionale, la documentazione accumulata nei loro archivi. Con frequenti rifiuti e resistenze, anche perché essa ricordava i limiti e, spesso, gli orrori del dominio coloniale.

Dagli anni Novanta, lentamente e progressivamente, negli archivi è iniziato il processo di digitalizzazione dei fondi conservati e d’informatizzazione del lavoro degli archivisti, specie nell’opera di schedatura, catalogazione e messa in rete.

Venendo all’Italia occorre preliminarmente sottolineare che il nostro paese conserva uno dei patrimoni archivistici più ricchi del mondo. Solo gli Archivi di Stato sono 101: l’Archivio centrale dello Stato, creato nel 1975, al completamento avvenuto dell’unificazione nazionale, oggi con sede prestigiosa all’EUR a Roma e quelli collocati nel capoluogo delle province; dipendono dalla Direzione generale degli Archivi del Ministero per i beni e le attività culturali, mentre fino al 1963 dipendevano dal Ministero dell’Interno.

A Roma, poi, nella Città del Vaticano è presente l’Archivio Apostolico Vaticano che copre un arco cronologico di circa dodici secoli (secoli VIII-XX) e documenta la presenza e l’azione della Chiesa cattolica nel mondo intero; è costituito da oltre 600 fondi archivistici e si estende per 85 km lineari di scaffalature, collocate, fra l’altro, nel bunker, un locale su due piani, ricavato nel sottosuolo del Cortile della Pigna dei Musei Vaticani. La sua precedente denominazione “Archivio segreto vaticano” ha fatto nascere alla leggenda nera, ripresa in romanzi e film, di sconvolgenti segreti in esso conservati. L’aggettivo latino Secretum in realtà stava a indicare che era un archivio “privato” del Papa.

E’ aperto agli studiosi di tutto il mondo, così come lo sono l’Archivio storico della Segreteria di Stato-Sezione per i rapporti con gli Stati (il ministero degli esteri della Santa Sede) e persino l’Archivio del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’ex potentissima e temuta Congregazione del Sant’Uffizio.

Le Soprintendenze Archivistiche, presenti in ogni regione, vigilano conservazione e tutela degli archivi degli enti pubblici territoriali (regioni, provincie e comuni) e non territoriali (INPS, Camere di commercio, ASL, Banca d’Italia, ecc.) e quelli privati dichiarati bene culturale.

Tra questi meritano una doverosa menzione, anche per la quantità e la qualità delle iniziative formative e culturali promosse, la Fondazione Gramsci, che oltre una ricca biblioteca possiede anche l’archivio Antonio Gramsci e l’archivio storico del Partito comunista italiano e l’Istituto Luigi Sturzo, anch’esso con una ricchissima biblioteca e un grande archivio comprendente le carte del fondatore del Partito popolare italiano Luigi Sturzo e quello della Democrazia cristiana, ricomposto con il versamento delle carte private di dirigenti come Mario Scelba e Giulio Andreotti.  Sono due istituzioni romane imprescindibili per la conoscenza e la comprensione della storia dell’Italia repubblicana e, più specificamente dei cinque decenni di quella che il grande storico Pietro Scoppola ha chiamato la Repubblica dei partiti.

Per concludere, altre tre originali istituzioni archivistiche. In primo luogo l’Archivio Flamigni, che conserva una ricca e originale documentazione sulla drammatica storia italiana del terrorismo politico e malavitoso e una parte importante delle carte private di Aldo Moro. Ha oggi un’elegante sede nel quartiere popolare di Roma della Garbatella e si ispira all’insegnamento del suo generoso fondatore, Sergio Flamigni: “È bene che i giovani possano costruire il futuro dell’Italia valendosi della memoria e della conoscenza del passato onde evitare le tragedie causate dal fascismo, dalla guerra e dal terrorismo. La memoria storica può costituire un patrimonio di sapienza e di forza per i giovani che intendono operare e lottare per un futuro in cui sia possibile conquistare pace e lavoro nello sviluppo della democrazia”.

In secondo luogo, sempre a Roma, nel quartiere ostiense, il primo insediamento industriale di Roma capitale, La Fondazione Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico. Nata alla fine degli anni Settanta del Novecento, conserva un ricchissimo patrimonio documentario di fotografie e immagini in movimento sull’universo operaio e contadino italiano e internazionale e sulle loro lotte. Svolge la sua attività nel campo degli audiovisivi (cinema, tv, multimedialità, archivi filmici e fotografici), per favorire la costruzione e la diffusione delle storie e delle memorie collettive dei movimenti sociali e dei loro protagonisti. Il suo primo presidente è stato il geniale Cesare Zavattini.

Infine la Fondazione Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Il comune toscano, quasi al confine tra Toscana, Umbria e Romagna, ha innalzato ai quattro punti cardinali del suo perimetro, sulle strade che vi accedono, un cartello giallo sotto di quello della toponomastica ufficiale: Città del diario. La cittadina ospita, infatti, nella sede del municipio, un archivio pubblico, che raccoglie scritti di gente comune in cui si riflettono, in varie forme, la vita di tutti e la storia d’Italia: sono diari, epistolari, memorie autobiografiche. Il suo direttore scientifico, il prof. Camillo Brezzi, l’ha definito “un monumento nazionale della memoria”.