Il più importante risultato ottenuto dal rinnovo dell’Accordo tra Santa Sede e Cina

L’Accordo tra Santa Sede e Cina, firmato nel 2018, è stato rinnovato per la seconda volta in questi giorni. E’ la conferma che i rapporti sino-vaticani vanno verso una crescente stabilità. Non era scontato. Quando fu firmato, molti dubitavano che da parte cinese si mantenesse la parola data. Successivamente ci sono state critiche di cattolici perché l’Accordo non ha risolto tutti i problemi della Chiesa in Cina, come peraltro il card. Parolin ha detto fin dall’inizio e ripetuto più volte. Infine, è entrata il campo l’Amministrazione Trump che è intervenuta pesantemente, attraverso Mike Pompeo, per impedire il precedente rinnovo del 2020.

Nonostante tutto questo, l’Accordo è ancora in vigore ed è prevedibile che venga rinnovato di nuovo fra due anni. Tra i risultati ottenuti ce n’è uno che non si vede ma è il più importante: la fine delle ordinazioni episcopali illegittime. Dal 1958 sono state molte in Cina le ordinazioni di vescovi cattolici senza il mandato apostolico e cioè senza il consenso del Papa. Per molti anni questi vescovi, di cui pure l’ordinazione era valida sotto il profilo sacramentale, non sono stati in comunione con Roma e con tutta la Chiesa Cattolica nel mondo. Ciò ha lacerato la Chiesa in Cina, i cui fedeli si sono divisi tra i vescovi non riconosciuti da Roma e quelli clandestini non accettati dal governo.

Con la firma dell’Accordo tutto questo è finito: l’intesa tra Cina e Vaticano prevede una consultazione tra le parti prima della nomina di nuovi vescovi che, per essere ordinati, devono avere l’approvazione sia del Papa sia delle autorità cinesi. Insomma, non ci saranno più vescovi illegittimi e la causa principale della divisione tra fedeli cinesi è stata rimossa. Naturalmente restano le conseguenze di una così dolorosa ferita e deve ancora essere completato il cammino di riconciliazione tra i diversi gruppi che si sono creati negli scorsi decenni all’interno della Chiesa cinese. Ma ora il futuro è sgombro di un macigno che ha soffocato a lungo la vita di questa Chiesa e che le ha impedito una vigorosa opera di evangelizzazione.

Dal 2018, sei vescovi cattolici sono stati scelti secondo lo spirito e la lettera dell’Accordo. Negli ultimi quattro anni, inoltre, sei vescovi clandestini sono stati riconosciuti dal governo cinese. In molte situazioni il dialogo tra i cattolici “di sopra” e quelli “di sotto”, come venivano chiamati, ha portato frutti di riconciliazione. E’ un cammino che a volte procede più lentamente di quanto si vorrebbe ed è auspicabile che in futuro l’Accordo venga rafforzato e che da provvisorio diventi definitivo. Ma come ha detto più volte papà Francesco i tempi della storia cinese sono spesso molto lunghi e occorre accettarli, perché si tratta di un popolo, di una cultura, di un mondo di cui, in fondo, abbiamo scarsa comprensione.

Quest’ultimo rinnovo dell’Accordo è stato annunciato proprio mentre si stava svolgendo il XX Congresso del Partito comunista cinese, che ha ridefinito gli assetti di potere al vertice della società cinese. La posizione del segretario generale del partito e presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, ne è uscita rafforzata oltre le previsioni. Non solo ha ricevuto un terzo mandato come segretario del partito – è il primo dai tempi di Mao Zedong – ma la composizione degli organi dirigenti del Pcc – Ufficio politico, Politburo, Comitato centrale – sono ora composti da uomini e donne – queste ultime, in realtà, sono pochissime – molto vicini alle sue posizioni. Non c’è un rapporto diretto tra il Congresso del partito comunista cinese e il rinnovo dell’Accordo sino-vaticano, ma il gruppo dirigente cinese che oggi ha saldamente in mano le leve del potere vuole la prosecuzione dei rapporti tra Cina e Vaticano. I due soggetti di tali rapporti non potrebbero essere più diversi e sono forti le differenze nel loro approccio a molte questioni. Ma, forse, c’è tra i due una qualche convergenza sul terreno delle relazioni internazionali. Com’è noto, Papa Francesco ha più volte espresso grande preoccupazione per la guerra in Ucraina e ha invocato con forza la pace in quella situazione. Da parte sua, Pechino è infastidita dall’aggressione russa dell’Ucraina e spera che il conflitto si concluda presto. Non c’è ovviamente, piena identità di vedute, ma sia la S. Sede sia la Repubblica popolare cinese sono oggi entrambe interessate, sia pure per motivi molto diversi, a un negoziato che metta fine allo scontro armato sul martoriato territorio ucraino.