Torniamo ad avere l’ambizione di far “maturare” i giovani

Ormai manca poco, meno di un mese, all’inizio dell’Esame di Stato conclusivo del 2° Ciclo dell’Istruzione, quello che anni fa si chiamava “Esame di Maturità”. Le Commissioni esaminatrici si insedieranno, infatti, lunedì 14 giugno con la riunione plenaria e, due giorni dopo, a partire da mercoledì 16 giugno, inizieranno gli esami per gli studenti. Anche quest’anno, come già avvenuto nello scorso, l’esame prevede la sola prova orale, a motivo delle difficoltà create alla didattica dalla pandemia. Unica differenza, ma di sostanza, sarà l’ammissione all’esame che non sarà scontata, come avvenuto nel 2020, ma sarà disposta, in sede di scrutinio finale, dal Consiglio di Classe. Le modalità di svolgimento sono perfettamente dettagliate nell’ordinanza n° 53 del 3 marzo scorso.

Partiamo dalle Commissioni esaminatrici: esse saranno formate da soli docenti interni; unico esterno sarà il Presidente di Commissione che avrà il compito di sovrintendere e garantire il regolare svolgimento dell’Esame. Come anticipato, l’esame si risolverà in un colloquio della durata di un’ora. Gli studenti dovranno dimostrare di aver acquisito i contenuti e i metodi propri delle singole discipline, di saper correlare al proprio percorso di studi le esperienze svolte nell’ambito dei PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro) e di aver maturato le competenze e le conoscenze previste dall’attività di Educazione civica. La Commissione dovrà altresì predisporre per ogni candidato dei materiali (testi, documenti, progetti) a partire dai quali ogni studente dovrà trattare i contenuti fondamentali delle diverse discipline in un’ottica interdisciplinare. In particolare, l’Ordinanza prevede che il colloquio preveda quattro momenti distinti: 1) discussione di un elaborato riguardante le discipline caratterizzanti dei singoli indirizzi a partire da un argomento assegnato entro il 30 aprile ad ogni studente da parte del Consiglio di Classe. L’elaborato è inviato dagli studenti alla scuola entro il 31 maggio, 2) discussione e analisi di un testo oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana, 3) analisi del materiale scelto dalla Commissione, 4) esposizione dell’esperienza di PCTO.

Un’importante novità introdotta quest’anno è il curriculum dello studente, novità che ha destato qualche polemica. In sostanza, le scuole e gli studenti sono chiamate a compilare il curriculum, già preimpostato dal sistema del Ministero, con l’inserimento delle esperienze svolte dagli allievi durante il loro percorso scolastico, quali certificazioni, anni all’estero, attività caratterizzanti. L’idea che sta dietro è quella di invitare le scuole a creare percorsi e attività specifiche e qualificanti i diversi indirizzi, offrendo agli studenti la possibilità di seguire iniziative, corsi, esperienze stimolanti e arricchenti dal punto di vista culturale, professionale e umano. Una bella iniziativa che concorre a creare un ponte con il mondo del lavoro.

Parrà un’osservazione scontata ma è ovvio che la struttura dell’Esame, così come pensato, tiene conto delle difficoltà affrontate dalle scuole a motivo della pandemia. Lo sappiamo: la scuola Secondaria di 2° Grado è stata quella più penalizzata, dal momento che, allo scopo di contrastare la diffusione del Covid, si è scelto, già dalla metà dello scorso ottobre, di attivare la DAD; a questa decisione vanno poi aggiunte le sospensioni della didattica in presenza per le diverse quarantene. Un passo avanti, rispetto allo scorso anno, chiaramente è stato fatto con l’ammissione non data per scontata.

Certo, lo dobbiamo dire, l’Esame con le prove scritte, è tutta un’altra cosa. Occorre che i commissari, poiché interni e quindi conoscono i loro studenti, ne sappiano valutare il percorso con sguardo obiettivo, premiando l’effettivo impegno, senza abbandonarsi ad altre logiche. Credo che l’abbondante messe dei 100/100, dei 90/100 dello scorso anno, senza ovviamente togliere nulla allo zelo dei più meritevoli e capaci, sia stato un tradimento nei confronti del lavoro serio di tantissimi studenti con i loro docenti, una strategia per nulla educativa che ha ulteriormente deresponsabilizzato i nostri giovani che si troveranno così impreparati ad affrontare le difficoltà della vita.

Torniamo invece ad avere l’ambizione di far “maturare” i giovani, di far sentire loro che l’esame, al termine della scuola superiore, è un momento di passaggio importante che li proietta nell’età adulta (come sarebbe bello tornare a usare ufficialmente l’espressione Esame di Maturità!): lo studente non viene valutato per quello che sa ma per come sa utilizzare le conoscenze apprese a beneficio suo e della comunità nella quale è inserito. Del resto, a questo serve la scuola.