Coloro che fecero i “grandi rifiuti”

Simone Verdi è solo l'ultimo di una copiosa lista. Sono in tanti i calciatori che, nella storia del Campionato italiano, hanno opposto il loro “gran rifiuto” ad offerte allettanti. I motivi? I più disparati: l'attaccamento alla maglia sì, ma anche, meramente, la volontà di mantenere un posto da titolare sicuro o la scelta strategica di aspettare per ricevere proposte migliori.

“Rombo di tuono” disse no alla Signora

Impresso nella memoria dei più anziani appassionati di calcio è il rifiuto di Gigi Riva, prolifico attaccante della Nazionale e del Cagliari, nei confronti della Juventus. Erano gli albori degli anni '70, la famiglia Agnelli voleva regalare alla “Vecchia Signora” un centravanti capace di riaccendere i sogni dei tifosi, sopiti da una stagione più grigia che bianconera. La scelta cadde su Riva, l'offerta alla società sarda fu irrinunciabile: un miliardo di lire. Una cifra che all'epoca avrebbe fatto girare la testa a chiunque, ma non al granitico centravanti originario del varesotto ma ormai con la maglia rossoblù cagliaritana cucita sulla pelle. “Grazie, ma voglio restare a Cagliari. Per sempre”. Un attaccamento ostinato, e soprattutto sincero. Riva rimase in Sardegna e un anno dopo vinse il primo e, per ora, unico Scudetto del Cagliari. Il suo nome, anzi il soprannome “Rombo di tuono” è impresso nei cuori dei tifosi.

Napul'è mille… rifiuti

Il sole, il mare, il fascino dei vicoli, la pizza. Napoli è una città invitante a prescindere, figurarsi se si tratta anche di andarci a fare il calciatore ricevendo un lauto stipendio. Eppure è successo diverse volte che un calciatore rifiutasse il trasferimento nella società partenopea. Il “no” di Verdi è di poche ore fa. Gli episodi più recenti potrebbero però convincerlo ad un ripensamento: due suoi colleghi, dopo aver rifiutato le lusinghe napoletane, non sono più riusciti a fare il grande salto in una squadra blasonata. Nell'estate 2007 fu Rolando Bianchi, reduce da una straordinaria stagione con la maglia della Reggina, a rifiutare l'offerta di De Laurentiis per emigrare in Inghilterra, con la maglia del Manchester City. Sempre estate, ma del 2015: stavolta è il centrocampista sampdoriano Roberto Soriano a scartare la maglia azzurra nonostante uno stipendio eccezionale. Ma il rifiuto al Napoli più famoso è quello della punta Paolo Rossi. Nel giugno '79 Ferlaino si presentò a Vicenza, dove Rossi giocava, con una borsa piena di denaro che fece gola al presidente veneto Farina. Ma l'entusiasmo fu strozzato dal centravanti della Nazionale, che non se la sentì di assumersi troppe responsabilità in una città calda come Napoli. Lo stadio “San Paolo” anni dopo espresse la propria delusione accogliendo Rossi, in maglia avversaria, con sonori fischi.

Tenetevi il miliardo

Su un “gran rifiuto” è stato scritto anche un libro: “Tenetevi il miliardo”, che narra la storia di Cristiano Lucarelli, livornese doc e bandiera della squadra amaranto. Nel 2004 il suo cartellino è in comproprietà tra Livorno e Torino, che è pronto a offrire un milione di stipendio in più al calciatore per assicurarsi i suoi gol. Il capitano della squadra della sua città punta però i piedi, pur di restare a casa. “Ci sono giocatori che con i soldi guadagnati si comprano lo yacht, una Ferrari, una villa al mare. Ecco io con questi soldi mi ci sono comprato la maglia del Livorno“, scriverà nel libro. Nel luglio 2007 però la favola si interrompe: Lucarelli riceve e accetta una sontuosa offerta dagli ucraini dello Shaktar Donetsk. Tornerà in Italia, nel Parma, un anno dopo e a Livorno, per una stagione soltanto, nel 2009.

Di Natale, cuore friulano

Non era la squadra della sua città, ma quella che aveva “adottato” lui e la sua famiglia. Parliamo di Totò Di Natale e di Udine. Nell'agosto 2010 rifiutò di passare alla Juventus: sempre bianconera, come l'Udinese, ma con un palmares ed ambizioni maggiori. “È stata una scelta che alla fine mi ha dato ragione – disse anni più tardi -. Ho vinto titoli di capocannoniere e ho raggiunto traguardi difficilmente immaginabili per un club come il nostro. Per me questo equivale a vincere uno scudetto. Rifarei la stessa cosa adesso”

Altri rifiuti

Romantica la scelta di Di Natale, come quella (che durò però poco) di un altro centravanti, Pietro Paolo Virdis. Sardo fino al midollo, nel 1977 disse “no” alla Juve, come prima di lui aveva fatto Riva. “Avevo 20 anni e avrei preferito rimanere vicino a mia mamma e alle mie sorelle, dopo la morte di mio padre”, ricorda oggi. Alla fine, però, spinto dalla stessa mamma, decise per il trasferimento a Torino. Più di recente, esattamente un anno fa, si ricordano i rifiuti di Kalinic (Fiorentina) e Gerson (Roma), i giocatori scartarono a giochi fatti rispettivamente le ipotesi Tianijn (Cina) e Lille (Francia). Ci sono poi i “rifiuti” foraggiati delle tifoserie. Celebre l'immagine di Kakà che, gennaio 2009, si affacciò da una finestra di un albergo milanese impugnando la maglia del Milan: la sua cessione al Real Madrid era appena sfumata, per lo scetticismo del calciatore e per la rivolta dei tifosi. Prima ancora, giugno 1995, furono protagonisti i laziali. Il popolo biancoceleste scese in piazza (sfilarono in 4mila sotto la sede della società) per opporsi alla cessione imminente di Beppe Signori al Parma per 25 miliardi. Il vespaio di polemiche fu tale da convincere l'allora presidente Cragnotti a togliere il suo gioiello dal mercato. La passione, ogni tanto, trionfa sul profitto.