Champions, la buia notte della Dea

Essere una Dea in Italia sembra non avere lo stesso significato quando ci si sposta in ambito europeo. Lo sta vivendo a proprie spese l'Atalanta di Gasperini, macchina da calcio entro i confini dello Stivale, capace di produrre gioco e spettacolo all'Olimpico contro la Roma ma penalizzata forse dalla scarsa tradizione sportiva sui palcoscenici continentali. Gasperini in conferenza stampa si è dimostrato in disaccordo con questa analisi ma, stando ai primi due match, non funziona come al solito in coppa la sua Atalanta, che pure va in vantaggio nella seconda giornata contro gli ucraini dello Shakhtar Donetsk, non riuscendo però a replicare il suo calcio totale che tanto in alto l'ha portata in campionato. Segna Zapata a San Siro, i nerazzurri giocano un discreto primo tempo senza però evitare il pareggio di Junior Moraes e nemmeno la beffa del gol preso al 95', quando Solomon approfitta di un errore della difesa bergamasca per regalare i primi tre punti alla squadra di Luis Castro, al termine di una ripresa in cui la Dea abbassa notevolmente il proprio baricentro, non riuscendo a distendersi quasi a pieno organico, quello che sa fare meglio.

Orgoglio nerazzurro

Una sconfitta pesante per l'Atalanta, che non sfrutta il calendario in crescendo lasciando uno zero nella casella dei punti accumulati dopo le sfide, sulla carta non impossibili, con Dinamo Zagabria e Shakhtar. Il prossimo impegno sarà decisamente più proibitivo, perché la Dea sarà ospite del City di Pep Guardiola, una delle consuete candidate alla vittoria finale, anche se finora nemmeno mai sfiorata. Un doppio impegno ai limiti dell'impossibile e che potrebbe essere quasi una sentenza per l'Atalanta ma che, a ben vedere, potrebbe essere uno stimolo non indifferente per una squadra che, nella scorsa Europa League, mise in riga Everton e Lione nei gironi, sfiorando un'incredibile qualificazione agli ottavi contro il Borussia Dortmund, sfumata per un episodio. Carature diverse, certo, ma che dimostrano come l'inesperienza in ambito europeo (anche nella seconda competizione continentale la Dea era un'esordiente) non sia per forza sinonimo di sconfitta. Vero, l'Atalanta ha sostanzialmente confermato il ruolino delle debuttanti se si considerano i precedenti delle cosiddette cenerentole (Chievo, Livorno,  Empoli, Sassuolo, tutte fuori massimo ai sedicesimi di finale), però ha anche dimostrato di potersela giocare. Col City sarà più complicato che col Dortmund ma niente impedisce di fare bella figura e dimostrare che in Champions l'Atalanta non c'è finita per caso. D'altronde, il terzo posto sarebbe comunque un bel risultato. E quello non è un miraggio, non ancora.