Accoglienza sì, ma occhio ai finti rifugiati

Per due anni e mezzo, sono stato componente della Commissione Roma 2 per il Riconoscimento delle Protezioni Internazionali. Credo dunque di poter dire la mia sul tema dei migranti. Quasi ogni giorno per sei ore, ero a contatto con loro e ascoltavo le loro storie. La prima riflessione è che queste migrazioni di massa rappresentano un enorme business per le organizzazioni criminali. In tanti scappano dai propri Paesi in cerca di migliore fortuna: moltissimi scappano dalla fame, pochi dalla guerra. Spesso le loro rotte si incrociano, perché il punto più vicino all’Europa per molti di loro sono le nostre coste.

In questi anni in cui il fenomeno dell’immigrazione si è acuito, a seguito delle gravi crisi economiche mondiali, numerosi migranti sono saliti a bordo di gommoni e barconi fatiscenti: molti di loro sono in fondo al mare, molti altri sono arrivati. L’Europa non ha voluto affrontare questa invasione, come avrebbe dovuto costituendo una sorta di Stati Uniti di Europa, ed ha lasciato sola l’Italia. L’effetto a mio avviso più deleterio è stata la reazione collettiva di un popolo come il nostro, il quale, seppure permeato di valori cristiani e dunque di accoglienza, si è dovuto ribellare, forse a ragione, ad una vera e propria ondata di povertà e miseria, un po’ perché spaventato, un po’ perché preoccupato esso stesso da una crisi economica mondiale che lo stava facendo diventare da una delle grandi nazioni del mondo una delle più povere.

I migranti che io ho ascoltato in quegli anni mi hanno raccontato storie terribili: viaggi interminabili in carovane nel deserto, percosse, violenze d’ogni tipo, le prigioni libiche, e poi i gommoni e il mare. Un mare affrontato in condizioni assurde. Sembra assurdo ma tanti di questi migranti non sanno neanche nuotare, per essi cadere in acqua significa affogare. Tutti costoro, a prescindere dal motivo che li ha portati a fuggire dalla loro terra, sperano di ottenere lo status di rifugiato, ovvero il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero quale rifugiato a seguito dell'accoglimento della domanda di protezione. È ciò che permette loro di trovare rifugio e protezione in Italia. È per questo che quasi tutti i migranti dichiarano di scappare dalla guerra o da torture a causa della loro fede religiosa o tendenze sessuali. Di storie di povertà e sofferenza ne ho ascoltate tante e di tutti i tipi. Erano tutte vere? È possibile accertare l’autenticità di un fatto avvenuto a migliaia di chilometri di distanza da noi, per altro privo di prove documentali? La Commissione è formata da componenti della Prefettura, della Polizia, dei Servizi Sociali, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

L’accoglienza prevede uno schema piuttosto rigido: gli immediati soccorsi, l’identificazione (quasi tutti non hanno documenti), le prime dichiarazioni alla polizia, poi l’ospitalità, in attesa di essere chiamati dalla Protezione, la decisione, la possibilità di ricorrere contro questa “sentenza” della Commissione alla Giustizia ordinaria, quindi il processo in cui i migranti sono assistiti da nostri avvocati d’ufficio (a spese dello Stato italiano). Dopo di che, arriva il permesso per restare in Italia per un anno, oppure l’espulsione (che in genere resta un pezzo di carta in mano alla polizia). Questo protocollo di intervento non può essere che garantista. Io lo sono per natura. Ma possiamo ancora permettercelo? L’Europa e l’Italia possono permetterselo? Io sono sempre e comunque per l’accoglienza perché ad uomo che sta affogando io non chiedo i documenti per salvarlo. Ma bisogna distinguere i vari momenti. Se una persona scappa dal proprio Paese bisogna chiedersi il perché. Se non ha documenti difficilmente sta scappando dalla sua terra per la guerra o perché minacciato da organizzazioni terroristiche. Le “inchieste”, ovvero gli interrogatori ai migranti, non possono essere affidate a volenterosi, bensì ad investigatori preparati e motivati che conoscono i territori di provenienza dei migranti.

Oggi per un funzionario di polizia è una iattura essere chiamato a far parte della Commissione. Sono utilissimi nelle inchieste i mediatori culturali e gli interpreti, che riescono con poche domande a capire se i migranti mentono. Le procedure di accoglienza non vanno appesantite e le Commissioni debbono poter lavorare esse stesse in condizioni di dignità per i Commissari e per i migranti. Chi è espulso non dovrà essere condannato a vagare clandestino per l’Europa, fino a quando diventerà l’ultimo anello di una catena governata dalle organizzazioni criminali, ma dovrà essere accompagnato coercitivamente alla frontiera per il rientro nel Paese di origine. Sembrano sogni, ma non possiamo permetterci che una inchiesta duri mesi se non anni.

Far restare uno straniero per molti mesi in Italia e poi disporre l’espulsione significa solamente dargli la patente di clandestino, con facoltà di commettere piccoli reati per il proprio sostentamento, se non “dichiararlo” mano d’opera a basso costo per le organizzazioni criminali. Quindi accoglienza, selezione, inchieste affidate ad investigatori e non ai “buoni samaritani” e poi provvedimenti. Che vanno eseguiti senza se e senza ma, senza falsi buonismi, perché abbiamo il dovere di aiutare i popoli in difficoltà ma non dobbiamo, né possiamo, far diventare l’Italia una nazione ove l’illegalità, lo sfruttamento degli esseri umani a qualsiasi livello (mi riferisco anche alla prostituzione su strada che è segmento della tratta) possano essere tollerati.