Il senso del sacrificio della vita di Salvo D’Acquisto a 80 anni dalla morte

1975 - Francobollo commemorativo del sacrificio del Vice Brigadiere Salvo D'Acquisto a Torre di Palidoro (Roma) il 23/09/1943. Foto: Carabinieri.it

Il 23 settembre del 1943 Salvo D’Acquisto, giovane vicebrigadiere della stazione dei carabinieri di Torrimpietra, vicino a Roma, fu fucilato dagli occupanti tedeschi, dopo essersi autoaccusato di essere il solo responsabile di un attentato in cui che aveva provocato la morte di un soldato tedesco e il ferimento di altri due commilitoni. Per il vero non vi era stato alcun attentato: i soldati tedeschi, rovistando una cassa di munizioni nella caserma della Guardia di Finanza della vicina Torre di Palidoro, la sera del 22 settembre, avevano involontariamente provocato lo scoppio di una bomba.

Per mascherare la propria imperizia e, ancor più, per terrorizzare preventivamente la popolazione, trasformò l’incidente in un attentato e rastrellò 22 civili innocenti a Torrimpietra per fucilarli come rappresaglia. Furono, quindi, portati in un camion davanti alla Torre di Palidoro e obbligati a scavare la propria fossa comune.

Salvo D’Acquisto, in assenza del brigadiere, dopo aver tentato inutilmente di riportare alla realtà dei fatti il comandante delle SS, con fermezza si rifiuta di fare i nomi degli autori dell’attentato mai avvenuto. Per salvare i 22 malcapitati, dopo aver ottenuto la promessa della loro salvezza, si autoaccusò di essere il solo responsabile e affrontò dignitosamente la fucilazione da parte del plotone d’esecuzione, “imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma”, come recita la motivazione con la quale gli fu concessa la medaglia d’oro al valore militare.

L’episodio tragico si colloca nel contesto del vuoto istituzionale immediatamente successivo all’otto settembre, quando Badoglio comunicò per radio la firma dell’armistizio con gli Alleati Angloamericani. Si ha, quindi, la fuga notturna ingloriosa del re, del figlio Umberto, dei vertici militari e dello stesso capo del governo verso Pescara, per dirigersi poi a Brindisi, nel Sud già occupato dagli Alleati.
“Tutti a casa” è il titolo di un film famoso di Comencini che riassume il sentimento e la reazione dei più in quel momento. Il grande giurista-scrittore sardo-mittel-europeo, Salvatore Satta, nel libro dal titolo, colto ma altrettanto emblematico, ha parlato, al riguardo, di “morte della patria”.

Gli ex alleati tedeschi, dopo l’Otto settembre procedono immediatamente all’occupazione militare del Centro-Nord, mentre i militari italiani in Italia come in Grecia, Jugoslavia, sono lasciati senza direttive e, posti di fronte all’alternativa di arruolarsi nel nuovo esercito della collaborazionista Repubblica sociale o essere deportati in Germania, optano, per la maggior parte, per questa seconda ipotesi, oppure tornano autonomamente a casa o si uniscono ai movimenti partigiani.

Carabinieri: udienza dal Santo Padre per gli 80 anni dal sacrificio del Vicebrigadiere M.O.V.M Salvo. Foto: Ministero della Difesa

Nel caso di Roma si ha uno spontaneo, coraggioso, tentativo di fermare l’ingresso truppe tedesche nella Capitale, che vede impegnati reparti dei granatieri della Sardegna e civili mal armati che danno l’avvio alla Resistenza.
La reazione rabbiosa delle SS a Torrimpietra, località alle porte di Roma, fu indubbiamente causata anche dalla constatazione che la popolazione italiana nel suo complesso non seguiva Mussolini nella sua ultima avventura di alleato-suddito dei Tedeschi e, in più, non era disposta a subire supinamente l’occupazione.
Occorre anche sottolineare che i Carabinieri, a differenza della polizia, non erano stati oggetto d’intervento da parte del regime e avevano conservato la propria identità di arma, dipendente sempre dall’Esercito e non dal Ministero degli Interni, con una forte fedeltà alla Corona e un’attenzione peculiare ai bisogni delle comunità, in specie quelle delle campagne.

Il sacrificio della vita di Salvo D’Acquisto rinvia a quello di un altro giovane carabiniere, Domenico Capannini, di Cortona che, nella notte tra l’otto e il nove settembre, fu trucidato, nella sede del Comando di Trento, per essersi rifiutato di arrendersi e consegnare le armi a un reparto di soldati tedeschi che in gran numero, dal Brennero, penetravano in Italia per punire lo Stato che aveva rotto l’alleanza. Ne parla il saggio intitolato “Domenico Capannini. Il sacrificio di un carabiniere per l’indipendenza e la dignità del nostro paese”.

La vicenda del sacrificio di Salvo D’Acquisto fu rapidamente molto nota e ha avuto anche due rivisitazioni cinematografiche: nel 1974 con un film di Romolo Guerrieri (Romolo Girolami), nel quale egli è interpretato da Massimo Ranieri. Nel film, senza enfasi, grazie anche alla sceneggiatura di Giuseppe Berto, il giovane mite vicebrigadiere, che vuole aiutare la popolazione senza il ricorso alle armi, si scontra con un militante socialista, interpretato da Enrico Maria Salerno, che spinge invece per la lotta armata.
Nel 2003, poi, la Rai ha prodotto un secondo film, diretto da Alberto Sironi, sempre con l’essenziale titolo, “Salvo D’Acquisto”, andato in onda su Raiuno in due puntate, con uno share molto elevato e oltre sei milioni di spettatori. Un grande successo di pubblico, grazie anche alla coinvolgente interpretazione di Beppe Fiorello e anche di critica, anche se L’Osservatore Romano accusò la fiction di aver “tralasciato la dimensione cristiana” del sacrificio di D’Acquisto.

Il 16 settembre scorso, Papa Francesco, ricevendo in udienza ufficiali e militari dell’Arma dei carabinieri, nell’occasione dell’ottantesimo anniversario del sacrificio di Salvo D’Acquisto, ne ha proposto un appassionato ricordo-riflessione: “Oggi siamo qui nel ricordo del vice brigadiere Salvo D’Acquisto, servo di Dio ed eroe della Patria, che pagò col sacrificio della vita il suo impegno nell’Arma dei Carabinieri e ottant’anni fa, il 23 settembre del 1943, s’immolò per salvare degli ostaggi innocenti catturati dalle truppe naziste. Ci fa bene guardare a questo vostro collega, alla missione che svolse con spirito di abnegazione, alla testimonianza estrema che ci ha lasciato. Facciamone memoria insieme, ma non per restare fissati nel passato quanto, piuttosto, per ritrovare motivazioni solide su cui costruire il futuro”. Questo intervento del Papa può costituire un autorevole stimolo per portare a termine il travagliato processo di beatificazione, avviato già dai primi anni Ottanta, durante il quale sono stati raccolti ben tre ponderosi volumi di documenti sulla sua vita esemplare: famiglia numerosa e povera, studi presso i Salesiani, militanza nell’associazionismo cattolico, arruolamento nei carabinieri, servizio militare sul fronte nordafricano, vittima volontaria e innocente per salvare 22 uomini destinati anch’essi a essere immolati innocenti.

Così come è avvenuto per Massimiliano Maria Kolbe, il francescano polacco, che si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz, anche per Salvo D’Acquisto si augura che presto sia riconosciuto martire, in base “all’eroica testimonianza della carità”.