Tecnologia e innovazione contro la povertà, ecco il progetto “3D For The Future”

Il progetto "3D For The Future" è del Sevizio Volontario Internazionale di Brescia con l'azienda Isinnova: ecco come funziona

Stampanti 3D in dono ai Paesi poveri per permettere loro di costruirsi (e non in senso figurato) un futuro migliore. E’ il progetto portato avanti da Servizio Volontario Internazionale di Brescia (Svi-Brescia) con l’azienda Isinnova in collaborazione con la Caritas Diocesana e l’Ufficio per le Missioni Diocesi di Brescia. Il progetto si chiama “3D For The Future”. Ha, alla base, un’idea antica – attribuita a Confucio – e al contempo innovativa perché sfrutta le ultime tecnologie del nuovo millennio.

Lo Svi Brescia

Il Servizio Volontario Internazionale nasce nella sede di Via Tosio a Brescia nel 1969. La sua mission é “la costruzione di un mondo più giusto ed equo, dove tutte le persone possano avere l’opportunità di sviluppare le capacità necessarie per migliorare le proprie condizioni di vita”. Dopo il primo progetto avviato nel 1969 in Burundi, ne sono seguiti molti altri e non solo in Africa. In Rwanda, Brasile, Venezuela, Uganda, Congo (Ex Zaire), Zambia, Perù, Senegal e Mozambico. Fino all’ultimo, avviato nel 2017 in Zaire. Nel 2015 il trasferimento nella nuova sede, in coworking, in Via Collebeato, sempre a Brescia.

Un passo per volta: i micro-progetti

Lo Svi-Brescia è particolarmente attivo in macro e micro-progetti per la scolarizzazione, la formazione lavorativa, l’educazione sanitaria, la microimpresa e l’avvio di cooperative agricole in zone particolarmente povere dell’Africa e del Sud America. Con una particolare attenzione agli anelli più fragili della società: donne e bambini. I progetti sono possibili grazie a dei piccoli contributi economici da parte dei sostenitori volontari (qui le campagne attive).

3D For The Future

In piena emergenza coronavirus, nasce l’idea di usare le stampanti 3D per produrre parti di attrezzature sanitarie per aiutare gli ospedali in difficoltà. E’ la genesi di un progetto molto più vasto e lungimirante, intitolato “3D For The Future”. Molti gli enti coinvolti nel progetto: Medicus Mundi Italia (MMI); Servizio Collaborazione Assistenza Internazionale Piamartino (SCAIP); Servizio Volontario Internazionale (SVI). Isinnova, l’azienda bresciana che ha stampato in 3d le valvole per i respiratori e trasformato le maschere subacquee per adattarle alle esigenze delle terapie intensive. La Caritas Diocesana di Brescia. L’Ufficio per le Missioni Diocesi di Brescia.

L’intervista

La giornalista Milena Castigli ha intervistato per In Terris la direttrice di Svi-Brescia, la dott.ssa Federca Nassini.

La dott.ssa Federica Nassini (SVI-Brescia)

Dott.ssa Nassini, come è nata l’idea di usare delle stampanti 3D in ambito sanitario?
“Brescia è stata una delle città maggiormente colpita dal coronavirus con il conseguente collasso degli ospedali nel mese di aprile. Grazie a Isinnova, abbiamo pensato di utilizzare l’innovativa tecnologia delle stampe 3D per produrre – in quella situazione specifica di emergenza – valvole e componenti dei respiratori difficilmente reperibili in tempi brevi. Negli ospedali, infatti, con le terapie intensive e i reparti pieni, c’era un grande bisogno di respiratori. Attraverso la stampa 3D abbiamo prodotto la valvola charlotte”.

La maschera riadattata per l’emergenza

Come funziona questa innovativa valvola?
“E’ semplice. Sono state adattate le maschere subacquee per lo snorkeling della Decathlon per farle diventare dei respiratori ospedalieri grazie all’applicazione di una valvola particolare. Con tempi e costi molto contenuti rispetto alla produzione e all’acquisto dei respiratori classici”.

Come si è evoluta la situazione dopo l’emergenza?
“Finita l’emergenza, ci siamo interrogati su come far fronte all’arrivo del coronavirus nei Paesi più poveri, dove le strutture sanitarie non sono in grado di assorbire l’alto numero di malati gravi che il Covid purtroppo produce. E’ così iniziata la collaborazione tra l’azienda Isinnova e diverse ong, tra cui la nostra, per esportare il nostro know-how dove c’è più bisogno. Per ora abbiamo inviato le stampanti 3D a degli ospedali in Mozambico, in Uganda, in Burkina Faso e Albania. Al momento, abbiamo una raccolta fondi aperta su GoFoundMe per acquistare altre stampanti che poi invieremo in altre Nazioni”.

La stampante 3D inviata in Mozambico

Non avete donato le valvole ma le stampanti 3D. Perché?
“Non sapendo in anticipo quale sarebbe stata l’evoluzione del virus nei paesi africani e latinoamericani, né quali sarebbero state le reali esigenze degli ospedali sul campo, abbiamo scelto di giocare in anticipo. Abbiamo deciso di inviare direttamente le stampanti 3D con caricati in memoria tutti i file che possono servire per stampare i presidi sanitari realmente necessari: nella quantità, nelle misure e nelle tipologie di cui si ha poi realmente bisogno. Anche, ma non solo, la valvola Charlotte. Per esempio, si possono rapidamente stampare le mascherine plastiche che proteggono gli operatori sanitari. Inoltre, forniamo anche il filamento plastico (l’acido polilattico, noto come “Pla“) che serve poi concretamente a stampare gli oggetti”.

E se il funzionamento della stampante risultasse troppo complesso per i “non addetti”?
“Abbiamo dei partner disponibili che dall’Italia possono fornire assistenza gratuita da remoto. Così chi non sapesse tradurre le istruzioni – che sono in lingua inglese – può essere aiutato da remoto. Dall’Italia, inoltre, diamo la disponibilità a disegnare il prodotto che serve, se dovesse risultare particolarmente complesso. Penso alle protesi, per esempio. Noi inviamo il progetto e l’ospedale – ovunque sia ubicato – può stampare l’oggetto che serve”.

Confucio diceva: “Se vuoi sfamare un uomo per un giorno, dagli un pesce. Se vuoi sfamarlo per tutta la vita, insegnagli a pescare”
“Sì, l’idea alla base è la stessa. Per questo abbiamo deciso di non inviare i pezzi ma le stampanti! Il loro impiego non si limiterà all’emergenza, ma è un investimento per il futuro. La stampa 3D diventerà così un valido strumento in più per affrontare diverse situazioni di difficoltà per i Paesi meno sviluppati. Anche senza l’aiuto dei Paesi occidentali. Maggior autonomia equivale così a maggior ricchezza”.

Come avete vissuto il periodo segnato dal coronavirus? Brescia é stata una delle città che ha pagato il tributo più alto in Italia…