“Antropologia delle Vocazioni”: Papa Francesco e l’analisi delle tendenze attuali

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Foto di Ashwin Vaswani su Unsplash

“Oggi il pericolo più brutto è l’ideologia del gender, che annulla le differenze e rende tutto uguale, e cancellare le differenze significa cancellare l’umanità, uomo e donna, invece, stanno in una feconda ‘tensione’”, con queste parole che non lasciano spazio a fraintendimenti e interpretazioni Papa Francesco ha condannato di nuovo l’ideologia gender che già in passato aveva stigmatizzato con altrettanta fermezza definendola, in diverse occasioni, “pericolosissima”, “guerra al matrimonio”, “colonizzazione ideologica” e “sbaglio della mente umana”.

Il Pontefice è voluto tornare sul gender ricevendo venerdì scorso in udienza i partecipanti al convegno “Uomo-donna immagine di Dio. Per un’antropologia delle vocazioni”, promosso dal Centro di Ricerca e Antropologia delle Vocazioni e che ha visto riuniti diversi studiosi, filosofi, teologi, pedagogisti per riflettere su antropologia cristiana e il futuro del cristianesimo. Per l’occasione Francesco ha annunciato di aver chiesto “di fare studi a proposito di questa brutta ideologia”.

Per far comprendere le derive di questa ideologia figlia del pensiero debole occidentale che relativizza tutto, il Papa parlando a braccio ai presenti ha consigliato la lettura del romanzo The Lord of the World (Il Padrone del mondo) scritto nel 1907, a da Robert Hugh Benson. Un testo distopico che con un secolo di anticipo descrive quello che stiamo vivendo oggi per colpa dell’omologazione del pensiero unico dominante. Francesco parla così di quest’opera: “Io ricordo di aver letto un romanzo dell’inizio del Novecento, scritto dal figlio dell’Arcivescovo di Canterbury: The Lord of the World. Il romanzo parla del futuribile ed è profetico, perché fa vedere questa tendenza di cancellare tutte le differenze. È interessante leggerlo, se avete tempo leggetelo, perché lì ci sono questi problemi di oggi. È stato un profeta quell’uomo”.

Francesco ha chiarito la dimensione di questo pericolo anche nel testo consegnato ai partecipanti del convegno in cui ricorda che “la vita dell’essere umano è vocazione” che si esprime nella condivisione del proprio essere e dei propri doni “con gli altri” e “per il bene comune”. Questa scoperta “ci fa uscire dall’isolamento di un io autoreferenziale e ci fa guardare a noi stessi come a un’identità in relazione: io esisto e vivo in relazione a chi mi ha generato, alla realtà che mi trascende, agli altri e al mondo che mi circonda, rispetto al quale sono chiamato ad abbracciare con gioia e responsabilità una missione specifica e personale”.  Il Santo Padre evidenzia poi che “nell’odierno contesto culturale talvolta si tende a dimenticare oppure a oscurare questa realtà, col rischio di ridurre l’essere umano ai suoi soli bisogni materiali o alle sue esigenze primarie, come fosse un oggetto senza coscienza e senza volontà, semplicemente trascinato dalla vita come parte di un ingranaggio meccanico”.

Dunque, Francesco ancora una volta coglie il punto della questione, il gender è l’ennesimo frutto avvelenato di un individualismo sfrenato, che esaspera l’autopercezione di sé, le proprie voglie e i propri caprici, il tutto sganciato dalle realtà, dalla relazione con l’altro e persino dalla natura delle cose. Succede quindi che sempre più persone si definiscano in un modo completamente sganciato dal loro sesso biologico o che alcune organizzazioni stilino liste con decine di generi con cui poter incasellare gli appartenenti al genere umano. Il tutto ovviamente in maniera non definitiva, nel senso se oggi mi sento donna domani nessuno può vietarmi di sentirmi uomo o persino “non binario”, la nuova tendenza infatti vede molti ragazzi che chiedono di essere appellati con il pronome “loro” in modo da rispettare le loro infinite identità. Badate bene questo non c’entra nulla con l’orientamento sessuale, parliamo dell’identità stessa delle persone. Tutto questo è già realtà nelle scuole dove è stata introdotta la cosiddetta carriera alias, che permette allo studente di indicare un nome diverso da quello segnato alla anagrafe, senza permesso dei genitori e senza che sia stata fatta alcuna transizione sessuale.

Ma se tutto diventa donna niente è più donna, se tutto diventa uomo niente è più uomo. Le conseguenze di questo cortocircuito del pensiero si vedono già nella vita reale. Negli Stati Uniti molte scuole hanno dovuto garantire l’accesso a spogliatoi femminili a ragazzi che non hanno nemmeno fatto la transizione e che restano uomini dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Di fronte alle polemiche negli Usa è stata fatta persino una legge che istituisce bagni “gender free”, dove non c’è distinzione tra sessi. E ancora negli sport femminili molti primati sono stati battuti da uomini che gareggiano nelle categorie per donne solo perché dicono di sentirsi tali. Questa confusione è come un’epidemia del pensiero che si diffonde, non è un caso infatti che molti Paesi come Svezia e Gran Bretagna hanno dovuto proibire le transizioni sessuali di minori, dopo un inspiegabile boom di richieste. La sfida è quindi più attuale e urgente che mai perché un’umanità senza differenze e identità è solo la premessa per un essere umano più fragile e preda di ogni forma schiavitù del suo tempo.