Rizzitelli: “Il derby, che scarica di adrenalina…”

C’era una volta il “derby operaio”. A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, la stracittadina della Capitale aveva una dimensione meno internazionale ma forse un fascino più romano. Squadre infarcite di generosi mestieranti del calcio valorizzati da qualche fuoriclasse si affrontavano in partite dall’intensa carica agonistica.

Uno dei protagonisti di quegli amarcord del calcio che fu è Ruggiero Rizzitelli. Abile attaccante e caparbio lottatore, ha legato il suo nome con un laccio di acciaio al cuore dei tifosi romanisti. Con la maglia giallorossa, dal 1988 al 1994, ha vissuto gioie e dolori con la passione di un ultrà in campo. E ancora oggi, che è commentatore del canale tv ufficiale della Roma, mantiene un trasporto tale da commuoversi di fronte alle immagini topiche della sua esperienza da calciatore.

Tra queste, spicca quella del suo gol a pochi minuti dalla fine in un derby che la Lazio sentiva già suo, nell’ottobre ‘91. Uno stacco di testa da mandare in visibilio gli esteti del calcio e in paradiso i tifosi della Roma. Le emozioni di quei derby Rizzitelli le ha raccontate e trasmesse ad In Terris.

Quali sono le sensazioni nei giorni che precedono un derby?
“Più che di giorni, parlerei delle due settimane che precedono il derby. La tensione si fa sentire con diverso tempo d’anticipo. Era così ai miei tempi, quando ero calciatore, ed è così oggi. E forse la delusione della Nazionale di lunedì scorso ha reso l’attesa ancora più estenuante”.

Non è una partita come le altre…
“Assolutamente no. Chi vive a Roma capisce benissimo di cosa si tratta. Quella di oggi è una gara di alta classifica, ma questo è un aspetto secondario dal punto di vista delle emozioni: in ogni caso il derby è una partita sentitissima, a tal punto che alcuni più emotivi arrivano al calcio d’inizio scarichi”.

Negli anni è cambiato qualcosa?
“Oggi ci sono molti calciatori stranieri, che forse lo vivono con più distacco, ma resta sempre il derby… Del resto quando un nuovo giocatore sbarca a Roma, c’è sempre qualcuno che gli indica la data del calendario in cui si affronterà la Lazio. Per quanto tu possa essere distaccato, non puoi isolarti da questa atmosfera”.

È successo anche a lei, quando nell’estate 1988 arrivò dal Cesena?
“Certo! Appena uscirono i calendari iniziai a sentire in modo ricorrente i tifosi parlare di una data. Una volta mi avvicinai al mio compagno Nela, un veterano, per chiedere spiegazioni. Lui mi rispose: 'Ah Ruggié, ti faccio capire subito come funziona a Roma: quella è la data del derby'. Ecco, lì ho capito dove mi trovavo e cosa significa per loro questa partita”.

Ai suoi tempi quali calciatori la sentivano di più? Penso ai romani…
“I romani certo, ce ne erano parecchi: Peppe Giannini e Bruno Conti, così come Tonino Tempestilli, Fabrizio Di Mauro e Stefano Desideri. Ma penso anche ad altri che romani non sono ma che sono diventati romanisti, come me (Rizzitelli è di Margherita di Savoia, nel foggiano, ndr) e come Sebino Nela”.

Della Roma di oggi chi ricorda Rizzitelli per temperamento?
“Io mi rivedo molto in Radja Nainggolan, che chiamo 'il gladiatore'. È uno che non molla mai, nemmeno nei momenti in cui non sta bene fisicamente”.

Quale calciatore può essere decisivo per la Roma?
“Florenzi, Pellegrini, De Rossi. Mi auguro uno dei romani, perché so quanto è alta la tensione per loro”.

Quanto è importante l’apporto del pubblico?
“Ai miei tempi chiedevamo al mister di entrare in campo una mezz’ora prima per assistere agli striscioni di sfottò e agli spettacoli coreografici delle due Curve. Era bellissimo, ci trasmettevano un’adrenalina incredibile”.

Qual è il derby che è rimasto nel cuore di Rizzitelli?
“Non può che essere quello del mio gol allo scadere sotto la Curva Sud: ho ancora in testa il mio urlo liberatorio. Il primo pensiero fu per i tifosi: 'Domani potranno andare a lavorare tranquilli'. Tornando a casa in macchina, a fine partita, stavo meglio di un Papa, mi avrebbero potuto dare una coltellata, non avrei sentito nulla. Per un tifoso come me un gol al derby allo scadere sotto la Sud è un’emozione indescrivibile. Non ci sono parole”.