Le 10 “beatitudini” di don Oreste Benzi

Dopo cinque anni di lavoro, si conclude oggi la fase diocesana della causa di beatificazione di don Oreste Benzi, sacerdote ed educatore, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. La sessione odierna è pubblica e prenderà il via alle 16,00 nella Basilica Cattedrale a Rimini. Tutti i componenti del tribunale presteranno nuovamente giuramento. Saranno sigillati gli scatoloni contenenti i documenti, che verranno poi spediti alla Congregazione delle cause dei santi della Santa Sede. Don Giuseppe Tognacci è il Giudice delegato del Tribunale ecclesiastico nel processo di beatificazione. Il Tribunale Ecclesiastico Diocesano è costituito, oltre al Giudice delegato, dal Promotore di Giustizia don Luigi Ricci, già Vicario generale della Diocesi di Rimini, dal Notaio Alfio Rossi e dal Notaio aggiunto Paola Bonadonna. La Sessione odierna di chiusura dell’Inchiesta sulla Vita, virtù e fama di don Benzi sarà la 151esima: in questi anni, sono stati ascoltati oltre 130 testimoni, ciascuno “interrogato” con domande relative alla vita e alla missione del sacerdote riminese, nato a San Clemente il 7 settembre 1925 – un paesino dell'allora provincia di Forlì, nell'entroterra collinare a 20 km da Rimini – da una povera famiglia di operai, sesto di nove figli. La sua chiamata a diventare prete arriva in seconda elementare e si concretizza all'età di 12 anni (nel 1937) quando entra in seminario a Urbino per passare dopo tre anni a quello di Rimini. Viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Don Oreste, da quando si è aperta questa ‘avventura santa’, ha il titolo di Servo di Dio.

Le 10 “beatitudini”

“Si può parlare di un santo. Si può parlare a un santo. Si può far parlare un santo. Don Oreste non è ancora stato proclamato santo, neanche beato, ma noi non saremmo qui, oggi, se la sua vita non parlasse di santità”: così si era espresso il Vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi il 27 settembre 2014, alla cerimonia di apertura della causa di beatificazione di don Oreste, che è ritornato alla Casa del Padre il 2 novembre del 2007. Da subito le persone che lo hanno conosciuto e incontrato, lo hanno considerato “santo”, perché in lui hanno colto la tangibilità del Vangelo. La chiusura della fase diocesana arriva a soli 12 anni dalla sua morte. Un lasso di tempo molto breve che evidenzia, scrive Giovanni Paolo Ramonda nel suo articolo in cui ricorda gli anni passati insieme a lui, come don Oreste abbia “incarnato lo sguardo di Dio sui poveri”. Il “prete degli ultimi” aveva, come tutti i veri santi, delle caratteristiche umane e spirituali realmente sorprendenti per la somiglianza alla vita di Gesù e per le virtù evangeliche che testimoniava. Vogliamo sottolinearne alcune definendole “le 10 beatitudini” di don Oreste Benzi, “l’instancabile apostolo della carità”, come lo definì Papa Benedetto XVI:

1 – Il suo grande sorriso.
Parlava con tutti e sorrideva a tutti, ma aveva un sorriso speciale per i suoi figli prediletti, i poveri. Il sorriso di don Benzi era disarmante e trasmetteva ciò che aveva nel suo cuore: l’amore sincero per Gesù e per il prossimo.

2 – Una santa testardaggine.
Non si fermava dinanzi a nulla quando doveva fare del bene, come quando nel 1956 andò in America per trovare i fondi necessari per realizzare l'albergo Madonna delle Vette di Canazei, luogo di inserimento sociale e lavorativo per le persone in difficoltà accolte nelle case famiglia della Comunità. Don Oreste quando si metteva in testa qualcosa di importante che andava a beneficio dei più deboli, non lo fermava più nessuno e non c’era possibilità alcuna di farlo retrocedere.

3 – Faceva sentire molto importante ogni singola persona. 
Perché aveva uno sguardo carico di benevolenza che non guardava alle apparenze, ma solo alla sostanza: siamo tutti figli di Dio, fatti a sua immagine. Don Benzi non faceva distinzioni tra le persone che incontrava in base alla classe sociale. Invece se doveva dare una precedenza nell’ascolto e nelle attenzioni lo faceva a partire dai più oppressi e poveri.

4 – Lottava per le ingiustizie. 
Soprattutto quelle sociali, e insegnava ai suoi associati e a chiunque che “non si può mai fare per carità ciò che va fatto per giustizia”. Tutte le sue battaglie sono state concretizzate per dare le risposte vere ai bisogni delle persone più emarginate.

5 – Non trascurava mai diverse ore di preghiera quotidiana.
Teneva sempre in mano la corona del rosario, che recitava anche quattro volte al giorno. Quando entrava in una delle strutture dell'Apg23 come prima cosa si recava sempre in cappellina. Il breviario, la Santa Messa quotidiana, l’adorazione facevano parte del suo vivere di ogni giorno. Ripeteva spesso: “chi non prega non solo non capisce, ma neanche comprende di non capire”.

6 – Sapeva trasformare persone perdute nel male in persone completamente rinnovate. 
Come testimoniato da centinaia di ragazzi usciti dal tunnel della droga e da tante altre persone che vivevano nel buio più profondo, diventate poi “uomini nuovi”. Questa trasformazione si realizzava perché il Servo di Dio riusciva a interpellare le coscienze più atrofizzate dal male. Oggi molte di queste persone recuperate da don Oreste hanno ruoli importanti anche all’interno dell’Apg23 nel mondo.

7 – Amava il Papa e la Chiesa più di se stesso.
Guai se qualcuno gli parlava male della Chiesa! Eppure, non era un sacerdote “bigotto” ma non accettava coloro che godevano delle debolezze del “Corpo mistico di Cristo”. Lui, invece, se ne prendeva cura trascorrendo anche molte ore ad aiutare consacrati e sacerdoti in difficoltà.

8 – Aveva simpatia per chiunque, a partire dagli ultimi.
Barboni, carcerati, prostitute, tossicodipendenti… lui li chiamava “fratellini” e “sorelline” e li andava a cercare anche di notte per dare loro conforto. Ripeteva spesso “l’uomo non è il suo errore” e con questo spirito accoglieva l’indigente con la tenerezza di Maria. Don Benzi aveva la Madonna come riferimento caratteriale, forte e umile, e chi lo incontrava respirava questa sua predilezione per la Madre di Dio.

9 –Amava la povertà e la sobrietà. Non teneva nulla per sé che non fosse assolutamente necessario; viveva di provvidenza; anche la sua camera era di un’estrema semplicità: il letto, un tavolo e poco altro. Ma la sua non era solo una “povertà materiale” ma era il suo modo di essere, povero in tutto a partire dal modo di sentirsi, di agire. La povertà per don Oreste era autentica libertà.

10 – Offriva con gioia a Dio sacrifici e voti. Le grida di aiuto e le continue suppliche dei disperati di ogni genere lo spingevano instancabilmente, giorno e notte, ad offrirsi per gli altri. Dinanzi alle molteplici sofferenze il Servo di Dio si coinvolgeva chiedendo al Signore di espiare e comunque di intervenire anche presentando le sue personali offerte.