Mattarella ricorda Massimo D’Antona a 21 anni dall’omicidio

D'Antona, consulente del Ministero del Lavoro, venne ucciso dalle Nuove Brigate Rosse la mattina del 20 maggio 1999 davanti casa

Mattarella ricorda Massimo D'Antona a 21 anni dall'omicidio

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione per celebrare il 21esimo anniversario dell’uccisione di Massimo D’Antona, avvenuto alle 8:00 di mattina del 20 maggio 1999 quando il professor D’Antona, consulente del Ministero del Lavoro, si apprestava a uscire dalla sua abitazione di via Salaria, angolo via Po, a Roma, per mano delle Nuove Brigate Rosse.

La dichiarazione

Massimo D’Antona – esordisce il Capo di Stato – era studioso di diritto del lavoro, un riformatore, un uomo del dialogo, consapevole della necessità di comporre i diversi interessi in campo e favorire così la crescita economica e civile, preservando la coesione della società. I brigatisti lo scelsero come bersaglio della loro delirante strategia omicida proprio perché questo impegno di tessitura tra le Istituzioni e le formazioni sociali è quanto mai prezioso per irrobustire il tessuto della democrazia”. “Nella ricorrenza del vile agguato – scrive Mattarella – desidero unirmi nel ricordo alla moglie Olga, ai familiari, a quanti con Massimo D’Antona hanno condiviso ricerca, passione, lavoro. Ai suoi studenti e a tutti noi ha lasciato insegnamenti che è bene rammentare nell’affrontare le grandi trasformazioni del nostro tempo per evitare fratture sociali, in conformità alla nostra Costituzione“. “La memoria – conclude il Presidente della Repubblica – non può attenuare il dolore, ma trasmette un richiamo all’unità intorno ai valori più importanti della convivenza. Anche grazie a questa unità e ai principi democratici il nostro popolo è stato capace di sconfiggere il terrorismo e l’eversione”.

Massimo D’Antona

Massimo D’Antona (Roma, 11 aprile 1948 – Roma, 20 maggio 1999) è stato un giurista e docente italiano, assassinato dalle Nuove Brigate Rosse il 20 maggio del 1999, a Roma, a pochi passi dalla sua abitazione. Allievo di Renato Scognamiglio, nel 1980, D’Antona diviene professore di diritto del lavoro all’Università di Catania, per poi trasferirsi nella Seconda Università degli Studi di Napoli, ed infine all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Autore di diverse monografie e saggi, con particolare attenzione ai temi delle garanzie del diritto al lavoro e alla privatizzazione del pubblico impiego, è stato anche tra i fondatori della rivista Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Scrisse inoltre diversi saggi in merito all’incoercibilità delle azioni di reintegrazione nel posto di lavoro, notando come le reiterate pronunce giurisprudenziali conformi ignorino le concrete possibilità di esecuzione e se esistano responsabilità penali per i datori che non eseguano il relativo provvedimento giudiziario. Viene nominato nel 1996 Amministratore Straordinario dell’Ente Nazionale Assistenza al Volo, del quale poi diviene consigliere d’amministrazione nel 1997. Nel 1998 si dimette dal Consiglio di amministrazione dell’ENAV. Fu infine consigliere legislativo del Ministro del Lavoro Bassolino e rappresentante dell’Esecutivo al tavolo permanente del “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”.

L’omicidio

Fu assassinato dai brigatisti rossi, come nel caso di Marco Biagi, nella logica terroristica di annientamento di professionisti e servitori dello Stato legati ad un contesto di ristrutturazione del mercato del lavoro. Poche ore dopo l’agguato, in un documento di 14 pagine stampate fronte retro, con tanto di stella a cinque punte e firmato Nuove Brigate Rosse, arriva la rivendicazione. “Il giorno 20 maggio 1999, a Roma – si legge nella rivendicazione – le Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Combattente hanno colpito Massimo D’Antona, consigliere legislativo del Ministro del Lavoro Bassolino e rappresentante dell’Esecutivo al tavolo permanente del ‘Patto per l’occupazione e lo sviluppo‘. Con questa offensiva le Brigate Rosse per la Costruzione del partito Comunista combattente, riprendono l’iniziativa combattente, intervenendo nei nodi centrali dello scontro per lo sviluppo della guerra di classe di lunga durata, per la conquista del potere politico e l’instaurazione della dittatura del proletariato, portando l’attacco al progetto politico neo-corporativo del ‘Patto per l’occupazione e lo sviluppo, quale aspetto centrale nella contraddizione classe/Stato, perno su cui l’equilibrio politico dominante intende procedere nell’attuazione di un processo di complessiva ristrutturazione e riforma economico-sociale, di riadeguamento delle forme del dominio statuale, base politica interna del rinnovato ruolo dell’Italia nelle politiche centrali dell’imperialismo.”