Papa: “Né eutanasia, né accanimento terapeutico”

Efficaci ma non sempre risolutivi. Così Papa Francesco definisce “gli interventi sul corpo umano”, i quali “possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute”. Pertanto, il Vescovo di Roma ritiene occorra “un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”.

Il messaggio

Il pensiero del Papa sulla delicata questione bioetica del “fine-vita” è contenuto nel suo messaggio inviato stamattina al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, e a tutti i partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association, organizzato in Vaticano.

Il magistero

Il Santo Padre, sulla falsariga della Dichiarazione sull’eutanasia del 5 maggio 1980, ricorda quanto sia “moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito 'proporzionalità delle cure'”. Nella missiva, Bergoglio si rifà anche al magistero di Pio XII, il quale “in un memorabile discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori”, rilevò che “non c'è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene“.

Il “supplemento di saggezza”

È da questi presupposti che parte la riflessione del Pontefice, il quale ricorda che “la medicina ha sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica, che ha permesso di sconfiggere molte malattie, di migliorare la salute e prolungare il tempo della vita. Essa ha dunque svolto un ruolo molto positivo“. “D'altra parte – ricorda però ancora Francesco -, oggi è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare“. Per questo la richiesta di un “supplemento di saggezza” e la rinuncia ai mezzi terapeutici quando non c'è proporzionalità, ma “senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere”.

Eutanasia rimane sempre illecita

Un’azione, precisa il Papa, “che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte”. Per un attento discernimento, spiega infatti il Santo Padre, tre sono gli aspetti da considerare: “L’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano”.

Differenza tra eutanasia e accanimento terapeutico

Del resto la distinzione tra eutanasia e accanimento terapeutico è enunciata nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Se la prima “consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte”, sull'accanimento terapeutico si legge: “L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all' 'accanimento terapeutico'. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire”.

Il ruolo del malato

Ed è sempre prendendo le mosse dal Catechismo, che il Papa sviluppa un altro concetto. Egli sottolinea che per capire dove intervenire con mezzi terapeutici, “la persona malata riveste il ruolo principale”. Scrive Francesco: “È anzitutto lui che ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa la rinuncia qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante. È una valutazionenon facile nell'odierna attività medica, in cui la relazione terapeutica si fa sempre più frammentata e l'atto medico deve assumere molteplici mediazioni, richieste dal contesto tecnologico e organizzativo”.