Tagli alle adozioni, Griffini (Ai.Bi): “Un colpo alla generosità degli italiani”

C'è una profonda ingiustizia in un Paese che spende centinaia di milioni di euro per sovvenzionare la procreazione medicalmente assistita eterologa, inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e al tempo stesso taglia risorse al fondo per le adozioni internazionali. A denunciarlo dalle pagine di In Terris è Marco Griffini, di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, uno dei principali enti privati che assiste le coppie nel percorso di l’inserimento dei bambini stranieri abbandonati nelle famiglie italiane. L’allarme lanciato dal presidente Griffini arriva alla luce della riduzione del fondo per i rimborsi per le adozioni, programmata nella prossima finanziaria e confermata dal ministro della famiglia Elena Bonetti che, in un’intervista ad Avvenire, ha parlato un intervento necessario in un contesto di generale spending review. Resta il fatto che a essere colpita è l’azione più nobile e generosa che una famiglia possa fare, ovvero accogliere in casa propria una nuova vita rifiutata e darle un papà e una mamma. Anche il grande cuore della famiglie italiane è stato colpito dagli anni della crisi e della nuove tecniche di procreazioni che portano a considerare l’adozione come l’ultima spiaggia. Il numero delle adozioni internazionali è infatti passato dalle oltre 4000 del 2011 alle 1394 del 2018. Un crollo dovuto anche ai controversi tre anni e mezzo di gestione della Cai (la governativa Commissione adozioni internazionali) da parte di Silvia Dalla Monica, un periodo durante il quale la commissione non fu convocata e fu registrato uno stallo operativo. Ad ogni modo presidente Griffini sottolinea che l’Italia resta il secondo Paese al mondo per numero di adozioni (dietro solo agli Stati Uniti) e che la gara di solidarietà per accogliere Giovannino, il bambino affetto da ittosi lamellare e abbandonato a Torino dopo la nascita, dimostra che c’è un Paese generoso che sa rispondere quando si verificano casi di bambini scartati.

Presidente Griffini si aspettava un rilancio del sistema adozioni e invece ci si trova di fronte a nuovi tagli. Come l’hanno presa gli operatori del settore?
“Male, molto male. Il documento di programmazione stabilisce che saranno tagliati 2 milioni di euro nel giro dei prossimi tre anni, il fondo per le adozioni passerà così dai 25 milioni attuali a circa 23 milioni”.

C’era da aspettarselo visti i chiari di luna della finanziaria…
“Beh non proprio, visto che il ministro della Famiglia Bonetti questa estate aveva detto che occorreva sostenere le adozioni, infatti ci aspettavamo un segnale di fiducia in linea con quanto dichiarato. La Bonetti dice che sono stati tagliati molti capitoli di spesa e che sono previste altre forme di aiuto alle famiglie ma voglio evidenziare che le famiglie adottive non possono essere trattate come le ‘normali’ altre famiglie. Si meritano molto di più: hanno dovuto pagare, anche profumatamente, il loro 'parto' e lo hanno fatto non pensando soltanto a sé stessi, ma rimediando, con il loro atto di giustizia, alle colpe di una società che ha privato un bambino della cosa per lui più preziosa: un padre e una madre”.

Quali costi devono affrontare le famiglie adottive?
“Moltissimi a cominciare dai biglietti aerei. Nel complesso un’adozione può costare anche 20-25 mila euro. Una coppia che concepisce e partorisce il proprio figlio giustamente ha tutta l’assistenza medica pagata dallo Stato ma la cosa assurda è che lo Stato spende anche centinaia di milioni di euro per elargire nei lea l’inseminazione eterologa”.

Cioè il contribuente paga l’acquisto di gameti maschili e femminili in giro per il mondo per creare bambini in provetta che saranno privati della conoscenza delle loro origini e poi lo Stato taglia i fondi che consentono di dare una mamma e un papà a chi è già nato ed stato abbandonato?
“Esattamente, proprio così. Per questo non mi accontento quando mi sento dire che la finanziaria avrà comunque dei bonus per tutte le famiglie, noi dovremmo avere qualcosa in più perché rimediamo ad un grande atto di ingiustizia”.

Lei aveva messo sul tavolo la proposta del bonus da 10 mila euro, può spiegarcela?
“Si tratta di dare un cifra forfettaria di 10 mila euro alle famiglie che intendono adottare: questo servirebbe a semplificare le procedure perché ora è previsto un sistema di rimborsi parziali delle spese sostenute per l’adozione. Questi rimborsi al momento sono fermi alle adozioni del 2015, malgrado siano stati finanziati anche quelli degli anni successivi, ma si tratta di procedure lunghe con le spese che vanno dimostrate nel dettaglio. Con il forfettario da 10 mila euro si coprirebbero comunque solo parte delle spese ma almeno la cifra sarebbe disponibile in tempi rapidi senza portare fiumi di incartamenti. Tra l’altro incentivare le adozioni è un modo per contribuire alla natalità, si aumenta il numero dei nuovi italiani”.

Dalla sua voce si è sempre levata anche la richiesta di snellire la burocrazia dei tribunali…
“I tribunali emettono decreti vincolanti troppo rigidi ad esempio quello di Venezia rifiuta le adozioni sopra gli 8 anni perché sostiene per i bambini più grandi c’è un alto tasso di fallimento, ma questo non è vero, ci sono bambini di 8 anni che hanno avuto percorsi di inserimento molto lineari. Resta poi un mistero se sia funzionante la banca dati unificata del ministero della Giustizia che permetterebbe ad ogni tribunale italiano di verificare se sono presenti bambini dichiarati adottabili in altre parti d’Italia. La banca dati è prevista da una legge del 2000 e nel 2012 abbiamo vinto un ricorso che ne chiedeva l’immediata creazione ma ancora nel 2017 il ministro Orlando in un’interrogazione diceva che l’avrebbero presto resa operativa. Al momento non metterei la mano sul fuoco circa l’effettivo funzionamento di questo strumento”.

Perché è così importante?
“Il caso Giovannino dimostra che se i casi sono resi visibili c’è una grande disponibilità da parte delle famiglie italiane. Non sempre è necessario andare in Africa o in Brasile per trovare un orfano a cui dare una famiglia, ci sono circa 300 – 400 minori l’anno che in Italia vengono dichiarati adottabili, una banca dati nazionale dovrebbe far incrociare questi dati con la disponibilità di tutte le coppie italiane”.